Venezia. Ciminiere Ammainate. Alfredo Aiello
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Название: Venezia. Ciminiere Ammainate

Автор: Alfredo Aiello

Издательство: Tektime S.r.l.s.

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isbn: 9788873042457

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СКАЧАТЬ Da aprile fino al 2 agosto del 1970 la vertenza porta a un progressivo inasprimento nelle relazioni industriali. I circa 10.000 addetti del settore rappresentano una particolarissima realtà nel panorama sindacale veneziano. Si tratta, infatti, di forza lavoro per buona parte molto professionalizzata ma portata, per le condizioni di mobilità, a un rapporto poco disciplinato con l’organizzazione sindacale. Ma le condizioni di relativa stabilità del ruolo degli appalti nell’area chimica – grandi manutenzioni e costruzioni determinano fra questi lavoratori una condizione “unitaria” che li avvicina alla classe operaia della fabbrica tradiziona le, con in più un regime di divisioni e discriminazioni insopportabili. Sono elementi sufficienti a produrre una brusca e conflittuale sindacalizzazione (19 Resini D. (a cura di), Cent’anni a Venezia. La Camera del Lavoro 1892-1992, Il Cardo, Venezia 1992, p. 478).

       La vertenza delle imprese di appalto si concluderà dopo oltre 200 ore di sciopero e dopo quella giornata del 2 agosto ricordata nell’intervista di Ghisini, quando i picchetti operai bloccheranno le portinerie della Montedison e le strade, producendo l’isolamento del polo industriale dal territorio circostante, e la polizia, presente massicciamente, “caricherà” gli operai. Gli scontri sono aspri e vedono accorrere anche la popolazione di quella zona estrema di Marghera: Ca’ Emiliani. Subito arrivano anche gli operai della Sava a dare man forte, mentre quelli dell’Italsider, della Chatillon e degli Azotati entrano in sciopero più tardi.

      

       Gli scontri, questa volta, sono durissimi. Chinello e Golinelli, parlamentari, vengono picchiati dagli agenti e uno di questi viene fatto “prigioniero” dopo aver investito un dimostrante e condotto, semisvenuto, dai suoi colleghi. Per tutta risposta un graduato e alcuni agenti estraggono le pistole e sparano numerosi colpi. Due operai saranno feriti, ma poi la polizia viene travolta. A mezzogiorno la “battaglia” è finita. Il giorno dopo interviene l’accordo che non soddisfa le richieste di garanzie occupazionali, ma sancisce il riconoscimento, di fatto, di un’unica condizione contrattuale per questi lavoratori, poi rafforzata anche a livello sindacale con il “Coordinamento imprese”, una sorta di consiglio di fabbrica interaziendale. (20. Resini D. (a cura di), Cent’anni a Venezia. La Camera del Lavoro 1892-1992, Il Cardo, Venezia 1992, p. 479).

      

      

      La prima vertenza delle imprese si concluderà acquisendo anche miglioramenti salariali. La vertenza Sava ha tutt’altri contenuti: vuole affermare un diritto fondamentale, quello che la Costituzione repubblicana assume programmaticamente, cioè il diritto al lavoro. Nel gennaio del 1971 la direzione aziendale della Sava annuncia la chiusura dello stabilimento di Allumina. A giugno i lavoratori della Sava sono in lotta contro i 270 licenziamenti annunciati dall’azienda, e il giorno 22 dello stesso mese, assieme ai lavoratori della Sava contro i licenziamenti, sciopereranno i metalmeccanici veneziani. Gli scioperi dei lavoratori della Sava continueranno anche dopo l’accordo del mese successivo al Ministero del Lavoro a Roma, che tramuta i licenziamenti in cassa integrazione e consente la chiusura dei primi forni all’Allumina.

      La lotta dei lavoratori continuerà ancora a lungo. Si rivendica la continuità produttiva per la fabbrica di Allumina, ma si accentua anche la pressione verso un livello di contrattazione che dovrebbe essere istituito per gli investimenti e la gestione degli assetti produttivi dell’intero territorio. Si cerca, in sostanza, di contrattare “lo sviluppo”, con una logica che di lì a poco sarà codificata nelle piattaforme territoriali (21 Resini D. (a cura di), Cent’anni a Venezia. La Camera del Lavoro 1892-1992, Il Cardo, Venezia 1992, p. 482). L’accordo arriverà nel gennaio del 1972, con la mediazione del Governo nazionale, che “offre” un centinaio di licenziamenti, il blocco del turnover per due anni, la cassa integrazione per 600 lavoratori e un’attività sostitutiva delle Partecipazioni Statali per riassorbirli (22. Resini D. (a cura di), Cent’anni a Venezia. La Camera del Lavoro 1892-1992, Il Cardo, Venezia 1992, p. 483).

      

      

      

      

       La dialettica sindacato-partito

      

      

      Ancora Giuliano Ghisini dall’intervista di Chiara Puppini:

      

      

       AIELLO. Poi nel ’70, dopo le imprese inizia la lotta della Sava.

      

       GHISINI. Si era a cavallo tra il ’69 e il ’70. L’Alusuisse, la multinazionale svizzera proprietaria degli stabilimenti Sava, voleva chiudere tutto, sbaraccare e andare via...

      

       AIELLO. Com’era Germano in quella fase?

      

       GHISINI. Allora vediamo Germano. Nel ’70 sono iniziati i lavori di costruzione del Petrolchimico 2. A Marghera gli addetti erano già più di 35.000. Poi avviene questa storia della Sava. L’Alusuisse voleva chiudere la sua attività e qui inizia un ruolo importante di Germano, insieme a Mattiussi, a Vianello... Lui si inserisce nel gruppo del sindacato che apparteneva alla componente comunista. Affermava che noi eravamo allergici al Pci...

      

       PUPPINI. Come mai?

      

       GHISINI. Perché eravamo “allergici” ai dirigenti del Pci? Perché loro volevano comandare. Non c’interessava molto questo loro comandare. Volevano dare ordini e noi dovevamo “fare”. Il Pci, però, tra noi non aveva molto spazio. Noi non eravamo contro il Pci, ma non ci piaceva la concezione del suo gruppo dirigente. E Germano condivideva questo pensiero... assolutamente... loro volevano gestire, ma non capivano un tubo di com e gestir e. (23. Puppini C., Intervista a Giuliano Ghisini e Alfredo Aiello, cit.).

      

      

      Anche Giosuè Orlando, nella sua intervista, sottolinea come il Pci fosse ancora rimasto alle “commissioni interne” ed era scettico sul nuovo ruolo del sindacato – non più vincolato al rapporto con il partito – che rispondeva direttamente e prima di tutto all’insieme dei lavoratori. Piero Ignazi fa risalire tutto ciò all’idea stessa della costruzione di un grande partito di massa nel periodo post-bellico. Il Pci «adotta una strategia di penetrazione ed egemonizzazione negli organismi di massa unitari – dai sindacati alle cooperative, dal movimento per la pace agli organismi studenteschi... L’organizzazione del Pci è sempre stata fonte di orgoglio all’interno, e di ammirazione mista a timore reverenziale per i partiti concorrenti. Il Pci è stato giustamente definito un sistema organizzativo complesso... con vari livelli organizzativi gerarchicamente ordinati; con strutture di base territoriali e funzionali... Il Pci dispone anche di un’ideologia organizzativa, il “centralismo democratico” di derivazione leniniana. Questa concezione prevede che il processo decisionale proceda dall’alto in basso e che ogni iscritto, dopo aver eventualmente manifestato critiche e proposte solo all’interno degli organi del partito, debba adeguarsi СКАЧАТЬ