Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ ascoltare le preghiere d'Attico di Costantinopoli, e d'Isidoro di Pelusio; e se si crede a Niceforo (l. XIV c. 18) cedette soltanto all'interposizion della Vergine. Negli ultimi anni per altro andava pur susurrando che Gian Grisostomo era stato giustamente condannato (Tillemont, Mém. ecclés. t. XIV, p. 278-282; Baronio, Annal. eccles. A. D. 412, n. 46-64).

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Vedi le particolarità intorno ai loro caratteri nella Storia di Socrate (l. VII, c. 25-28), e intorno alla loro autorità e alle pretensioni, nella voluminosa compilazione del Tomassino (Discipl. de l'Eglise, t. I, p. 80-91)

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Racconta Socrate la Storia del suo avvenimento alla sede episcopale di Costantinopoli, e ne descrive le azioni (l. VII, c. 29-31), e sembra che Marcellino gli adatti le parole di Sallustio, loquentiae satis, sapientiae parum.

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Cod. Theod., l. XVI, tit. 5, leg. 65, cogli schiarimenti del Baronio (A. D. 428, n. 25, etc.); Gotofredo (ad locum), e Pagi (Critica, t. II, p. 208).

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S. Isidoro di Pelusio (l. IV, epist. 57). Le sue espressioni sono energiche o scandalose: τι θανμαζεις ει και νυν περι πραγμα θειον και λογου κρειττον διαφωνειν προσποιουντ αι υπο φιλαρχιας εκβαυχευομενοι, perchè ti maravigli se anche adesso preferiscono di disputare sulle cose divine e sul miglior senso delle parole, accesi dalla smania di dominare. Isidoro è un Santo, ma non fu mai vescovo; e sono tentato a credere che l'orgoglio di Diogene si ponesse sotto i piedi l'orgoglio di Platone.

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La Croze (Christianisme des Indes, t. I, pag. 44-53, Thesaur. epist. t. III, p. 276-480) ha scoperto l'uso delle parole ὁ δεσποτης e ὁ κυριας Іησους, il padrone e il Signore Gesù, le quali nel quarto, quinto e sesto secolo distinsero la scuola di Diodoro di Tarso da quella dei suoi discepoli Nestoriani.

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Θεοτοκος, Deipara, come, nella zoologia si dice degli animali ovipari o vivipari. Non è facile il decidere in quale epoca s'inventasse quella parola che La Croze (Christian. des Indes, t. I, p. 16) attribuisce ad Eusebio di Cesarea, ed agli Ariani. S. Cirillo e Petavio arrecano testimonianze ortodosse (Dogmat. theolog. t. V, c. 15, p. 254 etc.); ma si può contrastare sulla veracità di S. Cirillo; e l'epiteto θεοτοκος facilmente ha potuto dal margine passar nel testo d'un manuscritto cattolico.

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Basnagio nella sua storia della Chiesa, opera di controversia. (t. I, p. 505) giustifica la Madre di Dio pel sangue (Atti, XX, 28, colle varie lezioni di Mill); ma i manoscritti greci son ben altro che concordi; e l'espression primitiva del sangue del Cristo si è conservata nella version siriaca, anche nelle copie di cui si valgono, i Cristiani di S. Tommaso sulla costa del Malabar (La Croze, Christian. des Indes, t. 1, p. 347). La gelosia fra i Nestoriani e Monofisiti ha mantenuta la purezza del loro testo.

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Il Credo, disteso nel Concilio generale II di Costantinopoli l'anno 381 ha l'espressione natus ex Maria Virgine, e ciò è lo stesso, che Deipara cioè partoriente Dio, o Madre di Dio; ed avendo prima il Concilio generale I di Nicea l'anno 325 fissato definitivamente contro gli Ariani essere Gesù Cristo della stessa sostanza del Padre, consubstantialem, cioè essere Dio, ne viene che al tempo, cioè l'anno 429-431, del Patriarca di Costantinopoli Nestorio, che negò fermamente essere Maria Madre di Dio, ed affermò essere essa soltanto Madre di Gesù Cristo uomo, era già stata sanzionata e autorizzata dalla Chiesa, cioè dal Concilio ortodosso generale II di Costantinopoli, l'espressione Madre di Dio. Nestorio poi fu condannato, deposto, ed esiliato dal Concilio generale III, e d'Efeso I l'anno 431, la quale condanna, deposizione, ed esilio con zelo promosse, e sollecitò l'altro Patriarca d'Alessandria S. Cirillo mentovato di sopra. (Nota di N. N.)

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Se, come abbiamo veduto in altra nota, S. Pietro riconobbe la divinità di Gesù Cristo affermandolo figlio di Dio, e se l'Evangelo dice che Gesù Cristo è nato da Maria non per opera d'uomo, ma dello Spirito Santo, ne viene la chiara conseguenza, che S. Pietro, e gli altri Apostoli con lui, abbiano riconosciuto Maria per Madre di Dio, essendo seguita l'incarnazione della divina Natura, sebben l'identiche parole Madre di Dio, non sian nell'Evangelo. (Nota di N. N.)

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Di già i Pagani dell'Egitto si facean beffe della nuova Cibele[*] dei Cristiani (Isidoro, l. I, epist. 54). Si formò in nome d'Ipazia una lettera che volgeva in ridicolo la teologia del suo assassino (Synodicon, c. 216, nel quarto t. concil. p. 484). All'articolo Nestorio, Bayle espone sul culto della Vergine Maria qualche massima d'una filosofia alquanto rilassata.

* Sarà vero che i Pagani si burlassero di Maria Vergine Madre di Dio; erano Pagani, cioè Politeisti, e perciò non è maraviglia; ma che ha a fare Cibele, di cui vedesi la leggenda in tutti i Dizionari di Mitologia, Deità dei Politeisti e dei poeti, con Maria Vergine Madre di Dio? Queste due idee sono affatto incompatibili, ed il farne l'associazione è un assurdo del pari indegno, che insussistente. (Nota di N. N.)

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L'αντιδοσις dei Greci, vale a dire un prestito, od una traslazione reciproca degli idiomi, o delle proprietà d'una natura all'altra, dell'infedeltà all'uomo, della passibilità a Dio ec. Petavio pone dodici regole su questa materia sommamente delicata (Dogmat. theolog., t. V, l. IV, c. 14, 15, p. 209, etc.).

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Vedi Ducange, C. P. Christiana, l. I, p. 30 etc.

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Il decreto del Papa Celestino non fu illegale, perchè poteva assumere il giudizio intorno a un domma (che se non rimanesse fermo, non esisterebbe più rivelazione, nè religione cristiana, nella parte dommatica), e poi giudicò unitamente al suo Concilio provinciale de' Vescovi; e cotale giudizio non fece che combinare con quello che poco dopo diede il Concilio generale III, e d'Efeso I; non fu neppure precipitato, perchè Celestino esaminò la materia, e nel giudicare concorse il suo Concilio provinciale di cui era particolarmente il Capo. (Nota di N. N.)

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Concil., t. III, p. 943. Mai non furono approvati direttamente dalla Chiesa; (Tillemont, Mém. ecclés., XIV, 368-372) e quasi mi fan compassione le convulsioni di rabbia e di sofisma, da cui sembra agitato Petavio nel sesto libro dei suoi Dogmata theologica.

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Posso citare il giudizioso Basnagio (ad. t. I, Variar. Lection. Canisii in praefat., c. 2, p. 11-23) e La Croze, dotto universale (Christianisme des Indes, t. I, p. 16-20, de l'Ethiopie, p. 26, 27; Thesaur. epist. p. 176, ec., 283-285). Il suo libero parere su questo punto è confermato da quello de' suoi amici, Iablonski (Thesaur. epist. t. I, p. 193-201), Mosemio (id. p. 304, Nestorium crimine caruisse est et mea sententia); e non sarebbe agevol cosa trovare tre giudici più rispettabili. Assemani, pieno di sapere, ma ligio modestamente alle autorità, a gran pena può scoprire (Bibliot. orient. t. IV, p. 190-224) il delitto e l'errore dei Nestoriani.

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Sull'origine, e sui progressi della controversia di Nestorio fino al Concilio d'Efeso si trovano alcune particolarità in Socrate (l. VII. c. 32), in Evagrio (l. I, c. 1, 2), in Liberato (Brev., c. 1-4), negli Atti originali (Concil., t. III, p. 551-591, ediz. di Venezia, 1728), negli Annali di Baronio e di Pagi, e nelle fedeli Raccolte di Tillemont (Mém. eccles., t. XIV, p. 280-577).

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I Cristiani de' quattro primi secoli ignoravano come il luogo della morte, così quello della Sepoltura di Maria. Il Concilio, di cui qui favelliamo conferma la tradizione d'Efeso, che si credea posseditrice del suo corpo. (Ενθα ὅ θεολογος Іωαννης, και η θεοτοκος παρθενος η αγια СКАЧАТЬ