Название: A Ogni Costo
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Современные детективы
Серия: Un Thriller Della Serie di Luke Stone
isbn: 9781632918314
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“Luke,” disse lei, “Avrò bisogno di più di un paio di persone per questo.”
Luke ci pensò su per qualche secondo. “Okay. Sveglia alcuni di quelli a casa, portali al quartier generale dell’SRT, e inoltragli le targhe. Possono ricavare i nomi dei proprietari da lì.”
“Ricevuto.”
Riattaccarono. Luke tornò a concentrarsi sul momento presente, e gli venne in mente qualcos’altro. Guarò Kurt Myerson.
“Okay, Kurt. Ecco la cosa più importante. Questo ospedale deve essere chiuso. Gli impiegati che erano di turno stanotte devono essere raggruppati e isolati. La gente chiacchiererà, lo capisco, ma dobbiamo tenere tutto fuori dalla portata dei media finché possiamo. Se viene fuori qualcosa, ci sarà il panico, ci saranno diecimila telefonate di false piste alla polizia, e i cattivi seguiranno le indagini passo passo alla tv. Non possiamo permettere che succeda.”
Attraversarono un’altra serie di doppie porte fino all’ingresso principale dell’ospedale. Tutta la facciata dell’ingresso era di vetro. Molte guardie della sicurezza stavano in piedi vicino alle porte principali chiuse.
Fuori era il casino. Una folla di reporter si spingeva contro le barriere della polizia sul marciapiedi. Fotografi schiacciati contro le finestre, che scattavano foto degli interni dell’ingresso. Dieci furgoni dei telegiornali erano parcheggiati uno dietro all’altro sulla strada. Mentre Luke guardava, tre diversi reporter della tv stavano filmando proprio davanti all’edificio.
“Dicevi?”
Capitolo 6
5:10 a.m.
Dentro a un furgone
Eldrick era malato.
Sedeva nel retro del furgone, abbracciandosi le ginocchia, chiedendosi in cosa si fosse cacciato. Ne aveva vista di merda in prigione, ma niente del genere.
Di fronte a lui, Ezatullah era al telefono, urlava qualcosa in farsi. Ormai erano ore che faceva telefonate. Le parole non significavano niente per Eldrick. Sembrava tutto un borbottio senza senso. In realtà Ezatullah aveva studiato a Londra come ingegnere chimico, ma invece di ottenere un lavoro era andato in guerra. E ora appena trentenne, con una grossa cicatrice che gli attraversava una guancia, lì a dire che aveva finanziato la jihad in una mezza dozzina di paesi – e che era venuto in America per fare lo stesso.
Urlò nel telefono ancora parecchio prima di prendere la linea. Quando finalmente riuscì a parlare con qualcuno, si buttò a capofitto nel primo di molti litigi urlati. Dopo qualche minuto, si calmò e si mise in ascolto. Poi riattaccò.
Il viso di Eldrick era rosso. Aveva la febbre. Poteva sentirsela bruciare dentro al corpo. Il cuore correva all’impazzata. Non aveva vomitato, ma si sentiva come se stesse per farlo. Attendevano al punto di incontro sulla riva del South Bronx da più di due ore. Doveva essere una cosetta facile. Rubare il materiale, guidare il furgone per dieci minuti, incontrare i contatti e andarsene a piedi. Ma i contatti non si erano mai fatti vedere.
Ora si trovavano… da qualche parte. Eldrick non sapeva dove. Aveva perso i sensi per un po’. Era di nuovo sveglio, ma tutto sembrava un sogno vago. Erano sull’autostrada. Momo guidava, quindi lui doveva sapere dove stavano andando. Esperto di tecnologie, Momo, secco senza tono muscolare, era la perfetta rappresentazione del suo personaggio. Era così giovane che la pelle liscia del viso non aveva una singola ruga. Sembrava che non sarebbe stato capace di farsi crescere la barba nemmeno se il futuro di Allah in persona fosse dipeso da quello.
“Abbiamo nuove istruzioni,” disse Ezatullah.
Eldrick gemette, desiderando di essere morto. Non sapeva che fosse possibile stare così male.
“Devo uscire da questo furgone,” disse Eldrick.
“Chiudi il becco, Abdul!”
Eldrick aveva dimenticato: il suo nome era Abdul Malik adesso. Era strano sentirsi chiamare Abdul, lui, Eldrick, un orgoglioso uomo nero, un orgoglioso americano per la maggior parte della sua vita. Sentendosi così male, desiderò non averlo mai cambiato. Convertirsi in prigione era stata la cosa più stupida che avesse mai fatto.
Tutta quella merda nel retro. Ce n’era tanta, in ogni tipo di contenitore e scatola. Un po’ era filtrata fuori, e ora li stava uccidendo. Aveva già ucciso Bibi. Quel cretino aveva aperto un contenitore quando erano ancora nella camera blindata. Era incredibilmente forte e aveva strappato via il coperchio. Perché l’aveva fatto? Eldrick lo rivedeva lì a prendere in mano il contenitore. “Non c’è niente qui,” aveva detto. Poi se l’era avvicinato al naso.
Nel giro di un minuto, aveva cominciato a tossire. Praticamente era affondato sulle sue ginocchia. Poi a quattro zampe, a tossire. “Ho qualcosa nei polmoni,” diceva. “Non riesco a buttarlo fuori.” Si era messo a rantolare. Il suono era orribile.
Ezatullah si era avvicinato e gli aveva sparato alla nuca.
“Credimi, gli ho fatto un favore,” aveva detto.
Adesso il furgone stava attraversando un tunnel. Il tunnel era lungo e stretto e buio, con luci arancioni che sfrecciavano sopra la testa. Le luci diedero a Eldrick le vertigini.
“Devo uscire da questo furgone!” urlò. “Devo uscire da questo furgone! Devo…”
Ezatullah si voltò. Aveva tirato fuori la pistola. La puntò alla testa di Eldrick.
“Zitto! Sono al telefono.”
La faccia tagliata in due di Ezatullah era rossa. Stava sudando.
“Mi ucciderai come hai fatto con Bibi?”
“Ibrahim era mio amico,” disse Ezatullah. “L’ho ucciso per pietà. A te ti ucciderò solo per farti stare zitto.” Premette la bocca della pistola contro la fronte di Eldrick.
“Sparami. Non me ne frega niente.” Eldrick chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, Ezatullah si era voltato dall’altra parte. Erano ancora nel tunnel. Le luci erano troppe. Un’improvvisa ondata di nausea attraversò Eldrick, e uno spasmo sempre più urgente gli prese il corpo. Gli si contrasse lo stomaco e sentì dell’acido in gola. Si piegò e si vomitò sul pavimento tra le scarpe.
Passò qualche secondo. La puzza gli arrivò al viso, e si svuotò di nuovo.
Oh Dio, pregò silenziosamente. Ti prego lasciami morire.
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