Lia. Delio Zinoni
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Название: Lia

Автор: Delio Zinoni

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Научная фантастика

Серия:

isbn: 9788885356016

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СКАЧАТЬ su un mare di tela azzurra ondeggiante.

      Termina così il primo atto. Cambia la scena: la città adesso è sullo sfondo; in primo piano una spiaggia deserta. Ricompare il sacerdote narrante: lunghi anni sono trascorsi in vana attesa. Esce il sacerdote ed entra Phenissa.

      Se prima avevo visto solo il suo viso, questa volta non potei fare a meno di guardare il suo corpo. Mi sentii avvampare. Il vestito della fanciulla era candido e piuttosto trasparente. E anche succinto. Era la prima volta in vita mia che vedevo tanto di una donna. In altri luoghi è diverso, ma Morraine è una città alquanto morigerata. D’altra parte, era l’abito consono alla situazione: Phenissa era venuta sulla spiaggia a bagnarsi, ma soprattutto a scrutare il mare e a sospirare per lo sposo lontano.

      In maniera del tutto naturale, il suo dolore si esprime attraverso il canto. Non cercherò di descrivere la sua voce. A che serve dire che era limpida come un ruscello montano, struggente come vento su una foresta innevata... Rammento solo il ritornello:

       Passò la rondine sopra le onde.

       Passò l’estate e passò l’inverno.

      Poi Phenissa si alza di scatto. Cosa ha visto? Scruta il mare... Le navi che tornano? Lancia un grido strozzato. Non è di gioia, piuttosto di angoscia. Corre sulla spiaggia. Mediante qualche macchina scenica, fra le finte onde appare una zattera, con una figura riversa a bordo.

      Ãˆ un naufrago, uno straniero. Phenissa è impaurita, eccitata, incerta. Ma un pensiero più di ogni altro la sprona: ecco, questa è forse l’occasione di fare ammenda dell’offesa recata alla Dea del Mare, causa di tutte le pene della sua gente. Un naufrago da salvare! Lo prende fra le sue braccia, lo rianima. Poi, forse per pudore o forse per timore, forse per un oscuro desiderio di possesso (anche se di tutto questo allora non compresi nulla), lo nasconde nella sua casa. Non osa rivelare alle altre donne la sua presenza.

      E a questo punto, immaginate il seguito. Chi di voi potrebbe rimproverare Phenissa: sposa per una sola notte ad un uomo che forse non sarebbe più tornato? Giovane, bella, piena di tenerezza, avendo accanto a sé un uomo dalle molte avventure?

      Si innamorò di lui. Resistette a lungo, ma Teseius lontano e appena conosciuto lasciò a poco a poco spazio nel suo cuore allo straniero, presente e salvato dalle acque.

      Non dalla furia delle altre donne, però. Poiché il frutto del loro amore non poté restare celato. In un’isola abitata solo da vecchi, donne e bambini, ecco Phenissa attendere un figlio! Lei non poté, non volle nasconderlo.

      Il giuramento violato, la gelosia, forse l'invidia, infiammano le donne, che decretano la morte degli adulteri. A stento il vecchio sacerdote riesce a salvare dalla loro furia il bimbo appena partorito.

      E per la seconda volta, nel tempo di una sola generazione, un naufrago sacro alla Dea del Mare (che nella sua triplice forma è anche Signora del Cielo Stellato e Ispiratrice del Desiderio Amoroso) veniva ucciso sull’isola di Nexus.

      La Dea medesima appare sulla scena, fra abbaglianti lampi di luce e fumi multicolori e musica minacciosa. La sapienza scenica di Lelius raggiungeva qui il suo culmine. La Dea, impersonata dalla signora del carro, maestosa nella sua furia. lancia la sua maledizione contro l’isola. Chiama in suo aiuto i venti di ponente e di occidente, di settentrione e di mezzogiorno. Evoca perfino le oscure potenze della terra profonda, il cui nome non è lecito pronunciare.

      Un maremoto tremendo squassa l’isola. Ondate immense la sommergono. Uccidendone tutti gli abitanti superstiti.

      Una tenebra rossastra calò sul palcoscenico. Poi, con la lentezza di un’alba primaverile, la luce si fece azzurra, limpidissima. Apparve l’isola: rigogliosa di piante, che ricoprono rovine un tempo maestose.

      Ed ecco una vela appare all’orizzonte. È una nave solitaria, male in arnese, che approda a fatica. I marinai sbarcano (sono le marionette), e due uomini avanzano sul proscenio. Sono anziani, la pelle scura e incartapecorita dal sole e dalla salsedine. Con accenti di gioia incredula e stanca salutano la loro buona stella. Finalmente hanno trovato una terra vergine per il loro popolo!

      Poi scorgono le rovine. Incertezza, angoscia, orrore si susseguono mentre riconoscono i palazzi, i fori, le case della loro giovinezza. Il vecchio Teseius esce di scena, disperato, quasi folle per il dolore della lunga, inutile separazione. Nella scena successiva è solo. Stringe in una mano qualcosa, che contempla fra le lacrime. È il monile che ha dato alla moglie come dono di nozze e pegno di fedeltà. Nell’altra mano, tiene un secondo monile: è di foggia straniera. Li ha trovati accanto a due scheletri, abbracciati nella morte, sotto un cumulo di pietre.

      I segni sono chiari, e Teseius è come annichilito da essi. L’altro vecchio cerca di confortarlo, di insinuare dei dubbi, ma la sua voce è priva di convinzione. Teseius piange, impreca, maledice la sorte, gli dei, Phenissa, lo straniero, gli anni perduti, gli stenti e i pericoli trascorsi sul mare... tutto per nulla. Peggio che nulla. Poi il suo sfogo si quieta fra i singhiozzi. Raccoglie le ossa della moglie, aiutato dal compagno, appresta per esse una sepoltura. Infine vi pone accanto quelle dello straniero. L’unico conforto è perdonare.

      La notte cala sui due, senza che si scorga un barlume di speranza.

      Ed ecco l’epilogo.

      Da una macchina scenica cala sul palco la Dea del Mare, Astar in persona. Fra le braccia stringe un fanciullo di grande bellezza. Teseius è steso a terra, addormentato. Forse si tratta di un sogno.

      La dea spiega che l’amore di Phenissa e il perdono di Teseius hanno placato la sua ira. Nel maremoto il figlio di Phenissa e dello straniero si è salvato: la sua culla ha galleggiato sulle acque, ed è stato raccolto. Egli fonderà una nobile città, e la sua stirpe avrà lunga vita fra gli uomini.

      Cala il sipario. La dea scompare. Termina il dramma.

       Era davvero una bella storia, piena di tragica grandezza e di tenera passione, e l’apprezzammo tutti. Qui, nell’oasi, siamo sempre avidi di nuove storie, e i bravi narratori sono grandemente onorati.

      Lì, nel Cortile Segreto (proseguì il naufrago), piansi per Phenissa. Avrei voluto essere Teseius, avrei voluto essere lo straniero. Avrei, soprattutto, voluto essere Lelius, che aveva abbracciato la fanciulla nelle vesti di entrambi.

      â€“ Iko... Iko...! – Era Jues che mi chiamava. Io ero già arrivato in fondo alla fila di panche, disturbando parecchi spettatori. – Dove vai?

      Già: dove andavo? Il fatto è che non lo sapevo neppure io. Quasi non mi ero accorto di essermi alzato.

      Ci accostammo ad un pilastro, nell’ombra, cercando di non farci notare troppo. Lo spettacolo stava proseguendo con un duetto musicale, eseguito da Lelius e dalla signora, con viola e archimboldo.

      â€“ Dovete aiutarmi – dissi. Anche Lucibello ci aveva raggiunti.

      â€“ A fare cosa?

      â€“ A vederla!

      â€“ Chi?

      â€“ Lei... Phenissa.

      â€“ Sei impazzito?

      Doveva essere così.

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