Naja tripudians. Annie Vivanti
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Название: Naja tripudians

Автор: Annie Vivanti

Издательство: Public Domain

Жанр: Любовно-фантастические романы

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СКАЧАТЬ quelle solitudini, lontano dalla civiltà e da ogni relazione sociale, egli aveva fatto la conoscenza d'un ingegnere francese arrivato laggiù per la costruzione d'una ferrovia. Non era certo una persona oltremodo simpatica, e in altre condizioni ed altri luoghi il timido e riservato Harding non avrebbe mai stretto amicizia con Jean Vital, egoista arrogante e amorale. Ma nelle deserte solitudini di quei luoghi, il sensuale libertino francese e il nordico asceta, affratellati dall'isolamento e dall'esilio, si confidavano ogni pensiero.

      Così avvenne che Harding apprese da Vital, voluttuario impenitente, ch'egli aveva gettato gli occhi su una donna indigena convivente col quartier-mastro dei marinai inglesi. Era questa un bel tipo di donna color rame, dagli occhi languidi ed astuti sotto le palpebre socchiuse. Johnson, il quartier-mastro inglese che la teneva con sè, era dissoluto e brutale.

      Un giorno il francese venne con aria soddisfatta e spavalda a trovare l'amico.

      – Ça marche! – esclamò ridendo; e gettandosi sulla sgangherata poltrona a dondolo, vanto e lusso del bungalow di Harding, incrociò le lunghe gambe nei pantaloni bianchi, trasse di tasca un sigaro e narrò al silenzioso dottore la sua fortuna.

      – Iersera mentre quel bruto di Johnson era assente, sono andato davanti al loro bungalow e ho fischiato. Lei è uscita sulla porta.... e io subito, là.... à la six-quat'-deux!.... le ho schioccato un bacio sulla bocca.

      – Siete imprudente, – disse Harding. – Se quella lo dice a Johnson!

      – Bah! non lo dice, – fece Vital, soffiando verso il soffitto basso e nero una lunga boccata di fumo. – E poi, mio caro, in guerra e in amore, la fortuna è per il temerario. – E ridendo dell'aria preoccupata dell'amico, soggiunse: – E ne vuoi la prova? Stasera un sudicio monello negro m'ha seguito mentre lasciavo il cantiere. Credevo che volesse un soldo e gli ho applicato una pedata. Ma lui ha continuato a seguirmi. Allora ho capito che voleva dirmi qualche cosa.

      Qui Vital fece una pausa a effetto; ma poichè Harding non lo interrogava, proseguì: – E sai che cosa m'ha detto? M'ha detto: «Stasera, dopo le dieci.... Molto scuro.... Capanna solitaria di là dal ponte di San Juan. Venite. Senza rumore, senza luce».

      Harding parve stupito.

      – È possibile? – disse.

      – Eh!… – e il francese si arricciò i baffetti bruni. – Mi pare chiaro!… Cioè, – soggiunse ridendo, – non sarà chiaro, sarà buio. Quel marmocchio mi ha ripetuto tre volte: «Senza luce. Senza rumore e senza luce».

      E senza rumore e senza luce Jean Vital si recò quella notte alla capanna solitaria di là dal ponte di San Juan. Lungo la spiaggia i suoi passi cadevano lievi e silenziosi sulla sabbia; indi volse a destra, traversò il ponte e lasciò dietro di sè le luci del villaggio e la luminosa striscia del mare.

      E ben altro lasciò dietro di sè in quell'ora Jean Vital che i suoi focosi venticinque anni conducevano a perdizione.

      Seguendo la strada, da qualche anno quasi deserta, vide presto, a destra della via, ergersi – ombra sull'ombra – la capanna abbandonata.

      Stava per emettere un breve fischio allorchè ricordò l'ingiunzione del ragazzo: «Senza rumore!» E giunto sulla soglia e spinto l'uscio basso e socchiuso, il buio davanti a lui fu così nero che per istinto cercò in tasca gli zolfanelli.... Ma ecco che gli tornò alla memoria l'ordine tre volte ripetuto dal messaggero: «Senza luce».

      Si tolse la mano di tasca e la tese brancolando innanzi a sè; indi sussurrò a bassissima voce il nome della donna:

      – «Jamana!…»

      Un mormorio inarticolato gli rispose; una mano toccò il suo polso e lo trasse nella capanna.

      Un profumo strano e violento gli tagliò per un istante il respiro. Era come un odore di muschio e di bergamotto; e sotto a quella duplice e forte fragranza vagava un altro aroma, dolciastro, languido, quasi impercettibile....

      Ma la stretta al suo polso – egli la sentiva calda e tremante – lo traeva innanzi e in giù.... il suo piede toccò una stuoia.... e al suo respiro rapido e ansante rispose, lieve, un sospiro....

·······

      L'alba color grigio-perla illuminava fiocamente l'apertura quadrata della finestra, quando un leggero rumore lo svegliò. Prima ancora di ogni altro ricordo, giunse ai suoi sensi assopiti quello strano odore, dandogli una lieve impressione di stordimento.

      Senza aprire gli occhi allungò la mano e toccò accanto a sè una coperta ruvida, un posto vuoto.... Allora aprì gli occhi e vide disegnata sullo sfondo grigio del vano della porta, un'ombra. Era un'ombra femminea, ammantata di scuro, che apriva cautamente l'uscio. Gli parve di non ravvisarla. La chiamò.

      – Jamana!

      Ma la donna non si volse. Spalancò la porta e uscì correndo.

      Vital balzò in piedi, e così qual'era, senza giacca e senza scarpe, le fu dietro colla leggerezza rapida d'una pantera. La raggiunse, la ghermì per le braccia, le strappò dal capo lo scialle nero e la guardò.

      Un urlo gli sfuggì dalla bocca spalancata. Gittò le braccia in aria, e gli occhi parevano schizzargli dalla testa....

      E mentre la donna fuggiva, curva nella polvere, egli ululava, ululava strappandosi i capelli, dilaniandosi le carni, conficcandosi le unghie nella bocca come se volesse strapparsela dal viso. La bocca!…la bocca sua che aveva baciato quell'immonda cosa!…quel volto roso e sfigurato dalla lebbra!

      L'aurora lanciava pel cielo nastri di rosa e veli d'oro, allorchè Jean Vital ritraversò il ponte. Parlava forte da solo; gridava, gesticolando, scotendo i pugni al cielo.

      Andò a battere alla porta del dottor Harding. Questi si alzò da letto per aprirgli. Sulla soglia vide un essere ch'egli dapprima non riconobbe.

      – Lontano!…Stammi lontano – urlò Vital in frenesia, – sono contaminato!

      E stramazzò ai piedi di Harding, e sangue e schiuma gli uscivano dalla bocca lacerata....

·······

      Passò un anno. Non accadde nulla. Durante quell'anno parve a Jean Vital di trattenere il respiro. Non osava guardarsi in uno specchio per paura di vedere le stimmate orrende del morbo. Non osava guardare in faccia alla gente per paura di scorgere a un tratto nei loro occhi la rivelazione spaventosa.

      Passarono due anni. Allora, tremando, egli osò per la prima volta guardarsi in uno specchio. Si trovò magro, con un ciuffo di capelli bianchi sulle tempia, col viso pallido ma d'un pallore chiaro e sano. Allora prese a guardarsi continuamente; si portava intorno uno specchietto e cento volte al giorno se lo toglieva di tasca e si scrutava; si esaminava gli occhi, la bocca, il naso, le gengive, la gola.... Nulla.

      Passarono quattro anni. Passarono cinque anni. – Nulla. Jean Vital riprese a lavorare e a vivere. Era rimasto incolume; era sfuggito al contagio. La sua gioventù, il suo sangue sano avevano trionfato della mostruosa contaminazione.

      Ed era un uomo felice. Il fatto di essere sano, di avere le carni illese, era per lui una fonte di perenne, estatica esultanza; non era la passiva, quasi inconscia, soddisfazione dell'uomo che gode di una salute normale. No; Vital ogni giorno, ogni momento si compiaceva nel constatare che il suo corpo era incorrotto, il suo sangue mondo, terse le carni vigorose; e questa constatazione gli pareva quasi una vittoria sui fati, una conquista personale della sua robusta virilità.

      Passarono otto anni. Vital tornò in Francia. Aveva danari. Pensò a СКАЧАТЬ