Название: Arena Uno: Mercanti Di Schiavi
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: Trilogia Della Sopravvivenza
isbn: 9781632911025
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Viene correndo, prendo un pezzetto del mio pesce, tolgo le spine, e glielo do; lo ingoia tutto in pochi secondi. Prima che me ne accorga, il mio pesce è finito – così come quello di Bree – e mi sorprende sentire ancora brontolare il mio stomaco. Vorrei averne preso di più. Tuttavia, questa è stata la più grande cena che abbiamo da settimane e mi sforzo di essere contenta con ciò che abbiamo.
Poi m ricordo della linfa. Scatto in piedi, tolgo il termos dal suo nascondiglio e lo porgo a Bree.
“Vai” sorrido, “il primo sorso è tuo”.
“Che cos’è?” mi chiede, svitandolo e portandoselo al naso. “Non ha l’odore di nient’altro”.
“È linfa di acero”, le dico. “È come acqua zuccherata. Ma meglio”.
Prova a sorseggiarla, poi mi guarda, gli occhi spalancati per la gioia. “È delizioso!” esclama. Fa grandi sorsi, poi si ferma e me lo porge. Non posso fare a meno di dare anch’io grandi sorsate. Sento la botta dello zucchero. Mi piego e ne verso con cura un po’ nella ciotola di Sasha; se lo beve tutto e sembra piacere anche a lei.
Ma sto ancora morendo di fame. In un momento di debolezza, penso al vasetto di marmellata e decido, perché no? Dopotutto, presumo ce ne sia molta altra in quel cottage sulla vetta della montagna – e se abbiamo motivo di festeggiare stasera, allora quando?
Tiro giù il barattolo, lo svito, ci infilo due dita e ne prendo un bel po’. La metto sulla lingua e me la lascio in bocca più che posso prima di inghiottire. È divina. Allungo il resto del vasetto, ancora mezzo pieno, a Bree. “Vai”, le dico, “finiscilo. Ce n’è ancora nella casa nuova”.
Gli occhi di Bree si spalancano mentre allunga la mano. “Sei sicura?” mi chiede. “Non dovremmo conservarla?”
Scuoto la testa. “È ora di trattarsi bene”.
Bree non ha molto bisogno di essere convinta. In pochi secondi, se la mangia tutta, lasciando soltanto un ultimo boccone per Sasha.
Ci stendiamo, appoggiate al divano con i piedi verso il fuoco, e sento il mio corpo che inizia a rilassarsi. Tra il pesce, la linfa e la marmellata, finalmente, lentamente, sento le forze che ritornano. Do un’occhiata a Bree, che si è già appisolata, con la testa di Sasha sul grembo, e nonostante sembri ancora malata, per la prima volta da un pezzo scorgo della speranza nei suoi occhi.
“Ti voglio bene, Brooke”, dice dolcemente.
“Anch’io ti voglio bene”, le rispondo.
Ma il tempo di guardarla, e dorme già profondamente.
Bree è stesa sul divano di fronte al fuoco, e io mi seggo adesso sulla sedia accanto a lei; è un’abitudine che ci siamo prese col passare dei mesi. Ogni notte, prima di andare a letto, si rannicchia sul divano, troppo spaventata per addormentarsi da sola nella stanza. Le faccio compagnia, aspettando che si appisola; poi la porterò a letto. La maggior parte delle notti non abbiamo il fuoco, ma ci sediamo lì lo stesso.
Bree ha sempre incubi. Non era ne aveva prima: ricordo il tempo, prima della guerra, in cui si addormentava facilmente. La prendevo in giro, la chiamavo “Bree ora di nanna” visto che si addormentava in macchina, sul divano, leggendo un libro sulla sedia – ovunque. Ma ora non è per niente come prima; adesso rimane sveglia per ore, e quando dorme, è irrequieta. Molte notti sento i suoi piagnucoli o le sue urla attraverso i muri sottili. Come biasimarla? Con l’orrore che abbiamo visto, è stupefacente che non si sia persa del tutto. Troppe notti riesco a malapena a dormire io.
L’aiuta quando leggo per lei. Fortunatamente, quando siamo fuggiti, Bree ha avuto la prontezza di afferrare il suo libro preferito. L’Albero. Glielo leggo ogni notte. Lo conosco perfettamente ormai, e quando sono stanca, a volte chiudo gli occhi e lo recito a memoria. Fortunatamente, è breve.
Mi appoggio alla sedia – sento che mi sto addormentando – giro la copertina logora e comincio a leggere. Sasha è stesa sul divano accanto a Bree, con le orecchie in su, e a volte mi chiedo se anche lei sta ad ascoltare.
“C’era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni, raccoglieva le sue foglie e le usava per intrecciare corone con cui giocare al re della foresta”.
Vedo che Bree, sul divano, sta già dormendo profondamente. “Sono sollevata”. Forse è stato il fuoco, forse il pasto. Dormire è ciò di cui ha più bisogno adesso, recuperare forze. Mi tolgo la sciarpa nuova, perfettamente avvolta attorno al collo, e gliel’appoggio delicatamente sul petto. Finalmente, il suo corpicino smette di tremare.
Metto un ultimo ceppo nel fuoco, mi rimetto sulla sedia, mi giro e fisso le fiamme. Le vedo morire lentamente e vorrei avere portato più ceppi. Meglio così. È più sicuro.
Un ceppo crepita e scoppietta mentre lo risistemo: non mi sentivo così rilassata da anni. A volte, dopo che Bree si addormenta, prendo su il mio libro e mi metto a leggere per conto mio. Rimango stesa sul pavimento: Il signore delle Mosche. È l’unico libro che mi è rimasto ed è consumatissimo, sembra avere cent’anni. È una strana esperienza, essere rimasta con un libro solo. Mi rende consapevole di quanto davo per scontato, mi fa rimpiangere i tempi in cui c’erano le biblioteche.
Stasera sono troppo elettrizzata per leggere. La mia mente viaggia, piena di pensieri su domani, sulla nostra nuova vita, in alto sulla montagna. In testa continuo a ripensare a tutte le cose che dovrò portare da qua a là, e a come farlo. Ci sono tutte le nostre cose di base – gli utensili, i fiammiferi, quello che è rimasto delle candele, le coperte, i materassi. Oltre a questo, nessuna di noi ha molti vestiti, e libri a parte, non possediamo sostanzialmente nulla. Questa casa era praticamente spoglia quando siamo arrivate, quindi non ci sono cimeli. Mi piacerebbe portare questo divano e la sedia, anche se avrò bisogno dell’aiuto di Bree per farlo, e dovrò aspettare che lei stia abbastanza bene. Dovremo farlo a fasi, portando prima l’essenziale, e lasciando i mobili alla fine. Ma va bene; fintanto che siamo lassù, protette e sicure. Questa è la cosa più importante.
Inizio a pensare a tutti i modi per rendere quel piccolo cottage ancora più sicuro di com’è. Dovrò certamente trovare un modo di creare delle persiane per le finestre aperte, così da poterle chiudere quando ne avrò bisogno. Mi guardo attorno, mappando la casa in cerca di qualsiasi cosa possa essermi utile. Mi servirebbero dei cardini per fare funzionare le persiane e noto i cardini sulla porta del soggiorno. Forse posso rimuoverli. E una volta che ci sono, forse potrei anche usare la porta di legno, e segarla in pezzi.
Più mi guardo attorno, più inizio a realizzare quante cose posso recuperare. Ricordo che papà ha lasciato una cassetta degli attrezzi, con sega, martello, cacciavite, e perfino una scatola di chiodi. È una delle cose più preziose che abbiamo, e prendo nota in mente di portarla su per prima.
Ovviamente, dopo la motocicletta. È il pensiero dominante: quando trasportarla, e come. Non sopporto l’idea di lasciarmela dietro, neanche per un minuto. La porterò su al nostro primo viaggio. Non posso rischiare di accenderla e attrarre tanta attenzione – e poi, il versante della montagna è troppo ripido perché io possa guidarci. Dovrò portarla a piedi, su per la montagna. Posso già immaginare quanto sarà estenuante, soprattutto nella neve. Ma non vedo altri modi. Se Bree non fosse malata, mi potrebbe aiutare, ma nel suo stato attuale non potrà portare niente – temo anzi che potrei dovere portare lei. Mi rendo conto che non abbiamo altra scelta che attendere fino a domani notte, per la copertura del buio, prima di muoverci. Forse sono solo paranoica – le probabilità che qualcuno ci veda sono remote, ma tuttavia, è meglio essere prudenti. Soprattutto perché so che ci sono СКАЧАТЬ