Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster
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Название: Sola di fronte al Leone

Автор: Simone Arnold-Liebster

Издательство: Автор

Жанр: Биографии и Мемуары

Серия:

isbn: 9782879531687

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СКАЧАТЬ dalla copertina di cuoio rosso. Preferii leggerlo rimanendo appollaiata lassù, così, non appena avessi sentito la mamma depositare gli attrezzi da giardinaggio in cantina, avrei avuto il tempo di riporlo, scendere, e richiudere e sistemare lo sgabello al suo posto.

      Una vocina mi suggerì: “Non hai chiesto il permesso!” Pensai: “Se glielo chiedessi, la mamma mi risponderebbe con un secco ‘no!’, ma, siccome sono ‘l’infermiera’, devo imparare a tutti i costi. Visto che i miei genitori mi hanno proibito di leggere perfino quel libro che chiamano ‘Bibbia’, non posso correre lo stesso rischio!” Era particolarmente elettrizzante prendere decisioni senza dover chiedere il consenso a qualcuno. Quelle letture clandestine mi eccitavano all’inverosimile.

      Il dizionario medico divenne la mia lettura preferita. Mi sarebbe piaciuto ricopiarne le illustrazioni, ma il pericolo di farmi scoprire era troppo alto. Ero affascinata dai termini complicati e dalle descrizioni delle malattie, che spesso terminavano con: “… e ne consegue il decesso”.

      “Niente può succedere se non è voluto da Dio”, ci ripeteva il prete. “È lui a decidere l’ora della nostra morte”. Stando alle mie letture ci mandava dei mali orribili e spaventosi. Non comprendendo tutto quello che leggevo, mi necessitavano ulteriori chiarimenti per poter rispettare la promessa fatta alle mie amiche. Decisi dunque di interpellare la mamma, alla quale domandai con disinvoltura: “Mamma, che cos’è la tubercolosi?”

      “È una malattia. Ma perché una simile domanda?”

      Dovevo prestare molta attenzione alla mia risposta. “Ne abbiamo parlato quando siamo passate davanti alla casa di Jacqueline. Secondo Blanche non può più andare a scuola”.

      “Esatto. Ha proprio la tubercolosi e quando accudiva Frida neonata, la malattia era già in corso”.

      “È stata lei a passarla a Frida?”

      “Probabilmente sì. Si dice contagio. Sai, Simone, se ti proibisco di sederti sul marciapiede, non è solo perché i cani ci fanno i loro bisogni, ma anche perché a volte persone malate sputano per terra”.

      “È vero. Ho letto che potrebbero sputare i polmoni”.

      “Che cosa?”

      “Ho detto che ho sempre paura che sputino i loro polmoni. Era questa la malattia di zio Louis? È morto di tubercolosi?”

      “Sì”.

      “Allora l’ha beccata anche zia Eugénie?”

      “No, grazie a Dio!”

      Feci tesoro di queste nuove indicazioni e, una volta a scuola, avvertii le mie compagne di non raccogliere mai niente per strada, perché rischiavano di imbattersi in pezzi di polmoni. Come “infermiera” era mio dovere infondere in loro il mio stesso timore della tubercolosi.

      Arrivarono infine le vacanze estive e anche il papà ebbe le ferie, le prime da quando aveva iniziato a lavorare. “Sono obbligato, la fabbrica chiude per due settimane”. Il governo francese aveva infatti ceduto alle rivendicazioni degli scioperanti e aveva promulgato una legge che imponeva la chiusura delle fabbriche una volta l’anno, concedendo agli operai ferie retribuite. Speravo che quella pausa forzata contribuisse a migliorare l’umore di mio padre.

      In effetti aveva trovato un nuovo argomento di conversazione.

      “Emma, che ne dici di comprare delle biciclette?”

      “Possiamo permettercelo?”

      Mi tornò allora in mente la mia bambolina da cinque franchi.

      “È vero che bisognerà prendere questi soldi dai nostri risparmi e non ne sono molto entusiasta, perché può sempre capitare un imprevisto. D’altra parte le biciclette sarebbero una specie di investimento che permetterebbe alla nostra famiglia di fare escursioni in montagna”.

      Le due biciclette nuove fiammanti fecero colpo sul vicinato. Erano di un bel rosso scuro, avevano un profilo dorato ed erano dotate di tre marce. Ognuna era equipaggiata di un seggiolino per me, uno fissato sulla sbarra del papà, l’altro sul portapacchi della mamma. Sarei stata col papà per salire i pendii e con la mamma per discenderli. Organizzammo un’escursione verso i laghi di Longemer e Gérardmer, e venni a sapere che avremmo dovuto portare con noi mio cugino Maurice. Che noia!

      Maurice, un giovanotto di quattordici anni, aveva occhi di ghiaccio e capelli biondi. Non smetteva mai di vantarsi. La mamma parlava di lui come di un “povero orfano”. Dopo la gita ai laghi, prima di rientrare a Bergenbach, l’avremmo riaccompagnato a casa sua. Non mi lasciarono scelta, dovetti adattarmi.

      Trovai però una tattica per fargli abbassare la cresta. Lo imitavo in tutto senza mai lamentarmi, anche se ero costretta a correre o ad arrampicarmi; anzi, quando diceva di essere stanco, esclamavo: “Ah, sì? Io no!”

      A casa dei nonni dissi a mia cugina Angèle: “Da questo momento sarò un maschio”. Questa novità la lasciò sbalordita! Per dimostrarglielo, mi arrampicai senza indugio sul ramo più alto del mirabolano e feci cadere dei frutti maturi e dorati. Purtroppo, nel tentativo di scendere, il vestito si impigliò e mi ritrovai sospesa a dondolare, fino a quando il tessuto si lacerò. Feci un volo spettacolare e atterrai rudemente sulla pancia. Angèle scappò via gridando. Joly, il giovane pastore tedesco della fattoria, si precipitò su di me a mordicchiare e fare a pezzi gli ultimi brandelli del mio vestito, evidentemente per giocare. Mi rialzai lentamente tutta indolenzita. Un ragazzo non piange, vero? Strinsi i denti e, piegata sotto il peso del paniere riempito di mirabelle, rientrai come se niente fosse.

      Nella fattoria della nonna tutti gli animali dovevano avere un bell’aspetto, altrimenti venivano venduti. Joly era un cane magnifico, tutto muscoli. Era un peccato – pensavo – che servisse soltanto ad abbaiare, mentre il nonno e zio Germain si affannavano a trasportare giù dalla montagna una voluminosa massa di fieno sulla loro slitta, una specie di grande veicolo di legno costruito da Germain.

      “Angèle, dovremmo abituare questo cane a trainare la slitta e poi potremmo anche caricarla”.

      Acchiappammo Joly, portammo la slitta sulla collina dietro la fattoria e gliela agganciammo. All’inizio rifiutò di muoversi e, per farlo camminare, fummo costrette a tirarlo. Quando si rese conto che qualcosa lo seguiva, si mise a correre all’impazzata giù per il pendio. Angèle e io ridevamo a crepapelle, ma il nostro divertimento si trasformò in panico quando vedemmo Joly precipitarsi lungo la scala di pietra che si trovava fra il laboratorio e la fattoria. La slitta sbatté contro ognuno degli otto gradini con un fracasso spaventoso. Tutta la famiglia accorse, eccetto zio Germain che, naturalmente, non riuscì a sentire e continuò a segare la legna. Joly cercò in tutti i modi di liberarsi del suo fardello. Disperato, con gli occhi di un folle e la lingua penzolante, saltò nella fontana di granito; la slitta si sfasciò e l’acqua schizzò fuori della vasca. Come punizione per quella che definirono “una stupidata”, gli adulti ci mandarono a letto. Anche se geniale, la nostra trovata da bambini non venne affatto presa in considerazione.

      ♠♠♠

      La mamma tolse dalla sua borsa un grosso libro con la copertina nera ed esclamò: “Guarda che cosa ho comprato, una Bibbia cattolica!”

      “Che cos’è una Bibbia?”

      “È il libro in cui Dio ha depositato la sua Parola e contiene saggi consigli per la nostra vita”. Cercai di leggerlo, ma i caratteri erano troppo piccoli e incespicavo sulle parole.

      “Te СКАЧАТЬ