Название: Breve Storia Della Cina
Автор: Pedro Ceinos Arcones
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Историческая литература
isbn: 9788835411215
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Sebbene la divisione di questo periodo in due epoche diverse possa essere in qualche modo arbitraria, poiché la vita politica della Cina è governata durante entrambi dagli stessi attori, un imperatore con un ruolo rituale sempre meno importante, e i quattro stati citati e i loro eredi in costante lotta per il potere; le trasformazioni sociali iniziate negli anni precedenti hanno configurato una società completamente diversa durante i Regni Combattenti.
Come abbiamo detto, in questo periodo i re Zhou continuano a mantenere il loro mandato nominale da Luoyang, ma tra gli stati egemonici si intensificano i conflitti per il potere, che culmineranno nell’unificazione della Cina sotto i Qin nell’anno 221 a. C.
Il primo fenomeno che caratterizza questi anni è il disprezzo per le cerimonie e i riti in generale, che in qualche modo aveva governato le relazioni tra gli stati sin dalla fondazione della dinastia Zhou. Questo si manifesta in vari modi. Da un lato, il re Zhou sta perdendo importanza religiosa e rituale fino a quando non diventa una figura meramente decorativa. D’altra parte, i duchi degli stati più potenti vedono la loro autorità messa in discussione dalle nobili famiglie che sono gradualmente salite al potere nella sua ombra; alcuni perderanno la corona per i nuovi sovrani che presto oseranno usare apertamente il titolo di re (wang), finora riservato al re degli Zhou, usato nelle pagine precedenti solo per facilitare la comprensione delle complesse relazioni tra gli stati.
Lo stato di Jin è probabilmente quello che per primo e più tempo soffre delle lotte di potere tra le famiglie nobili. La tregua concordata nel VI secolo con il suo principale nemico, lo stato Chu, è stata creata appositamente perché si possano ristabilire gli equilibri interni, già alterati da queste diatribe. La concentrazione del potere nelle mani di tre grandi famiglie fa sì che dai primi anni del V secolo il duca di Jin sia solo una figura simbolica. Il territorio di Jin è effettivamente diviso in tre regni, Wei, Han e Zhao, il cui territorio corrisponde approssimativamente alle province di Shanxi, Henan e Hebei, rispettivamente. Tuttavia, questa divisione non sarà formalizzata fino al 403 a.C.
Anche nello stato di Qi assistiamo a lotte di potere tra le famiglie nobili. In effetti, per la maggior parte del VI e del V secolo, è la famiglia Tian che domina il panorama politico, manipolando i duchi di Qi a loro piacimento. Nel 391 a. C. la famiglia Tian prese apertamente il potere. Nel 378 a.C. furono chiamati re e la sua capitale divenne una delle città più vivaci della Cina. Da quell’anno, anche i capi degli altri stati prenderanno il titolo di re. Né il Qin né gli stati Shu sperimentano disturbi drammatici. Però, continuano la loro espansione territoriale verso le regioni della popolazione non cinese, rispettivamente a ovest e a sud. Questi regni insieme a quello di Yan, che ha continuato a crescere a spese della popolazione coreana e manchu a nord di Pechino, si sono spartiti il potere dal V secolo in poi. I piccoli stati centrali, governati dai discendenti della famiglia imperiale, Song, Wei, Lu, Zheng, scompaiono uno dopo l’altro, inglobati dai più potenti, lasciando così solo sette stati sul tabellone. Così vediamo che nell’anno 375 a. C. Han distrugge lo stato di Zheng. Gli Yue furono sconfitti e annessi da Chu nel 344 a.C., che ingloba anche Lu nel 249 a. C., mentre Qi aveva conquistato Song nel 286 a. C. Infine, nel 256 a. C., i Qin distrussero l’ultimo imperatore marionetta degli Zhou.
Gli ultimi barbari all’interno del confine cinese finiranno per fondersi con la grande corrente del mondo cinese. I popoli che erano rimasti ai margini per vivere nelle foreste, montagne e paludi, o che si erano rifiutati di integrarsi nel mondo rituale e culturale cinese, furono conquistati e assorbiti. Uno dei casi più interessanti è il regno di Zhongshan, nella provincia di Hebei, a sud dell’attuale Pechino. Fondato nel 414 a. C. dal re Wu dalla minoranza nomade chiamata Di e situata a nord del paese, riflette i tentativi di un popolo nomade di adattarsi ai tempi che cambiano. Fu distrutto nel 409 a. C. da un attacco dei Wei. Sarà ripristinato pochi anni dopo da una nuova dinastia reale, raggiungendo un certo sviluppo, specialmente nel campo della metallurgia, come dimostrano i ricchi tesori trovati nelle loro tombe reali, prima di scomparire per sempre di fronte a un attacco congiunto di Zhao, Yan e Qi. Quello che rimarrà delle sue popolazioni è che li caratterizzerà, è una certa specializzazione nelle arti. Non è insolito infatti, che in questo gran assoggettare di popolazioni, sia violentemente che per influsso culturale, ognuna di queste lasci un piccolo segno nella cultura cinese; e spesso si tratta di alcuna peculiarità in qualche arte. Questi secoli rappresentano un gran sviluppo economico sociale e commerciale, così come tecnologico, scientifico e filosofico. Il miglioramento dell’irrigazione e delle tecniche agricole con l’uso di strumenti di ferro, aratri, fertilizzanti e l’aumento della tecnica di rotazione della terra porta a una produzione più elevata. L’aumento della ricchezza nelle campagne porta allo sviluppo del commercio e della popolazione delle città, che diventano centri artigianali, industriali e commerciali. Tra questi, il commercio è in aumento. Per facilitarne lo sviluppo, le strade vengono migliorate e compaiono le prime monete. Vengono eseguiti grandi lavori di irrigazione, il che aumenta la potenza dei re, in grado di organizzare questi lavori di costruzione e colonizzare le nuove terre con i loro sudditi. Anche le guerre subiscono una radicale trasformazione. Non sono più battaglie tra cavaglieri, che durano un tempo limitato e con poche vittime, ma bensì guerre totali ove tutti partecipano e gli eserciti sono ben finanziati dalle nuove ricchezze dei governanti; capaci di rimanere in battaglia per tempi prolungati. Non è casuale che in questo periodo si delinei la figura dello stratega, un’intellettuale specializzato nelle strategie di guerra. Nel V secolo il carro da guerra viene sostituito dalla cavalleria, a imitazione dei turchi, che agevolano gli spostamenti. Insieme alla cavalleria c’è l’infanteria che usa armi di ferro e balestre. La guerra totale porta ad un aumento del potere dello stato, che impone tasse ai contadini e, quando sono necessari, vengono arruolati e mandati in guerra; provoca anche una caduta della classe aristocratica che sempre più sovente viene sostituita dai letterati che governano nel nome dello stato. Di fatto la presenza della figura del re ha particolare importanza per i letterati, gli stateghi e i filosofi. Sorgono infatti numerose scuole di filosofia che sono in competizione tra di loro per dimostrare i loro fondamenti nella società. Si chiameranno le Cento Scuole: qualcuna si decanta per problemi logici, altre prendono campo nella dialettica ed ontologia. Le più conosciute sono, senza dubbio, quelle che si interessarono per i problemi politici.
Si chiamano moisti i discepoli e seguaci di Mozi, la qual politica si può brevemente descrivere come la politica dell’amore universale. In generale, credono nella bontà naturale dell’uomo e nella necessità di trattare al prossimo come desideriamo essere trattati. Il governo deve concentrarsi nell’agire in positivo verso il popolo, da qui un progressivo aumento di ricchezza per tutti. Ovviamente il peggior danno alla società sono le azioni di guerra. I moisti sono convinti pacifisti, che spesso si trasformano in esperti strateghi della difesa nella speranza di far abbandonare al nemico i loro piani di battaglia. Attaccano l’ostento dei nobili, la frivolezza e le grandi cerimonie dove vengono dilapidate le ricchezze pubbliche. Applicando il concetto di utilità per seguire i mandati del cielo, finiranno per fondare una religione del paradiso, fuori dallo stato, con i suoi monaci e i suoi riti. Religione che scomparirà con l’unificazione degli Han e che forse costituisce la base ecclesiastica del taoismo religioso, che fu fondata in quel momento.
Shang Yang e Han Fei sono filosofi che appartengono alla scuola legalista. Negano le teorie di Confucio, specialmente l’idealizzazione che fa delle leggende del passato. I tempi attuali sono meglio del passato. Sostengono che l’uomo è un lupo tra gli uomini. Solo dove hai timore al castigo non si osa violare le leggi. Per questo motivo propongono una legge rigorosa ed uguale per tutti, con la quale pretendono porre a termine i privilegi dei nobili ed animare il popolo СКАЧАТЬ