Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci
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Название: Il Dono Del Reietto

Автор: Mario Micolucci

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Героическая фантастика

Серия:

isbn: 9788873048893

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СКАЧАТЬ e primi Elfi grigi, i più sapienti e i più potenti. Come faccia a funzionare è un mistero anche per molti maghi runici, ma noi abbiamo condotto delle ricerche. Grazie a un altro artefatto, l'Occhio di Verahia, abbiamo potuto scrutarne l'interno: dentro la parte in metallo, pare ci sia un filo avvolto come le spire di un serpente intorno a un'anima di ferro. Per quanto riguarda l'anello, quando il Maestro dei Congegni ha usato l'Occhio su di esso, per poco non ci ha rimesso la vista: pare che ci sia un'enorme quantità di magicka che scorre al suo interno senza consumarsi.»

      Poi, con un atteggiamento solenne, simile a un prestigiatore che si esibisce dinanzi agli occhi rapiti dei bambini, proclamò: «E ora, Signori, se avete con voi oggetti metallici, allontanatevi alquanto e, visto che ci siete, portate via anche la mia sacca degli attrezzi... Sto per attivare la Stretta di Mano di Energon.»

      Djeek, portando con sé solo la sua veste malandata, decise di rimanere a osservare da vicino Girolamo che nel frattempo mosse una minuscola levetta a scorrimento posta nel punto di congiunzione tra le due parti.

      Al click, il goblin fu tirato per la manica da una forza misteriosa verso l'artefatto e andò a franare addosso al cavian che, nel cadere, ebbe il riflesso di disattivare l'artefatto.

      «Ehi! Alquanto ardito da parte tua! Guarda che non sei il mio tipo!» scherzò Girolamo anticipando e quindi mortificando sul nascere ogni tentativo di battuta di Fagorn.

      «No, guarda che ti sbagli!» replicò imbarazzato Djeek senza cogliere l'ironia.

      Girolamo gli sfiorò la manica e un ago simile a quello che aveva freddato la guardia comparve tra le sua dita abili. «A quanto pare, ne avevi un altro. E visto che l'ho ritrovato io, ora me lo tengo» aggiunse facendolo cadere in un piccolo contenitore che andò a riporre nella sua tasca.

      Djeek, ancora confuso, si sentì un po' depredato, ma non ebbe da replicare.

      «Bene! Alquanto bene! Dove eravamo rimasti?» Il cavian riattivò l'artefatto, lo legò a una corda attraverso l'anello, lo ricoprì con un panno imbottito, e lo lanciò in alto senza badare troppo alla mira. Questo, infatti, come se fosse animato da volontà propria, deviò il proprio volo aumentando di velocità fino a incollarsi alla grata soprastante con un suono attutito.

      «Bravo, non ci avevo pensato: se non l'avessi opportunamente rivestito, avrebbe fatto un fragore degno di una campana. Sei un tipo molto attento ai dettagli. Non pensavo che esistessero topi così svegli» osservò Fagorn.

      «Un tentativo alquanto maldestro di complimento, “nobile” Fagorn» ribatté l'altro che odiava sentirsi chiamare topo. Con una smorfia di stizza, prese ad arrampicarsi agevolmente lungo la fune.

      Una volta in alto, incastrò un gancio in una fessura, liberò la fune e ve la legò reggendosi con due dita alla grata; quindi agì sulla levetta della Stretta di Energon per disattivarla e riporla.

      «Toglietevi da lì sotto: è alquanto pericoloso!» intimò a bassa voce, mentre estraeva una siringa contenete acido ad alta concentrazione che, a contatto con i perni di fissaggio della grata, li sciolse come fango. Le gocce che piovvero a terra produssero sfrigolando dei piccoli fori.

      Si aggrappò con entrambe le mani al bordo dell'apertura e con la testa alzò lentamente il tombino fino a sporgere gli occhi oltre il pavimento della stanza che, come già aveva intuito grazie all'olfatto, si rivelò essere una cantina. «Naso alquanto buono non mente, vero Khiki?» bisbigliò soddisfatto. Il suo famiglio, passandogli sulla spalla, si avventurò nella stanza emettendo i suoi tipici vocalizzi.

      «Ehi! Che cosa c'è lassù?» domandò Djeek ad alta voce.

      Girolamo rispose con uno sguardo di rimprovero e tornò a concentrarsi sui vocalizzi del suo piccolo roditore. Quando si quietarono sostituiti dal rumore di masticazione, il cavian si issò per entrare nella cantina facendo cenno ai compagni di salire. Non appena girò l'angolo della nicchia in cui era posta la botola, ebbe una visuale più completa del posto: ciò che vide gli strappò un'imprecazione. «Per Givedon!»

      Allarmati, i compagni si diedero da fare per raggiungerlo. Djeek risalì la fune con buona lena: seppur imbranato, era pur sempre un goblin; Fagorn sudò e sbraitò non poco per tenergli il passo.

      Una volta sopra, lanciandosi sguardi per comunicare, si mossero con cautela rasenti il muro. Quando, ormai pronti a ogni evenienza, sbucarono nell'ampio locale sotterraneo, si trovarono di fronte a una scena che spiazzò tutte le loro previsioni.

      «Venite, accomodatevi e sollazzatevi alquanto!» li invitò, stravaccato su una grossa sedia imbottita, il rampollo della casata Bartolommei. Alzò un calice di vino rosso con una mano, mentre il gomito dell'altro braccio poggiava su un di tavolo apparecchiato con altri due bicchieri, una bottiglia, un sacchetto aperto e alcuni peperoni gialli.

      «Montefiaschetto del sessantadue, prodotto nei Collicretosi: la migliore annata di uno dei migliori vini di Xantis. E sì! Si tratta alquanto bene il nostro Aaron!» continuò ignorando lo sguardo sgomento dei compagni di fuga.

      Come Fagorn fece per avvicinarglisi con la mano protesa verso il suo collo, questi vi pose un calice con un gesto repentino.

      «Certo, il gusto ne avrebbe giovato alquanto se avessimo avuto il tempo di farlo decantare un po'. Tuttavia, mio impetuoso compare, sappi che non avrai più occasione alcuna nella tua vita di estasiare i tuoi sensi come potresti fare oggi. Credimi: un solo sorso vale tutta la prigionia che abbiamo patito» proseguì con sguardo malizioso, mentre provvedeva a mescere il vino nel bicchiere tremolante nella morsa furiosa del mago.

      «Dai, Djeek! Non mostrarti alquanto imbarazzato, bevine anche tu e scoprirai cosa possono generare un sole caldo, delle verdeggianti colline e delle buone botti di rovere, coadiuvati dal lavoro accorto e amorevole dei contadini del Regno di Villaneia, laddove fervida è l'adorazione per il mio Dio. Vedi mio bizzarro amico, per un agricoltore devoto a Givedon produrre un buon vino è come officiare un rito sacro e goderne è come pregare.»

      Il goblin, senza farsi ulteriormente sollecitare, ignorò il bicchiere, afferrò la bottiglia, se la rovesciò direttamente nella gola e, dopo aver ruttato, sentenziò «Bah! Deludente! Eppure, il colore prometteva bene… pensavo sapesse di sangue, almeno un po', almeno... »

      «Oh, Givedon! Oh, Dio delle feste! Perché ci elargisci doni di cotale sublimità e permetti l'esistenza di esseri rozzi al punto di non goderne alquanto?» si lamentò il cavian.

      Nel frattempo, il gambo del calice di Fagorn non aveva più retto la presa, spezzandosi.

      «Umano! Almeno tu non deludermi alquanto! Ché io non so se il mio povero e sensibile cuore possa reggere un altro oltraggio di cotale brutalità.»

      «Per Tempèra!» imprecò l'altro. «L'alcol deve averti mandato in fumo il cervello! Guardatelo! Si atteggia a valletto di corte!» Rovesciò il contenuto del bicchiere sul pavimento, sfidando lo sguardo esterrefatto di Girolamo.

      «E poi,» continuò poggiando quel che restava del calice sul tavolo per non far rumore «dovresti sapere che noi fiammamastri siamo astemi: l'alcol potrebbe renderci instabili durante l'esercizio delle nostre facoltà... per non dire infiammabili.»

      «Da un dottore in materia come te, mi sarei aspettato alquanto che ti classificassi quale piromastro» obiettò il cavian che, seppur vistosamente turbato, non voleva dargli la soddisfazione di mostrarsi ferito dal gesto ingiurioso.

      «Me ne sbatto della saccenza degli accademici! Fiammamastro va benissimo!» Fagorn odiava essere corretto.

      Girolamo СКАЧАТЬ