Il ritorno dell’Agente Zero . Джек Марс
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Читать онлайн книгу Il ritorno dell’Agente Zero - Джек Марс страница 8

СКАЧАТЬ cadere le pinze insanguinate e il granello argentato nel vassoio di plastica.

      “No,” grugnì Reid. “Impossibile.” L’ultima parola fu poco più di un bisbiglio. Soppressione della memoria? Era fantascienza. Per funzionare, avrebbe dovuto influenzare l’intero sistema limbico del cervello.

      Il quinto piano del Ritz a Madrid. Ti sistemi la cravatta nera prima di sferrare un solido calcio appena sopra la maniglia. L’uomo all’interno è preso alla sprovvista; salta in piedi e afferra una pistola dal comò. Ma prima che riesca a puntartela contro, gli prendi la mano e la pieghi lontano. La forza del gesto gli spezza con facilità il polso

      Reid si riscosse dalla scena confusa che gli era apparsa nella mente, mentre l’interrogatore si riaccomodava davanti a lui.

      “Mi hai fatto qualcosa,” borbottò.

      “Sì,” concordò l’interrogatore. “Ti ho liberato dalla tua prigione mentale.” Si sporse in avanti con un ghigno a labbra strette, cercando qualcosa negli occhi di Reid. “Stai ricordando. È uno spettacolo affascinante. Sei confuso. Le tue pupille sono dilatate in maniera anormale, nonostante la luce. Che cosa è reale, ‘professor Lawson’?”

      Lo sceicco. Con ogni mezzo possibile.

      “Quando i nostri ricordi ci abbandonano…”

      Ultimo avvistamento: Una casa sicura a Teheran.

      “Chi siamo noi?”

      Un proiettile ha lo stesso suono in ogni lingua… chi lo ha detto?

      “Chi diventiamo?”

      Lo hai detto tu.

      Reid si sentì scivolare nel vuoto. L’interrogatore lo schiaffeggiò due volte, riportandolo nella stanza di cemento. “Ora possiamo continuare. Quindi te lo domando di nuovo: Come… ti… chiami?”

      Entri da solo nella sala degli interrogatori. Il sospettato è ammanettato a un bullone attaccato al tavolo. Infili una mano nella tasca interna dell’abito, ne estrai un portadocumenti in pelle con dentro una carta d’identità e lo apri…

      “Reid Lawson.” La sua voce era incerta. “Sono un professore… di storia europea…”

      L’interrogatore sospirò deluso. Fece cenno di avvicinarsi al gigante corrucciato e un pesante pugno si abbatté sulla guancia di Reid. Un molare rimbalzò sul pavimento accompagnato da uno spruzzo di sangue fresco.

      Per un momento, non ci fu dolore; la sua faccia era insensibile, pulsante per l’impatto. Poi una nuova ondata di agonia ebbe il sopravvento.

      “Nggh…” Cercò di formare delle parole, ma le sue labbra non si muovevano.

      “Te lo chiedo di nuovo,” disse l’interrogatore. “Tehran?”

      Lo sceicco si era nascosto in una casa sicura camuffata da fabbrica tessile.

      “Zagreb?”

      Due uomini iraniani arrestati in un aeroporto privato, mentre stanno per salire a bordo di un aereo per Parigi.

      “Madrid?”

      Il Ritz, quinto piano: una cella dormiente attivata con una bomba in una valigetta. Destinazione presunta: la Plaza de Cibeles.

      “Lo sceicco Mustafar?”

      Ha contrattato per avere salva la vita. Ci ha detto tutto quello che sapeva. Nomi, luoghi, piani. Ma non sapeva abbastanza…

      “Lo so che stai ricordando,” disse l’interrogatore. “Il tuo sguardo ti tradisce… Zero.”

      Zero. Un'immagine gli lampeggia davanti agli occhi: Un uomo con degli occhiali da aviatore e una giacca da motociclista scura. È in un angolo di una qualche città europea. Si muove insieme alla folla. Nessuno sa chi è. Nessuno sa che è lì.

      Ancora una volta Reid cercò di togliersi quelle visioni dalla testa. Che cosa gli stava succedendo? Gli danzavano nella mente come sequenze in stop-motion, ma lui si rifiutava di accettarle come ricordi. Erano falsi. Impiantati, in qualche maniera. Era un professore universitario, con due figlie adolescenti e una umile casa nel Bronx…

      “Dicci che cosa sai dei nostri piani,” chiese impassibile l’interrogatore.

      Noi non parliamo. Mai.

      Le parole gli riecheggiarono nella mente, ancora e ancora. Noi non parliamo. Mai.

      “Ci sta mettendo troppo tempo!” gridò l’uomo iraniano più alto. “Costringilo.”

      L’interrogatore sospirò. Tese una mano verso il carrello di metallo, ma non per accendere il poligrafo. Invece le sue dita si soffermarono sulla vaschetta di plastica. “Di solito sono un uomo paziente,” disse a Reid. “Ma devo ammettere che la frustrazione del mio socio è piuttosto contagiosa.” Sollevò lo scalpello insanguinato, lo strumento che aveva usato per tagliare il granello argentato dalla sua testa, e premette gentilmente la punta della lama contro i jeans di Reid, una decina di centimetri sopra il ginocchio. “Tutto ciò che vogliamo sapere è che informazioni hai. Nomi. Date. A chi hai detto quello che sai. Le identità dei tuoi colleghi in campo.”

      Morris. Reidigger. Johansson. I nomi gli apparvero davanti agli occhi, ognuno accompagnato da un volto che non aveva mai visto prima. Un uomo giovane dai capelli scuri e il sorriso arrogante. Un altro dall’aspetto amichevole e bonaccione in una rigida camicia bianca. Una donna dai lunghi capelli biondi e occhi grigi e severi.

      “E che cosa ne è stato dello sceicco.”

      In qualche modo Reid sapeva che lo sceicco in questione era stato catturato e portato in una prigione segreta in Marocco. Non era una visione. Era semplicemente quello che sapeva.

      Noi non parliamo. Mai.

      Un brivido freddo corse lungo la sua spina dorsale mentre lottava per tenere stretta la sua sanità mentale.

      “Dimmelo,” insisté l’interrogatore.

      “Non lo so.” Le parole erano strane sulla sua lingua gonfia. Alzò lo sguardo allarmato e vide che l’altro uomo gli stava sogghignando.

      Aveva capito la domanda fatta in una lingua straniera… e aveva risposto in un perfetto arabo.

      L’interrogatore spinse la punta dello scalpello nella gamba di Reid. Lui gridò quando la lama penetrò il muscolo della sua coscia. Istintivamente cercò di spostarsi, ma aveva le caviglie legate alla sedia.

      Strinse con forza i denti, la mascella dolorante in reazione. La ferita alla gamba bruciava intensamente. L’interrogatore sogghignò e piegò leggermente la testa. “Devo ammettere che sei più tosto di molti altri, Zero,” disse in inglese. “Sfortunatamente per te, io sono un professionista.” Si abbassò per sfilargli uno dei calzini ormai sporchi. “Non mi capita spesso di dover usare questa tecnica.” Si raddrizzò e lo guardò direttamente negli occhi. “Ecco cosa sta per succedere: io ti taglierò via dei piccoli pezzi e te li farò vedere, uno a uno. Inizieremo con le dita dei piedi. Poi con quelle delle mani. Dopo di che… vedremo cosa vorrai fare.” L’interrogatore si inginocchiò e premette la lama contro il dito più piccolo del suo piede destro.

      “Aspetta,” СКАЧАТЬ