Arena Uno: Mercanti Di Schiavi . Морган Райс
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Arena Uno: Mercanti Di Schiavi - Морган Райс страница 12

СКАЧАТЬ quel giorno, che niente  sarebbe mai stato lo stesso – che lei non sarebbe mai stata la stessa. E neanch’io.

      E avevo ragione. Mentre sto qui seduta a fissare le braci del fuoco morente, gli occhi pesanti, mi rendo conto che, da quel giorno, niente sarebbe mai stato lo stesso, di nuovo.

*

      Sono in piedi nel nostro vecchio appartamento, a Manhattan. Non so cosa ci faccio qui, o come ci sono arrivata. Niente sembra avere senso, perché l’appartamento non è affatto come lo ricordo. È del tutto privo di mobili, come se non c’avessimo mai vissuto. Ci sono solo io.

      Improvvisamente bussano alla porta, ed entra papà, in completa uniforme, e in mano una ventiquattrore. I suoi occhi sembrano svuotati, come se fosse andato e tornato dall’inferno.

      “Papi!” Provo a gridare. Ma le parole non escono. Guardo in basso e mi accorgo che sono incollata al pavimento, nascosta dietro a un muro, e che non può vedermi. Per quanto mi sforzi di liberarmi, correre da lui, urlare il suo nome, non ci riesco. Sono costretta a guardare impotente, mentre entra nell’appartamento vuoto e si osservando attorno.

      “Brooke?” urla. “Sei qui? C’è nessuno in casa?”

      Provo nuovamente a rispondergli, ma la voce non vuole uscire. Cerca stanza per stanza.

      “L’ho detto che sarei tornato” disse. “Perché non mi ha aspettato nessuno?”

      Poi, scoppia in lacrime.

      Mi spezza il cuore, e provo con tutte le forze a richiamarlo. Ma non importa quanto forte mi sforzi: non esce niente.

      Alla fine si gira e lascia l’appartamento, chiudendo delicatamente la porta dietro di sé. Lo scatto della maniglia riecheggia nel vuoto.

      “PAPI!” Urlo, trovando finalmente la voce.

      Ma è troppo tardi. So che se n’è andato per sempre, e in qualche modo è tutta colpa mia.

      Sbatto le palpebre e sono di nuovo in montagna, nella casa di papà, seduta sulla sua sedia preferita accanto al fuoco. Papà è seduto sul divano, sporto in avanti, il capo chino, a giocare col suo coltello del Corpo dei Marine. Rimango atterrita nel notare che metà della sua faccia è completamente sciolta, fino alle ossa; riesco praticamente a vedere metà del suo teschio.

      Guarda verso di me, ho paura.

      “Non puoi nasconderti qui per sempre, Brooke”, dice, con tono pacato. “Pensi di essere al sicuro qui.” Ma verranno a cercarti. Prendi Bree e nasconditi”

      Si mette in piedi, viene verso di me, mi afferra dalle spalle e mi scuote, mentre i suoi occhi bruciano intensamente. “MI HAI SENTITO, SOLDATO!?” grida.

      Scompare, e appena lo fa, tutte le porte e le finestre esplodono in un sol colpo, in una cacofonia di vetri in frantumi.

      In casa irrompono una dozzina di mercanti di schiavi, con le pistole in mano. Indossano la loro caratteristica uniforme, nera dalla testa ai piedi, con maschere nere, e corrono a tutti gli angoli della casa. Uno di loro tira Bree giù dal divano e la porta via fra le urla, mentre un altro corre verso di me, affonda le dita sul mio braccio e mi punta la pistola dritto in faccia.

      Spara.

      Mi sveglio gridando, confusa.

      Sento le dita che affondano sul mio braccio, e disorientata tra lo stato di sogno e la realtà, sono pronta a reagire. Mi osservo in giro e vedo che è Bree che mi scuote il braccio.

      Sono ancora seduta sulla sedia di papà, e la stanza adesso è inondata dalla luce del sole. Bree piange a dirotto.

      Sbatto gli occhi diverse volte mentre mi siedo, provando a connettermi col mondo. Era stato tutto un sogno? Sembrava così reale.

      “Ho fatto un brutto sogno!” Piange Bree, sempre attaccata al mio braccio.

      Mi osservo in giro e vedo che il fuoco è finito tempo fa. Vedo l’intensa luce del sole e realizzo che che dev’essere mattina tardi. Non riesco a credere che mi sono addormentata sulla sedia – non l’avevo mai fatto prima.

      Scuoto la testa, provando a ripulirla dalle ragnatele. Quel sogno sembrava così reale, è difficile credere che non sia accaduto. Avevo sognato papà prima di adesso, parecchie volte, ma mai niente di tanto realistico. Mi viene difficile concepire che adesso non è più nella stanza con me; controllo di nuovo la stanza, giusto per essere sicura.

      Bree mi tira il braccio, inconsolabile. Non l’ho davvero mai vista stare così.

      Mi metto in ginocchio e le do un abbraccio. Lei si avvinghia a me.

      “Ho sognato che questi uomini cattivi venivano e mi portavano via! E non c’eri tu a salvarmi!” piange Bree sulla mia spalla. “Non andare!” implora sconvolta. “Ti prego, non andare. Non lasciarmi!”.

      “Non vado da nessuna parte”, le dico, abbracciandola stretta. “Sshh… È tutto OK… Non c’è niente di cui preoccuparsi. È tutto a posto”.

      Ma nel profondo, non posso fare a meno di sentire che non c’è niente a posto. È proprio il contrario. Il sogno che ho fatto mi sta proprio disturbando, e il fatto che anche Bree ha avuto un brutto sogno – e sulla stessa cosa – non mi conforta. Non sono credo particolarmente nei presagi, ma non posso fare a meno di chiedermi se non sia tutto un segno. Non sento però nessun tipo di rumore né altro, e se ci fosse qualcuno nel raggio di un chilometro, lo saprei sicuramente.

      Sollevo il mento a Bree e le asciugo le lacrime. “Fa’ un respiro profondo”, le dico.

      Bree mi ascolta, e riprende lentamente fiato. Mi sforzo di sorridere. “Guarda”, le dico. “Sono proprio qua. Non c’è niente che non va. È stato solo un brutto sogno. Okay?”.

      Lentamente, Bree annuisce.

      “Sei solo stanca”, le dico. “E hai la febbre. Per questo hai fatto brutti sogni. Si sistemerà tutto”.

      Mentre sto in ginocchio ad abbracciare Bree, mi rendo conto che devo iniziare a muovermi: devo andare a scalare la montagna, a esplorare la nuova casa e a procurarci del cibo. Mi preparo a dirlo a Bree, e sto male al pensiero di come la prenderà. Chiaramente, il mio tempismo non potrebbe essere peggiore. Come faccio adesso a dirle che sto per lasciarla qua? Anche se soltanto per un’ora o due? Una parte di me vuole rimanere qui, tenerla d'occhio tutto il giorno; ma so anche che devo andare, e prima mi sbrigo, più saremo al sicuro. Non posso semplicemente starmene qua tutto il giorno a non fare niente, e aspettare che venga sera. E non posso rischiare di cambiare piano e spostarci durante il giorno solo per via dei nostri brutti sogni.

      Scosto un po’ Bree da me, le sposto i capelli dalla faccia, e le sorrido più dolcemente che posso. Cerco la voce più forte e adulta che ho.

      “Bree, ho bisogno che tu mi ascolti”, le dico. “Io ora devo uscire, solo per un po’—”

      “NO!” esplode Bree con tono lamentoso. “Lo SAPEVO! È proprio come nel mio sogno! Mi stai abbandonando! E non ritornerai”.

      Le tengo strette le spalle, provando a consolarla.

      “Non è così” le dico con fermezza. “Ho solo bisogno di andare per un’ora o due. Devo assicurarmi che casa nuova sia sicura per poterci trasferire lì stanotte. СКАЧАТЬ