Название: Gli Uomini Rossi
Автор: Beltramelli Antonio
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066068462
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Monsignor Rutilante circuì i liberi pensatori, nelle invisibili trame del suo esercito innumerevole che combatte a guerriglie e non ha temibili nemici.
D'altra parte Gian Battifiore aveva chinato il capo al destino e si era rassegnato a pagare il riscatto che gli anarchici avrebbero chiesto, forse, per rendergli la bella creatura scomparsa.
Europa era la sua intelligenza viva; era il ramo più forte della sua prolifica pianta, colei che si era adorna di ogni più squisita bellezza del sapere e poteva sostenerlo nelle sue difficili vie, ed essergli di consiglio e di aiuto.
Gli doleva ch'ella fosse stata vittima di occulte vendette; ma intimamente pensava alla grande dignità di dolore e alla nuova forza di potere che gli avean dato gli anarchici, vendicandosi in tal guisa della superiorità sua e del suo partito.
Dunque avevano necessità di colpirlo negli affetti, non riuscendo loro possibile altra via di vendetta?
Forte come uomo, più forte come capo di una falange ardita e battagliera, i dinamitardi non potevano aver l'ardire di prenderlo di fronte, e gridargli:
— Ora si veda fra noi, Gian Battifiore, chi vale più!
Ma oscuramente, eludendo la vigilanza, lo colpivano nel suo nido; nella persona più cara ch'egli avesse su la terra.
Tristi e dolorose necessità queste, nella vita; il destino, per esaltare una creatura, vuole sempre le sue vittime.
Così l'uomo calvo, che aveva nel sangue una terribile capacità vulcanica; il violento oratore dei comizi, assumeva di fronte agli estranei che si dolevano per la sua disgrazia, un contegno enigmatico, tanto che alcuni andavan sussurrando:
— Ma Gian Battifiore impazzisce!
Mentre in cuor suo, il libero pensatore, sentiva che la gloria lo trascinava su cime luminose; lo poneva nel suo nido di falco, fra le asprezze adamantine delle rupi; gli donava un trono, alto su la folla plaudente alla vittima delle segrete mene politiche, dei terribili odii di parte, delle oscure vendette settarie.
Europa, la gaia Europa, l'ultima nata fra le cinque parti del mondo, era stata sempre la sua dolcezza. Sbocciata di maggio, portava con sè la fortuna che rinnova, povera santa anima sua!
Prima, amore e dolce luce della triste casa; ora, vittima della grandezza di suo padre!
Bortolo Sangiovese, Bartolomeo Campana e Ardito Popolini non avevano abbandonato un istante il loro capo, dal giorno della disgrazia. Alla mattina erano ad attenderlo e lo riaccompagnavano la sera, camminando in silenzio, le mani dietro le reni e il capo chino.
Sui tre seguaci, si rifletteva un po' la gloria del doloroso.
E, al loro passare, tutti si facevan su le porte e sussurravano:
— Guardali, guardali!
Gian Battifiore era al centro, la corte si distribuiva ai lati. Solo Bortolo Sangiovese, ch'era piccolo e rotondo ed aveva le gambe cortissime, rimaneva un poco addietro e seguiva agitando le braccia, tutto acceso nel volto, ma felice di quel suo affrettarsi.
— Com'è pallido! — dicevano i curiosi segnando Gian Battifiore. — Pare abbia vissuto mill'anni!
E ancora:
— È una tempra d'acciaio. La sventura non lo vince!
Una domenica, giorno in cui gli uomini si guardano le vesti nuove e si aggreggiano abitualmente per le vie, in nome del Signore che si riposò, Gian Battifiore e i tre devoti al suo cammino, avendo occasione di traversar un quartiere popolare, si ebbero dimostrazioni di simpatia, prima da un gruppo di pochi operai, poi da una vera folla.
Fu allora che Gian Battifiore pronunziò il suo primo discorso dopo la triste sventura. Tanto commosse i fieri-urlanti ascoltatori suoi, che, quand'ebbe finito, Albena, una bella del luogo, si inoltrò recando un boccale azzurro, decorato di rossi festoni, e offrì al sindaco riluttante, col suo più bel sorriso, un bicchiere ricolmo del sanguigno vino che Bertinoro dalle vigne opime, profonde agli uomini che scalerebbero il cielo.
Gian Battifiore bevve al bicchiere di Albena e il popolo, a l'atto di fiera democrazia, plaudì frenetico; poi accompagnò, inneggiando alla rivoluzione ed alla scomparsa di tutte le monarchie, il sindaco fino alla sua abitazione e rimase sotto le finestre ad urlar canzoni ed evviva, finchè la notte non fu nei cieli.
Allora Coriolano, il donzello del Municipio, disse a Gian Battifiore:
— Tutto il male non vien per nuocere!
E Bortolo Sangiovese, rispose:
— È vero!
Un'altra volta, quattro ciechi che andavan cantando per le terre di Romagna, su fisarmoniche e vecchi violini sonori, le rapsodie di ignoti eroi, si fermarono sotto la casa di Gian Battifiore. Avevano improvvisato la nenia de l'odio e del ratto, ed ora venivano a farne omaggio al loro signore.
Così per molteplici esplicazioni, Gian Battifiore si vide accresciuto ne l'affetto e nella considerazione de' suoi simili e amministrati.
Egli non pensò di iniziar ricerche per rintracciare la figlia perduta. Di questo si occupava la polizia, sempre solerte e, per quanto i tentativi non avessero dato alcun risultato soddisfacente, nutriva fede nella buona riuscita delle cose.
Più lo preoccupava la sua fama. Al bene pubblico, un uomo superiore, deve talvolta sacrificare e i suoi particolari interessi e gli affetti famigliari ed ogni suo bene; in tale sacrificio sta la sua superiorità, il coefficiente primo che lo distanzia e lo diversifica dalla massa dei mediocri e degli intelligenti.
E Gargiuvîn, frattanto, nelle lunghe notti di sua prigionia, contava dalle strette inferriate, le stelle, chiedendosi serenamente se egli fosse per davvero l'uomo più folle fra la folle brigata rivoluzionaria.
CAPITOLO VII. Qui fa la sua prima comparsa il Cavalier Mostardo negli uffici dell'«Aristogitone».
L'Aristogitone era l'organo del partito repubblicano. Ne era anima e corpo, Ardito Popolini, mente eletta e temperamento entusiastico.
Egli aveva avuto l'idea di sostenere il partito con un giornale, il quale doveva essere ad un tempo: gogna dei disonesti, centro di combattività per l'idea del Maestro e palestra aperta ai giovani ingegni romagnoli, desiderosi di tentare il campo delle lettere e della politica.
L'Aristogitone aveva due avversari: Il Cataclisma, organo dei socialisti rivoluzionari, che combatteva sotto l'egida di un motto piuttosto medioevale: Quia nominor leo!; e La Vera Croce, ebdomadario del partito clericale.
Ogni ingiuria creata ed ogni fantasia ingiuriosa che il clima della calda Romagna alimentasse, trovava in detti giornali sua stabile dimora per le ardenti e continue polemiche, nate da minime cause, divampanti in perenni incendii.
Ardito Popolini, allorchè fu per porre un titolo al suo giornale, frugò fra i suoi ricordi classici, perchè voleva togliersi dalle comuni denominazioni. Rimase incerto così fra i nomi di due eroi della libertà, dei quali conosceva le gesta: Armodio ed Aristogitone. СКАЧАТЬ