Lia. Delio Zinoni
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Читать онлайн книгу Lia - Delio Zinoni страница 6

Название: Lia

Автор: Delio Zinoni

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Научная фантастика

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isbn: 9788885356016

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СКАЧАТЬ chiunque potesse entrare come si fa in una piazza. Poiché questa è la differenza fra una piazza e un cortile: nella prima sboccano strade accessibili a tutti: vagabondi e carrettieri, dame e merciai, cani randagi e bambini. In un cortile si entra da una porta, e dipende da quelli che ci abitano tenerla chiusa o aperta.

      Quella sera la porta era spalancata.

      Lelius doveva essere una persona davvero importante per avere avuto il permesso di dare il suo spettacolo nel Cortile Segreto!

      Entrammo, dunque. Dopo che un servo in livrea ebbe esaminato con attenzione non priva di sospetto i nostri biglietti.

      Mi aspettavo, è ovvio, di vedere meraviglie: fontane zampillanti e piante esotiche, statue di marmo e gabbie piene di uccelli rari.

      Ma ciò che in realtà vedemmo ci lasciò senza fiato. Era un palazzo splendido e sfavillante: marmi di ogni venatura, e colonne come alberi secolari. Statue simili a persone vere immortalate in atti eroici, teneri, strazianti. Affreschi con scene di caccia e di battaglia, flotte a vele spiegate...

      Questa visione durò un attimo. Poi un tremolio parve percorrere le mura del palazzo, e avvertii una folata di vento. Come se un terremoto stesse scuotendo Morraine, ma senza alcuna vibrazione sotto i piedi. Chiusi forte gli occhi. Quando li riaprii, il palazzo non c’era più. Era un palcoscenico. Molto più piccolo di quanto mi fosse apparso, perché ingigantito dalla prospettiva; costruito in tela e legno, ma con tale maestria pittorica, e così abilmente illuminato, che l’occhio ne rimaneva volentieri ingannato.

      Passato quell’attimo, tutto riacquistò le sue dimensioni normali. Trovammo posto su una delle panche nella quarta o quinta fila. Proprio davanti al palcoscenico, vidi, c'erano delle poltrone riservate a personaggi d'autorità. Ci eravamo da poco seduti che lo spettacolo iniziò. Annunciato da un rullo di tamburi, si presentò un saltimbanco, in un costume giallo e rosso da pagliaccio, che eseguì svariate mirabili capriole le quali finivano, di tanto in tanto, in comici capitomboli da cui si rialzava con aria perplessa, guardando il pubblico con grandi occhi tristi. Fu in una di queste occasioni che la riconobbi, sotto il trucco: era la signora del carro, quella che mi aveva abbracciato quella mattina di quattro anni prima

      Poi ci fu un suono di cembali, e strumenti a fiato e a corde che non riconobbi. Apparvero una mezza dozzina di marionette, che eseguirono una pantomima velocissima, senza che si potesse scorgere quali fili le muovessero. Avevano le teste nascoste da larghi cappelli a cono, sotto i quali si scorgevano occhi luminosi e gialli, come candele. La danza che eseguirono era molto elaborata, e non doveva essere priva di qualche significato simbolico, poiché gli spettatori delle prime file, intenditori senza dubbio, applaudivano con convinzione nei momenti più significativi.

      Terminò così il prologo, lasciandoci, intendo dire io e i miei due amici, un po’ interdetti ma pieni di aspettativa. Fu solo allora, guardandoci intorno, che ci accorgemmo di essere quasi gli unici ragazzi presenti fra il pubblico, del resto non molto numeroso. Benché attori girovaghi, Lelius e i suoi parevano dunque fare della propria arte un esercizio raffinato, poco adatto al volgo.

      E il Cortile Segreto? Catturato dapprima dalla magia del palazzo di tela, e poi dalle capriole della signora e infine dalle evoluzioni della marionette, non avevo neppure pensato di guardarmi intorno. Eppure quello era il luogo delle fantasie di ogni bambino di Morraine! In realtà tutto ciò che si vedeva era poco più che il contorno dei tetti. Poiché il Cortile Segreto non era molto grande, o meglio non era grande come la mia immaginazione lo aveva dipinto; le panche lo occupavano per metà, e il palcoscenico nascondeva i piani bassi. Pilastri di marmo sbrecciato e frammenti di archi incastonati in una facciata alludevano ad un edificio molto più antico. Al riflesso delle lampade, presero forma dei fregi che percorrevano tutto il cornicione: molto corrosi, resi enigmatici dalla luce un po’ vacillante che li colpiva dal basso, anziché da quella del sole per cui erano stati scolpiti. Intuii che rappresentavano delle allegorie, e ne riconobbi alcune: la Verità, sotto forma di una fanciulla quasi nuda, che appoggiata ad una clessidra (emblema del tempo che fugge) mostra con la sinistra il sole e con la destra un serpente che si morde la coda; l’Ambiguità dal volto velato tiene un gatto accovacciato in grembo, e sembra osservare un bambino che gioca con uno specchio. E molte altre.

      Poi d’improvviso, e misteriosamente, come se un forte vento avesse soffiato, le lanterne si spensero tutte insieme. Ci furono alcuni istanti di buio, e quando gli occhi si stavano abituando alla luce delle stelle, e scorgevano ombre muoversi sul palcoscenico, ecco di nuovo la luce. Il palazzo aveva subito una parziale metamorfosi: un’ala intera si era aperta, mostrando il mare e un porto magnifico. Una folla di donne era raccolta sui moli, e i marinai salutavano dalle navi, le vele già spiegate al vento. Ma come potevano essere così lontani? Il Cortile non era grande tanto da contenere un porto... Ancora un’illusione: si trattava delle marionette, in un nuovo costume, vicine ma piccole.

      In primo piano, un sacerdote di venerabile aspetto. Con voce triste ma ferma narrò l’antefatto. L’isola di Nexus era devastata da pestilenza e sterilità: una maledizione della dea del mare, irata perché i suoi abitanti avevano lasciato perire i naufraghi di una nave senza prestare loro soccorso, onde potersi impadronire del ricco carico... Era la storia di Phenissa e di Teseius.

       Il naufrago si interruppe e ci guardò.

       Forse non la conoscete. Appartiene ad una terra lontana da qui. Bene dunque: ve la racconterò così come venne rappresentata quella sera da Lelius e dalla sua compagnia, nel Cortile Segreto di Morraine.

      (3) LA RECITA

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      Il sacerdote uscì, accompagnato da una solenne melodia di tube e di polifanti. Dalla parte opposta del palcoscenico entrò un eroe in splendida armatura. Anch’egli, nella generale sventura, aveva da portare il suo fardello. Si era sposato appena il giorno prima con la fanciulla più bella dell’isola. Aveva trascorso con lei appena una notte, ed ora doveva partire insieme agli ultimi uomini validi rimasti sull’isola, per cercare una nuova patria. Ed ecco giungere la diletta sposa, per l’ultimo saluto.

      Voi già immaginerete chi era la fanciulla che interpretava la parte di Phenissa. Ed io pure, quella sera nel Cortile Segreto di Morraine. Era colei che avevo atteso di vedere, fin da quando il carro si era allontanato lungo la strada. L’ovale bianco e perfetto del viso. Le labbra rosse come corallo. È inutile che mi dilunghi.

      Ma la sposa era velata. Come l’Ambiguità allegorica nel fregio del cortile, non mostrava il suo volto.

      Ma non poteva che essere lei! La grazia pudica dei movimenti, la figura esile e flessuosa sotto il ricco vestito in velluto porpora e verde smeraldo. E le mani: il loro roseo pallore sembrava imprigionare la luce delle lampade.

       A questo punto il viaggiatore rimase assorto qualche momento.

      Quando lei si sollevò il velo, i miei occhi erano così pieni di lacrime che non riuscii a distinguere il suo viso, e dovetti sbattere più volte le palpebre. Le labbra si muovevano. Stava parlando. Mi ero dimenticato di ascoltare. Con espressioni di tenero amore e di strazio per l’imminente separazione, si rivolgeva al marito Teseius, all’attore Lelius. Come può capitare a qualsiasi adolescente, sentivo quelle parole rivolte a me.

      Ma torniamo alla storia.

      Al pari delle altre donne, Phenissa giura al marito eterna СКАЧАТЬ