Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ dominio, che sognano di quel mare: essere per ragion delle genti la navigazion libera e molto meno potersi pretendere di vietarla all'armata del Re Cattolico, che non conosce superiore alcuno nel Mondo. A questi tempi e per tali occasioni, narrasi, che il Marchese di Bedmar Ambasciadore del Re Cattolico in Venezia, per toccar più sensibilmente i Vineziani, avesse fatto comporre da M. Velsero, o come altri tengono da Niccolò Peireschio, (ciò che parimente si suspica da quel che Gassendo ne scrisse nella di lui vita) quel libro intitolato: Squittinio della libertà Veneta. Questo libro acerbamente trafisse i Vineziani, li quali con difficoltà poterono trovar altro condegno Scrittore, che lo confutasse; e che finalmente non trovando altri, vi facessero rispondere da Teodoro Grass-Winckd Olandese, il quale ne compose un opposto, col titolo: Majestas Reipublicae Venetae; siccome da poi fecero Scipione Errico e Raffael della Torre Genovese.

      (Burcardo Struvio19, ciò che conferma nel Syntagm. Juris publici Imp. R. G. cap. 2 §.17, scrisse il vero Autore di questo libro essere stato Alfonso della Queva; e dirà vero, se intende che costui, il quale era lo stesso che il Marchese di Bedmar allora Ambasciadore dei Re Cattolico in Venezia, desse commissione a M. Velsero, o ad altri di comporlo, ma non già ch'egli dettato l'avesse o composto.)

      (Narrasi che il Doge di Venezia avendo data commessione a Fra Paolo Sarpi, il quale avea sì bene e dottamente confutate tante scritture uscite in difesa di Paolo V, in quella briga che prese colla Repubblica, che rispondesse anche a questo libro; Fra Paolo saviamente considerando l'arduità dell'impresa, gli avesse risposto: Serenissime, ne moveas Camarinam, immotam hanc exepedit esse.)

      Scrisse parimente l'Ossuna una grave lettera al Pontefice Paolo V rappresentandogli le soverchierie dei Vineziani e la necessità, ond'era stato costretto alle spedizioni da lui fatte nell'Adriatico, e punto di ciò che coloro gli addossavano d'aver amistà ed intelligenza col Turco, gli diceva che gli Spagnuoli non avean avuta mai tregua nè pace, com'essi, col Turco, e che la guerra, che egli ad essi faceva, non era contra Cristiani, perch'essi non erano tali, se non nel nome; poichè avendogli nelle contese passate negata l'ubbidienza, perdendogli il rispetto, non potevano dirsi Cattolici; e molto più per aver discacciata da' loro Stati una Religione cotanto esemplare e zelante del servigio di Dio, quanto era quella della Compagnia di Gesù: pagando, oltre a ciò, gli Eretici di Francia, che tengono nel servizio del Duca di Savoja, e gli Eretici d'Olanda, che tengono stipendiati nelle loro armate ed eserciti, profanando le Chiese delle Terre dell'Arciduca, e che per ciò lui desiderava sapere di che Religione essi erano, e se fossero forse Cristiani, come sono li Mori e gli Eretici.

      Ma mentre tra l'Ossuna, ed i Vineziani le contese erano nel maggior fervore, non si tralasciavano i trattati di pace, la quale trasferita di Spagna in Francia, finalmente si conchiuse in Parigi e si distese in Madrid, dove si conchiusero le condizioni d'essa, accettate dalla Repubblica; onde alle doglianze, che il di lei Ambasciadore fece alla Corte di Madrid contra l'Ossuna, comandò il Re al medesimo, che restituisse al Ministro della Repubblica residente in Napoli li vascelli e le merci.

      Non meno al Toledo Governador di Milano, ed al Marchese di Bedmar Ambasciadore del Re Cattolico in Venezia, che all'Ossuna dispiacque questa pace, e proccuravano a tutto potere porre ostacoli in eseguire le condizioni; ma sopra ogni altro l'Ossuna, col pretesto, che i Vineziani fabbricavano un Forte a S. Croce, pubblicava per ciò di voler invadere di nuovo il Golfo; ed all'ordine venutogli di render i Legni e le merci, si mostrò pronto di ubbidire solamente in quanto a consegnare i Legni a Gaspare Spinelli Residente della Repubblica, ma non già interamente le merci, dicendo, che gran parte di quelle s'erano acquistate al Fisco Regio, per appartenersi ad Ebrei, ed a Turchi nemici della Corona di Spagna: onde non volendo ricevere il Residente il resto offertogli, si venne di nuovo alle invasioni; ed il Duca inviò con diciannove Navi da guerra di nuovo nell'Adriatico Francesco Rivera. Non minori difficoltà frapponeva il Governador di Milano all'esecuzione per ciò che s'apparteneva dal suo canto; onde il Pontefice, i Franzesi e gli altri Principi frappostisi per farli quietare, estorsero dal Marchese di Bedmar, che desse parola al Senato Veneto, che tutto sarebbesi restituito. Ma con tutto ciò sempre sorgevano nuovi ostacoli, finchè finalmente datasi esecuzione in Piemonte ed in Istria alla pace, ritirossi il Rivera nel Porto di Brindisi coll'armata; ed i Vineziani ora più che mai esclamando nella Corte di Madrid contra l'Ossuna, ottennero da quella, che, tolto da mezzo il Vicerè, l'affare della restituzione de' Legni e delle merci fosse commesso al Cardinal Borgia, con ordine, che lo componesse insieme con Girolamo Soranzo Ambasciadore della Repubblica in Roma.

      Ma nel nuovo anno 1618 si scoprirono le cagioni, ond'avveniva, che non ostante la pace, l'Ossuna, il Toledo e la Queva tenevan sempre Legni armati nei Porti dell'Adriatico, li quali non tralasciavano di scorrer il mare, e con ciò tener solleciti i Vineziani, onde sovente sortivano delle rappresaglie ne' Porti con gravi doglianze de' Napoletani, che rappresentarono in Ispagna i danni, che per ciò soffrivano. Tutto nasceva dall'esito che s'attendeva d'una congiura, che il Marchese di Bedmar maneggiava in Venezia, con participazione dell'Ossuna e del Toledo. Avea il Marchese tentato in Venezia tutte le arti per accrescersi partigiani, proccurando ancora di sviar molti dall'insegne e servizio della Repubblica, e d'introdurne degli altri per valersene all'occasione. Tra questi principalmente l'Ossuna inviò un tal Jacques Pierre, Franzese di Normandia e Corsaro di professione, ma di spirito grande. Costui, finti coll'Ossuna disgusti, mostrò di voler vendicarsi, passando al servizio della Repubblica, e con facilità vi fu accolto con un compagno chiamato Langlad, perito in maneggio di fuochi. L'Ossuna, mostrandosi di ciò fieramente sdegnato, faceva custodire la moglie del Pierre, e con lettere finte proponendogli gran premj, lo richiamava al servizio. Egli all'incontro, per rendersi accetto in Venezia, mostrava le lettere istesse, proponeva molte cose speziose, simulava di propalar i disegni del Vicerè, e suggerire i mezzi per contrapporvisi. Conciliata per tanto gran confidenza, s'introdusse col Langlad nell'Arsenale ad esercitar la sua arte. In occulto teneva poi con la Queva congressi, e di continuo secretamente passavano a Napoli corrieri e spie, avendo intanto aggregati alcuni Borgognoni e Franzesi al lor partito. Il concerto era, che sotto un Inglese, chiamato Haillot, l'Ossuna spingesse alcuni bergantini e barche, capaci d'entrare ne' Porti e Canali, de' quali avevano per tutto preso la misura ed il fondo: dovevano poi seguitare più grossi vascelli, per gittar l'ancore nelle spiagge del Friuli, sotto il calor de' quali, e nella confusione, che i primi erano per apportare nel Popolo, i congiurati s'aveano divisi gli uffici, il Langlad di dar fuoco nell'Arsenale, altri in più parti della Città; alcuni manometter la zecca, prender i posti più principali, trucidar i nobili, e tutti d'arricchirsi con dare alla Città spaventevol sacco.

      Ma mentre i bergantini s'apprestavano per unirsi insieme, alcuni furono presi da Fuste Corsare, altri dissipati da fiera tempesta; onde non potendo i congiurati raccogliersi al tempo concertato, loro convenne differire l'esecuzione al prossimo Autunno. Il Pierre ed il Langlad, comandati a salire sopra l'armata, non poterono negare di partire col Capitan Generale Barbarigo. Gli altri, rimasi in Venezia, non cessavano di ruminar i modi dell'esecuzione, impazientemente attendendone il tempo; ma frequentandosi tra loro i discorsi, e per aggregarsi compagni, dilatandosi tra altri delle loro nazioni la confidenza ed il segreto; Gabriele Montecasino e Baldassar Juven, gentiluomini, quegli di Normandia e questi del Delfinato, discoprirono al Consiglio de' Dieci il concerto: carcerati per ciò alcuni cospiratori, restò il tradimento comprovato, e da scritture che si trovarono, e dalla confessione de' medesimi rei, che ne pagarono con pubblico e severo supplicio la pena: alcuni però, dall'arresto de' compagni, si sottrassero colla fuga, ricorrendo al loro asilo, ch'era appunto l'Ossuna; ma il Pierre ed il Langlad, per ordine spedito al Capitan Generale, furono affogati nel mare. La Città di Venezia inorridì allo scoprimento di tal congiura, ed al pericolo corso di veder ardere i Tempj e le case; onde il Marchese di Bedmar, che era riputato il direttore ed il ministro di così pravi disegni, vedendosi in grande pericolo di essere dal furore del Popolo sagrificato al pubblico sdegno, deliberò ritirarsi nascostamente a Milano. Aveva già il Senato con espresso corriere risolutamente richiesto al Re Filippo, che lo rimovesse; onde disapprovandosi dalla Corte di Madrid, essendo solito, che a' Principi, di tali negoziati piacciano più gli effetti che i mezzi, fu all'Ambasciador Veneto risposto, che già essendosi destinato al Queva Luigi Bravo per successore, СКАЧАТЬ



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Bibliot. Hist. cap. 21 § 29.