Alla conquista di un impero. Emilio Salgari
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Название: Alla conquista di un impero

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ gettate le scale di corda.

      Yanez, Tremal-Naik e Sandokan presero posto nella cassa del merghee, Kammamuri coi malesi in quelle degli altri, insieme col maggiordomo che doveva dirigere la battuta.

      – Avanti! – disse Yanez al mahut.

      I tre pachidermi si misero subito in marcia mandando tre formidabili barriti, seguiti subito dagli scikari e dai behras che conducevano i cani, i quali latravano a piena gola.

      In meno di mezz’ora la truppa fu fuori dalla città, poiché gli elefanti procedevano di buon passo obbligando la scorta a correre per non rimanere indietro e si diresse attraverso le boscaglie che si estendevano, quasi senza interruzione, fino nei dintorni di Kamarpur.

      Yanez, dopo aver accesa la sua eterna sigaretta e d’aver bevuto un lungo sorso d’arak, si era seduto dinanzi a Tremal-Naik dicendogli:

      – Ora tu, che sei indiano e che hai passati tanti anni nelle Sunderbunds, ci spiegherai che cos’è questa tigre nera.

      Noi conosciamo quelle bornesi e là di nere non ne abbiamo mai vedute, è vero Sandokan? —

      Il pirata che fumava placidamente il suo cibuc, gettando in aria, con lentezza misurata, delle nuvole di fumo, fece col capo un cenno affermativo.

      – Quella che noi indiani chiamiamo kala-bâgh non è veramente nera, – rispose Tremal-Naik. – Ha il mantello simile a quello delle altre: siccome però sono le più feroci, i nostri contadini credono che incarni una delle sette anime della dea Kalì che come sai si chiama anche la Nera.

      – Non si tratterebbe quindi che di uno di quei terribili solitari che gli inglesi chiamano man’s eater ossia mangiatori d’uomini.

      – E che noi chiamiamo admikanevalla o admiwala kanâh.

      – Una bestia sempre pericolosa.

      – Terribile, Yanez – disse Tremal-Naik, – perché quelle tigri sono ordinariamente vecchie, per ciò rotte a tutte le astuzie e d’una voracità spaventosa.

      Non potendo, in causa dell’età che le priva dello slancio giovanile, cacciare le antilopi od i buoi selvaggi, s’imboscano nei dintorni dei villaggi o si nascondono in prossimità delle fontane in attesa che le donne vadano a prendere acqua.

      Sono d’una prudenza straordinaria, conoscono luoghi e persone, attaccando di preferenza gli esseri deboli e sfuggendo quelli che potrebbero tenere a loro testa.

      – Vivono sole? – chiese Sandokan.

      – Sempre sole, – rispose il bengalese.

      – Sono allora difficili a catturarsi.

      – Certo, perché sono prudentissime e cercano di evitare sempre i cacciatori.

      – Siccome però quella tigre mi è necessaria, noi la prenderemo, – disse Yanez.

      – Tu diventi incontentabile, amico – disse Sandokan, ridendo. – Prima era la pietra di Salagraman che ti era necessaria, oggi è una tigre e domani cosa vorrai?

      – La testa del rajah, – rispose Yanez celiando.

      – Oh per quella, ci penso io. Un buon colpo di scimitarra e te la porto ancora quasi viva.

      – E i seikki che vegliano sul principe, non li conti tu.

      – Ah sì! Mi hai parlato di quei guerrieri. Che gente sono, amico Tremal-Naik? Tu devi conoscerli un po’.

      – Guerrieri valorosi.

      – Incorruttibili?

      – Eh! Secondo, – rispose il bengalese. – Non devi dimenticare, innanzi tutto che sono mercenari.

      – Ah! – fece Sandokan.

      – Ehi fratellino! – esclamò Yanez. – Che cosa t’interessano quei seikki?

      – Tu hai le tue idee, io ho le mie, – rispose la Tigre della Malesia, continuando a fumare. – Sono anche quelli adoratori di Visnù e delle pietre di Salagraman, amico Tremal-Naik?

      – Non adorano né Siva, né Brahma, né Visnù, né Budda, – rispose il bengalese. – Essi non credono che in Nanek, un religioso che sul principio del secolo decimosesto si fece un gran nome e che fondò una nuova religione.

      – Vorresti diventare anche tu un seikko.

      – Non glielo consiglierei, – disse Tremal-Naik, scherzando – perché sarebbe costretto, per essere ammesso a quella setta religiosa, a bere dell’acqua che ha servito a lavare i piedi e le unghie al sacerdote.

      – Ah! Porci! – esclamò Yanez.

      – Ed a mangiare servendosi di un dente di cinghiale, almeno per le prime volte.

      – Perché? – chiese Sandokan.

      – Per abituarsi a superare la ripugnanza che tutti i mussulmani hanno pei maiali, – rispose Tremal-Naik.

      – Se lo terranno per loro il dente perché io non ho alcun desiderio di diventare un seikko, – disse la Tigre della Malesia. – Ho semplicemente un’idea verso quelle guardie. Bah! Ci penseremo su.

      Siamo nei boschi bassi. Apriamo gli occhi. È in questi, è vero Tremal-Naik, che preferiscono abitare quei terribili solitari?

      – Sì, le macchie dei banani e le terre umide delle grandi erbe, – rispose il bengalese.

      – Teniamoci in guardia dunque. —

      I tre elefanti, che procedevano sempre di buon passo, erano giunti in una immensa pianura che era interrotta qua e là da gruppi di mindi, arbusti non più alti di due o tre metri, dalla corteccia bianchissima e lucente ed i rami sottilissimi; da piccoli banani e da piccole macchie di butee frondose, dal tronco nodoso e robusto, coronato da un folto padiglione di foglie vellutate d’un verde azzurrognolo e sotto le quali pendevano degli enormi grappoli d’una splendida tinta cremisina.

      A grandi distanze, e per lo più in mezzo a piccole piantagioni d’indaco e ombreggiate da cespugli di mangifere, si scorgeva qualche capanna. Animali invece non se ne vedevano: solamente degli stormi di bulbul, quei piccoli, leggiadri e battaglieri rosignuoli indiani, volavano via all’avvicinarsi degli elefanti e dei cani, mostrando le loro penne picchiettate e la loro coda rossa.

      – Che sia questo il regno della tigre nera? – chiese Yanez.

      – Lo sospetto, – rispose Tremal-Naik. – Vedo laggiù degli stagni e quelle brutte bestie amano l’acqua perché sanno che le antilopi vanno a dissetarsi dopo il tramonto.

      – Che riusciamo a scoprirla prima che la notte scenda?

      – Uhm! Lo dubito.

      – Le prepareremo un agguato.

      – Perderesti inutilmente il tuo tempo. Le kala-bâgh non si lasciano sorprendere e potrai mettere capretti finché vorrai e anche dei maiali, senza deciderle ad avvicinarsi.

      – Aspettiamo – concluse Yanez. – Noi non abbiamo fretta. —

      Fino al mezzodì СКАЧАТЬ