La Fine Del Cammino. Tricia Ross
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Название: La Fine Del Cammino

Автор: Tricia Ross

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Современные любовные романы

Серия:

isbn: 9788835413059

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СКАЧАТЬ a complicarsi.

      Il minuto è trascorso e il Predictor segna NEGATIVO.

      Ripongo lo strumento nella sua scatola e lo butto nella spazzatura, mentre cerco di controllare le lacrime, ma non ci riesco e scoppio a piangere come una bambina. Mi sfogo per qualche minuto e alla fine, quando smetto di singhiozzare, la mia immagine mi guarda dallo specchio e si asciuga le lacrime. Se non mi muovo farò tardi a pranzo, con i miei genitori e le sorelle.

      Salgo in macchina e metto in moto, guidando per le strade affollate della città fino alla casa dei miei genitori, dove sono cresciuta e che ho lasciato sette anni fa quando ho sposato Carlos. A quel tempo io e lui eravamo giovani e le nostre vite e il nostro futuro lavorativo non erano ancora stabili. Sapevamo di amarci e di voler stare insieme, ma non era ancora il momento di essere genitori. Ora finalmente ho un lavoro che funziona e che è costato a me e mio marito un mucchio di impegno e dedizione. Troppo, per poterci occupare anche di un bambino. Carlos, dal canto suo, l’anno scorso ha finalmente ottenuto la tanto attesa promozione in banca. È un momento perfetto per la nostra vita ma, chissà perché, il nostro più grande desiderio ci viene negato, mese dopo mese.

      Parcheggio proprio sotto casa dei miei genitori: in questo quartiere c'è sempre posto perché è residenziale, con piccoli negozi e strade ampie dove tutti i condomini hanno il proprio posto privato, lasciando così parcheggi liberi in strada ai visitatori.

      Spengo il motore e, dopo un'ultima occhiata al mio aspetto, scendo.

      La mamma mi accoglie sulla porta con un ampio sorriso, e l'aria profuma del buonissimo pollo arrosto che sicuramente sta per essere tolto in forno.

      "Ciao cara." mi saluta, e io l’abbraccio con affetto.

      Per me quella donna dalle guance rosee, la figura tonda e il sorriso affettuoso è sempre stata il pilastro su cui mi sono appoggiata, lo specchio in cui ho voluto guardarmi e il mio riferimento per diventare un giorno madre anch’io.

      Le rispondo con un sorriso triste, che non mi arriva agli occhi.

      "Cosa c'è che non va, tesoro? - mi domanda, anche se indovina già la risposta prima ancora che io risponda. - Negativo? Di nuovo?"

      Faccio di sì con la testa.

      Entriamo insieme in casa e la mamma chiude la porta. In soggiorno ci sono mio padre e Vera, la mia sorellina, che se ne stanno seduti sul divano a guardare il telegiornale. Li saluto con un bacio sulla guancia. Mio padre, che non è mai stato un tipo perspicace, non si accorge del mio infelice stato d'animo, ma Vera sì, e mi punta addosso gli occhi azzurri con sguardo compassionevole.

      "Non preoccuparti, prima o poi accadrà." mi dice.

      Non rispondo. So che lei conosce queste cose più di chiunque altro, è infermiera e lavora proprio nel reparto maternità e neonatologia presso l'ospedale universitario della città. Malgrado ciò, non riesco a credere alle sue parole. Forse perché è la mia sorellina.

      "Dov'è Violeta?" domando.

      "E’ in ritardo, come al solito." risponde mia madre dalla cucina.

      Il cibo è pronto, la tavola è apparecchiata e tutti aspettiamo con impazienza che la mia stupida sorella faccia finalmente la sua comparsa per iniziare a mangiare. Certo… Violeta è così, una donna leggera e, a volte, anche un po’ egoista.

      Pochi minuti dopo suona il campanello del citofono che annuncia l'arrivo di Violeta. Ci sediamo tutti a tavola e iniziamo a mangiare. La mamma serve il vino a papà e ci riempie i piatti di insalata, buonissima.

      "Carlos non è venuto?" mi chiede Violeta.

      "È andato a un barbecue." le rispondo.

      "Beh, avresti potuto andare con lui – dice – Hai bisogno di staccare la spina e prenderti una pausa.".

      So che lo dice con affetto, in quel suo strano e bizzarro modo di dimostrarlo, ma oggi non sono dell'umore giusto per interpretare senza acredine le sue parole.

      "Certo ... sei un esperta in queste cose." rispondo.

      "Che vuoi dire? "

      "Niente. "

      "Farò finta di non aver sentito - esclama, riempiendosi il bicchiere di vino - so che chi sta parlando è la tua sindrome premestruale."

      Faccio per rispondere, ma papà mi ferma.

      "Smettetela, ragazze - dice, con calma - Violeta, non stuzzicare tua sorella."

      Lei impreca sottovoce, ma non parla più. Qualche attimo di silenzio e mio padre ricomincia a parlare.

      "Vera, come va il lavoro?" domanda.

      La cocca di casa posa la forchetta nel piatto con gesto compunto. Le guance le si fanno rosse. È assurdo quanto la mia introversa sorellina sia timida anche con la sua famiglia.

      "Tutto ok, papà – risponde, con quella sua voce dolce e melodiosa - il prematuro nato la settimana scorsa continua a migliorare."

      "Povera creatura! – esclama la mamma – È incredibile quanto sia progredita la medicina. Qualche anno fa un bambino del genere non sarebbe sopravvissuto".

      "È vero."

      "La sua mamma non sta nella pelle dalla gioia." continua Vera.

      "Ci credo!" risponde mia madre.

      Questo genere di conversazione mi dà sui nervi.

      "Potremmo parlare di qualcos'altro, per favore?" le interrompo.

      "Oh! Certo, tesoro! - dice la mamma – Scusa.

      Violeta fa uno strano rumore mentre beve e mi viene la voglia di risponderle per le rime, ma mi trattengo. È meglio ignorarla, quando diventa così odiosa.

      Dopo un altro silenzio imbarazzato, i nostri genitori iniziano a parlarci del viaggio che hanno programmato per la settimana prossima, in occasione del loro anniversario. Visiteranno le isole greche e così per fortuna, la conversazione si fa più distesa e interessante. Il resto della giornata trascorre senza problemi e, dopo aver preso una fetta di torta e un caffè, Violeta ci dice che se ne va. Decido di tornare a casa anch’io. Magari Carlos è già lì, e sarebbe bello cenare insieme e farci un po’ di coccole, prima di andare a dormire.

      ***

      È martedì e questo è l'ultimo appuntamento programmato di oggi. Di fronte a me, sulle poltrone del mio ufficio, siede una coppia di mezza età che ha difficoltà a superare la sindrome del nido vuoto.

      Hanno tre figli. La donna, casalinga tipica che ha dedicato tutta la sua vita alla casa e ai figli, non riesce ad accettare la nuova fase della sua vita. L'uomo, da parte sua, in pensione anticipata, ha difficoltà ad adattarsi al fatto che non dovrà più alzarsi ogni mattina per recarsi al lavoro. Erano decenni da quando i due non si trovavano soli in casa, e ciò li ha trascinati a litigare e a farsi dispetti di continuo...

      "Per oggi abbiamo finito - Dico loro, cercando di non far trasparire la mia noia - Non dimenticate quello che ci siamo detti la volta scorsa: trovatevi un hobby che piaccia ad entrambi e scoprirete che è bello trascorrere il tempo insieme. Ci vediamo la settimana prossima."

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