Название: La conquista di Roma
Автор: Matilde Serao
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066070885
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«E il prezzo?» domandò l'onorevole Sangiorgio.
«Ottanta lire al mese... anticipate», fischiò la flebile voce del sor Alessandro, mentre si grattava un gelone.
«E il servizio?»
«Vi è la serva: rifà il letto, spazza, spazzola i vestiti e lustra le scarpe. Otto lire al mese..., anticipate», e respirò profondamente, passandosi una mano sui capelli, che sembravano tirati a pulimento di mogano.
«È caro... ottantotto lire».
Il sor Alessandro tacque, non trovandosi forse il fiato necessario a una discussione, o non volendo sciuparlo. Quando stavano per uscire dall'appartamentino, soggiunse soltanto, col naso in aria, come un asino che non può respirare:
«Ingresso libero».
L'onorevole Sangiorgio se ne andò, stringendosi nelle spalle: sarebbe ritornato, forse. Nella strada, presso il Ministero di agricoltura, incontrò la moglie di Sua Eccellenza, quella signora che aveva visto alla stazione. Alta, snella, vestita di nero, chiuso in un mantello di velluto, era tutta rosea e giovanile dietro la veletta nera. Se ne andava con un passo ritmico, con le mani inguantate nascoste nel manicotto, gli occhi chini, come raccolta in un pensiero. Ed era tanta la dignità e la dolcezza di quella figura femminile, che l'onorevole Francesco Sangiorgio, involontariamente, salutò. Ma la moglie di Sua Eccellenza non si accorse di quel saluto e passò avanti, risalendo verso l'Angelo Custode, lungo il marciapiede; e in Francesco Sangiorgio restò un forte dispetto, il pentimento di quel saluto sprecato. Ora, camminava verso la Piazza del Pantheon, verso il secondo indirizzo che il sensale gli aveva dato, e andava per le strade, sempre con quel sintomo di oppressione morale, un peso sul petto, sulle spalle, sul capo, che non arrivava a scuotere dal giorno in cui era in Roma; e nelle vie s'incontrava con gente che aveva anche la medesima espressione di accasciamento.
La casa era alla salita del Pantheon, che va verso Piazza della Minerva: una piccola porta accanto ad un fornaio. Di giù si vedevano due finestre con le tende bianche, fitte. Era al primo piano: tre porte, tutte e tre con nomi femminili, uno di questi scritto con inchiostro violetto e con una calligrafia muliebre, sopra un pezzetto di cartoncino rosa. Alla porta a destra: Virginia Magnani, venne ad aprire una servetta spettinata che guardò in faccia Sangiorgio, senza parlare. Ma dopo un momento sopraggiunse la padrona, una piccolina, con una vestaglia di Casimiro azzurro, guarnita di merletto bianco, coi capelli della fronte avvolti nelle cartine, e un profumo grossolano di muschio.
«Il signore viene pel quartierino? Va via, Nanna. Si accomodi, si accomodi pure: sono a sua disposizione. Scusi, sa, il modo come la ricevo, ma la mattina non si finisce mai di vestirsi: si va a teatro, qualche volta, con Toto, a sentir la Marini, si fa tardi, la mattina rincresce, naturalmente, di levarsi su...».
Sangiorgio ascoltava, interdetto dalla loquela di quella piccola femmina che aveva le guance imbiancate di cipria.
«L'ha mandato qui Pochalsky?»
«Sissignora».
«Me lo immaginavo: Pochalsky lo sa che questo è un quartierino per deputati: io non affitto ad altri. Ma favorisca: questa è l'anticamera, qui ci è un tavolino con l'occorrente da scrivere, per gli elettori che non trovino in casa il deputato. Ci ho avuto l'onorevole Santinelli: quello lì era assediato dalla mattina alla sera, mai un minuto di riposo, me lo diceva sempre, quando si chiacchierava un po' insieme, chè era tanto compìto, l'onorevole Santinelli: — Sora Virginia mia, non ne posso più. — Questo qui, come vede, è il salotto, decente ed elegante, questa tappezzeria è tutto lavoro mio, di quando ero più giovane e non avevo tormenti pel capo: basta, non ne parliamo. Qui vi è tutto, tappeto, tende; e il deputato Gagliardi non se ne sarebbe mai più andato, tanto vi si trovava bene, se gli elettori non gli avessero fatto il tiro di non rieleggerlo. Ma la vita politica è piena di questi dolori.....».
E la femminetta prese un'aria grave, la boccuccia stretta e il capo inchinato sopra una spalla. In realtà, il salotto non era molto diverso da quello di Via Angelo Custode: vi era più tappezzeria sbiadita, un maggior numero di fotografie, una seggiola americana a dondolo: la cornice dorata dello specchio aveva un velo verde, per preservarla dalle mosche.
«Questa qui», continuava la sora Virginia con un forte accento romano «è la stanza da letto. Vi è una piccola biblioteca, per i libri, perchè io ci ho avuto sempre dei deputati studiosi: anzi l'onorevole Gotti leggeva continuamente dei romanzi. Ne legge lei, dei romanzi?»
«Nossignora: mai».
«Peccato, perchè me ne presterebbe. Qui manca un armadio per i vestiti, ma sto aspettando una vendita, in Via Viminale, che anzi il Muccioli, il perito, m'ha promesso di conservarmelo, un bell'armadio. Del resto, può affidare a me la sua roba, marsina, soprabito, pelliccia, quello che sia, che la conserverò nel mio armadio, fra i miei vestiti e vi starà benissimo. Qui vi è tutto, concolina, brocca, lavapiedi per l'acqua, il letto con le sue brave tendine e il comò. Osservi tutto, chè tutto è soddisfacente, e non faccio per vantarmi, ma Toto ringrazia Dio sera e mattina per avergli dato una moglie come Virginia. Tutto questo, onorevole?...»
«Sangiorgio, Francesco Sangiorgio».
«Deputato per?...»
«Tito in Basilicata».
«Onorevole Sangiorgio, tutto questo per centotrenta lire il mese, senza calare un centesimo, perchè io non ci guadagno niente: se dovessi vivere col far l'affittacamere, starei fresca. In anticamera vi è una porta di comunicazione col mio quartino: chiudendosi, lei ha il suo quartino con l'ingresso libero. Ha bisogno, Lei, dell'ingresso libero?»
E lo scrutò, con gli occhietti chiari di gatta. Sangiorgio non capì bene.
«... Non so, non so,» disse a caso.
«Perchè, per avere l'ingresso libero, come capisce, si pagano venti lire di più il mese, centocinquanta lire. Ma se Lei è ammogliato e vuole delle altre stanze, capitando la sua signora, ci è qui, sullo stesso pianerottolo, mia sorella Restituta Coppi, che ha disponibili delle camere; quelle di mia cognata, al secondo, non gliele posso raccomandare, non cura la pulizia, povera donna, è popolante.... tutte così quelle di quel quartiere: è un errore che mio fratello, povero Gigio, ha commesso. È ammogliato, Lei, onorevole?»
«Nossignora».
«Sia per non detto, allora; e si goda ancora la gioventù, chè ad ammogliarsi subito è un inferno. Io, grazie a Dio, non mi posso lagnare, chè Toto è un fior d'uomo, ma via, meglio la libertà. Glielo dicevo sempre al deputato Gotti, che era ancora celibe come Lei, onorevole Sangiorgio: e lui, che mi rispondeva sempre, bontà sua: — Dovrei trovare un'altra sora Virginia per ammogliarmi, ma non ve ne sono più. — Dicevamo dunque, centotrenta lire il mese, è proprio un prezzo economico, poi ci è il servizio di dieci lire al mese a Nanna, ci è il gas, per le scale, sino alle undici, cinque lire. Al caso, posso pensare anche io alla imbiancatura, ho una lavandaia buonissima, lava con acqua Marcia e sapone, senza potassa. Insomma, tutto quello che ci vuole; e se qualche giorno l'onorevole vuol pranzare in casa, nauseato da quei pasticci che si mangiano nelle trattorie, ci è qui Toto, mio marito, che si diverte a fare e a cucinare gli gnocchi, che è un piacere: io non ci metto piede in cucina, la mia salute è troppo delicata».
Erano giunti di nuovo nell'anticamera e Sangiorgio serbava il contegno freddo delle persone taciturne innanzi СКАЧАТЬ