Amata . Морган Райс
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Название: Amata

Автор: Морган Райс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Героическая фантастика

Серия: Appunti di un Vampiro

isbn: 9781632910684

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СКАЧАТЬ era troppo tardi. Lui aveva appena smesso di preoccuparsi.

      Fece diversi passi verso di lui. “Sam?” chiese.

      Il ragazzo si limitò a fissarla, senza dire una sola parola.

      Era difficile stabilire che cosa ci fosse in quello sguardo. Era causato dalle droghe? Stava fingendo che non gli importasse? O semplicemente non gli importava?

      Il suo sguardo apatico le fece più male di ogni altra cosa. Lei credeva che sarebbe stato felice di vederla, alzandosi e abbracciandola. Ma non questo. Sembrava che proprio non gli importasse. Come se lei fosse una perfetta estranea. Si stava comportando in quel modo solo per compiacere gli amici? Oppure lei aveva rovinato tutto per sempre stavolta?

      Trascorsero diversi secondi, e infine, il ragazzo rivolse altrove il suo sguardo, passando il bong ad uno degli amici. Continuò a guardare gli altri amici, ignorandola.

      “Sam!” disse lei, alzando la voce, con il volto corrugato dalla rabbia. “Sto parlando con te!”

      Lei ascoltò le risatine dei suoi amici sfigati, e sentì la rabbia salirle ad ondate nel suo corpo. Stava cominciando a provare qualcos'altro. Istinto animale. La rabbia dentro di lei stava raggiungendo dei livelli talmente alti, che difficilmente sarebbe riuscita a controllarla e iniziò a temere che presto sarebbe esplosa. Non era più umana. Stava diventando animale.

      Questi ragazzi erano grossi, ma la forza che le stava aumentando nelle vene le suggerì che avrebbe potuto sbarazzarsi di ognuno di loro in un istante. Stava faticando a contenere la sua rabbia, e sperò di essere abbastanza forte da riuscirci.

      Al contempo, il Rottweiler riprese a ringhiare, e si avvicinò a lei lentamente. Sembrava come se avvertisse l'arrivo di qualcosa.

      Lei sentì una mano gentile posarsi sulla sua spalla. Caleb. Lui era sempre lì. Doveva aver sentito la rabbia crescerle dentro, l'istinto animale tra di loro. Stava cercando di calmarla, dicendole di controllarsi, di non esplodere. La sua presenza la rassicurò. Ma non era semplice.

      Sam alla fine si voltò e la guardò. C'era disprezzo nei suoi occhi. Era ancora fuori di sè. Era ovvio.

      “Che cosa vuoi?” le chiese di scatto.

      “Perchè non sei a scuola?” fu la prima cosa che lei si sentì pronunciare. Non era proprio certa di averlo detto, specialmente data l'enorme portata delle cose che avrebbe voluto chiedergli. Ma l'istinto materno era emerso. Ed era stato quello che le era venuto fuori.

      Altre risatine. La rabbia emerse.

      “Che cosa te ne importa?” le disse. “Mi hai detto di andarmene.”

      “Mi dispiace,” lei disse. “Non intendevo questo.”

      Era contenta di aver avuto una possibilità di dirlo.

      Ma non bastò a scuoterlo. Lui se ne stava semplicemete a guardarla.

      “Sam, ho bisogno di parlarti. In privato,” gli disse.

      Voleva che lui lasciasse quell'ambiente e uscisse all'aria fresca, da soli, dove avrebbero potuto parlare veramente. Lei non voleva soltanto sapere del loro padre; voleva anche solo parlare con lui, proprio come avevano sempre fatto. E voleva avere la possibilità di dirgli della mamma. Gentilmente.

      Ma non sarebbe successo. Lei riuscì a rendersene conto ora. Le cose si stavano capovolgendo. La ragazza sentì che la forza in quel fienile sovraffollato era davvero troppo oscura. Troppo violenta. Sentiva che stava perdendo il controllo. Nonostante la mano di Caleb, non riusciva a fermare quello che sentiva montarle dentro, qualunque cosa fosse.

      “Sto bene qui” Sam disse.

      Lei poteva sentire le altre risatine dei ragazzi.

      “Perchè non ti rilassi?” uno dei giovani le disse. “Mi sembri molto nervosa. Vieni a sederti. Fatti un tiro.”

      Le porse il bong.

      Lei si voltò a guardarlo.

      “Perchè non t'infili quel bong su per il culo?” lei disse, digrignando i denti.

      Un coro di incitamento giunse dal gruppo dei ragazzi. “Oh, TACI!” gridò uno di loro.

      Il ragazzo che le aveva offerto il tiro, un ragazzo grosso e muscoloso, e che lei sapeva aveva giocato nella squadra di football, divenne rosso acceso.

      “Che cosa mi hai detto, puttana?” le chiese, fermo in piedi.

      Lei guardò in alto. Era molto più alto di quanto ricordasse, almeno 1.98cm. Riusciva a sentire la stretta di Caleb sulla sua spalla intensificarsi e non capiva a che cosa fosse dovuto, se perchè lui stesse cercando disperatamente di calmarla o perchè non era tranquillo.

      La tensione nella stanza crebbe drammaticamente.

      Il Rottweiler strisciò più vicino. Ora distava soltanto pochi metri. E ringhiava fortissimo.

      “Jimbo, calmo,” Sam disse al ragazzone.

      Quello era il Sam protettivo. Non importava il motivo, ma era protettivo con lei. “E' una rompipalle, ma non intendeva risponderti in quel modo. E' pur sempre mia sorella. Rilassati.”

      “Volevo invece,” Caitlin gridò, mostrandosi più arrabbiata che mai. “Voi ragazzi credete di essere così fighi? Trascinando con voi mio fratello minore? Siete solo un branco di perdenti. Non andrete da nessuna parte. Volete solo incasinarvi la vita, fate pure, ma non ci porterete Sam!”

      Jimbo sembrò persino più arrabbiato, se possibile. Si avvicinò di qualche passo verso di lei, con fare minaccioso.

      “Ecco, Signorina Maestra. Signorina Mammina. Ecco che ci dice che cosa fare!”

      Un coro di risate.

      “Perchè tu e il tuo amico frocetto non venite qui a picchiarmi!”

      Jimbo si fece più vicino e, con l'enorme palmo della sua mano, spinse Caitlin sulla spalla.

      Grosso errore.

      La rabbia esplose in Caitlin, al di là di ogni possibilità di controllo. Nell'attimo in cui il dito di Jimbo la toccò, a gran velocità gli prese il polso e lo girò al contrario. Si sentì un forte crack, nel momento in cui il polso si rompeva.

      Lei sollevò il polso alto dietro la sua schiena e lo spinse con la faccia a terra.

      In meno di un secondo, era sul pavimento, con la faccia a terra, senza alcuna speranza. Lei gli saltò sopra, mettendogli il piede dietro al collo, tenendolo stretto, impedendogli di muoversi dal pavimento.

      Jimbo gridò per il dolore.

      “Gesù Cristo, il mio polso, il mio polso! Schifosa puttana! Mi ha rotto il polso!”

      Sam si alzò, così come tutti gli altri, guardando la scena, scioccato. Sembrava davvero scioccato. Come aveva fatto la sua piccola sorella a stendere in quel modo un ragazzo così grosso, e in modo così rapido, proprio non ne aveva idea.

      “Le mie scuse,” Caitlin ringhiò a Jimbo. Era scioccata dal suono СКАЧАТЬ