Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ nel qual anno morì in Barzellona, e perchè non finissero qui di travagliare i Franzesi questo Regno, trasfuse le sue ragioni, nella maniera che diremo più innanzi, a Luigi ed a Carlo Re di Francia.

      CAPITOLO II

      Nozze d'Alfonso Duca di Calabria con Ippolita Maria Sforza figliuola del Duca di Milano; di Elionora figliuola del Re con Ercole da Este Marchese di Ferrara; e di Beatrice altra sua figliuola con Mattia Corvino Re d'Ungheria. Morte del Pontefice Pio II, e contese insorte tra il suo successore Paolo II ed il Re Ferrante, le quali in tempo di Papa Sisto IV successore furon terminate

      Da poi che il Re Ferdinando ebbe trionfato di tanti suoi nemici, e ridotto il Regno sotto la sua ubbidienza, pensò ristorarlo da' preceduti danni, che per lo spazio di sette anni di continua guerra l'aveano tutto sconvolto e posto in disordine, ma prima d'ogni altro, per maggior precauzione, volle fortificarsi con nuovi parentadi, e mandare in esecuzione il trattato, che molti anni prima avea tenuto col Duca di Milano, di sposare il Duca di Calabria con Ippolita sua figliuola; onde nella primavera di quest'anno 1464 inviò Federico suo secondogenito con 600 cavalli in Milano a prender la sposa.

      Federico giunto a Milano sposò in nome del fratello Ippolita, che dopo partita da Milano, e dopo essersi trattenuta per due mesi a Siena, passata indi a Rema, giunse finalmente in Napoli, ove con molta pompa fu ricevuta da Alfonso suo marito, e si fecero dal Re celebrare molte feste e giuochi. Alcuni anni appresso fu conchiuso il nuovo parentado con Ercole da Este Marchese e poi Duca di Ferrara, al quale il Re sposò Elionora sua figliuola, e fu dal Duca mandato a Napoli Sigismondo suo fratello a pigliar la sposa, che il Re mandò accompagnata dal Duca d'Amalfi e sua moglie, dal Conte d'Altavilla Francesco di Capua, e dalla Contessa sua moglie, dal Conte e Contessa di Bucchianico, dal Duca di Andria e da altri Signori.

      Fu poi conchiuso anche il matrimonio di Beatrice con Mattia Re d'Ungheria; e venuto il tempo, che la sposa dovea essere condotta al marito, fu ordinata la sua coronazione avanti la Chiesa dell'Incoronata, ove eretto un superbissimo teatro, vi venne il Re con veste regali, e corona in capo accompagnato da' suoi primi Baroni: poco appresso vi giunse Beatrice, la quale con gran pompa fu coronata Regina d'Ungheria per mano dell'Arcivescovo di Napoli Cardinale Oliviero Caraffa accompagnato da molti Vescovi; ed il dì seguente, avendo la nuova Regina cavalcato per tutti i Seggi della città colla corona in testa accompagnata da tutto il Baronaggio, partì poi da Napoli in comitiva de' Duchi di Calabria e di S. Angelo suoi fratelli, e giunti in Manfredonia, imbarcatisi su le Galee di Napoli, si condussero in Ungheria. Con questi Signori s'accompagnarono ancora alcuni nostri Avvocati, li quali, siccome narra Duareno, colli loro intrighi e sottigliezze invilupparono l'Ungheria d'inestricabili liti: tanto che bisognò pensare d'allontanargli da quel Regno, perchè si restituisse nel primiero stato di pace e di quiete.

      Tutte queste feste furono interrotte da' lutti, che portò la morte della Regina Isabella, donna d'esemplare vita e di virtù veramente reali. Fu compianta da tutti, e con pomposissime esequie fu il cadavere portato in S. Pietro Martire, ove ancor si vede il suo sepolcro.

      Ma maggiori disturbi avea recato al Re Ferdinando la morte del Pontefice Pio, accaduta a' 14 agosto del 1464, la quale nel medesimo anno fu accompagnata da quella del Duca di Milano, e poi seguìta da quella di Giorgio Castrioto Signor d'Albania, suoi maggiori amici e grandi fautori; poichè rifatto in luogo di Pio il Cardinal di S. Marco Veneziano, che Paulo II volle chiamarsi; questi di natura avarissimo cominciò a premere il Re Ferdinando, che gli pagasse tutti i censi decorsi, che dovea alla sua Chiesa, li quali per più anni non s'eran pagati; e Ferdinando, il quale aggravato per le eccessive spese della passata guerra, era rimase esausto di denari, non solo si scusò di potergli pagare, ma richiese al Pontefice di doverglieli rilasciare. E da quest'ora si sarebbe venuto a manifesta discordia, se il Papa volendo abbassare i figliuoli del Conte dell'Anguillara, non avesse avuto bisogno del Re, al quale ebbe ricorso, perchè gli mandasse le sue truppe, ciò che Ferdinando fece assai volentieri. Ma terminata l'impresa con li fratelli dell'Anguillara, queste differenze, che per alcun tempo erano rimase sopite, risursero di bel nuovo; poichè il Papa tornando a richiedere con maggior acerbità i censi di quello che avea fatto prima, obbligò il Re a dichiararsi, che non solo pretendeva, che i censi si dovessero rilasciare, anche per cagion delle spese, che ultimamente avea fatte in dargli soccorso; ma che per l'avvenire il censo, che prima importava ottomila once l'anno, si dovesse minorare; poichè prima questo censo si pagava non meno per lo Regno di Napoli, che per quello di Sicilia: onde possedendosi la Sicilia dal Re Giovanni d'Aragona suo zio, e non da lui, non era dovere ch'egli pagasse l'intero censo. Il Papa dall'altra parte esagerava gli ajuti, che il Re avea avuti dal suo predecessore, il quale gli avea salvato il Regno, ed allegava l'investiture date con questa legge, ed i tanti meriti della Chiesa15. E portandosi le querele or dall'uno ora dall'altro, ciascheduno aspettava congiuntura di coglier il tempo opportuno per far valere le sue ragioni; ma Ferdinando per farlo piegare a' suoi voleri, pose in campo un'altra pretensione, e faceva premurose istanze che se gli restituissero quelle Terre, che il Papa possedeva, le quali erano dentro i confini del Regno, cioè, Terracina in Terra di Lavoro e Cività Ducale, Acumoli e Lionessa nell'Apruzzo a' confini dello Stato della Chiesa; e ciò in vigore dell'accordo fatto nel 1443 da Papa Eugenio IV col Re Alfonso suo padre; come ancora pretese la restituzione di Benevento, la quale egli avea restituita al Pontefice Pio suo buon amico, e non volea che di vantaggio se la godesse ora un Pontefice a se sospetto ed odioso. Il Papa vedendo inasprito l'animo del Re, nè potendo colle forze e con altri maneggi resistergli, mandò subito in Napoli il Cardinal Rovarella suo Legato a placare il Re, il quale adempì così bene la sua incumbenza, che per allora non si parlò più di censi decorsi, nè di restituzione di quelle Terre.

      Sursero poi fra di loro alcune altre contese per la difesa de' Signori della Tolfa, perchè il Papa pretendendo, che l'alume di rocca, che quivi nasce, fosse sua, assediò quel luogo: ma sopraggiunto l'esercito del Re, si posero subito le genti del Papa in fuga, lasciando l'assedio16. Le contese ch'ebbero i nostri Re co' Pontefici romani intorno quest'alume, furon sempre acerbe e continue; non pure nella Tolfa, ma anche ne' campi di Pozzuoli e d'Agnano, ebbero i Papi pretensione, che l'alume, che si fa in questi luoghi, spettasse alla Sede appostolica, delle quali controversie trattò il Chioccarello nel volume 21 de' suoi M. S. Giurisdizionali. La morte poi seguìta a 25 luglio del 1471 del Pontefice Paolo, e l'esaltazione in quella Cattedra a' 9 agosto del Cardinal Francesco della Rovere, che fu chiamato Sisto IV fece cessare tutte queste discordie; poichè Papa Sisto, purchè non si parlasse più delle pretensioni di Ferdinando, spedì al medesimo nel 1475 una Bolla, rapportata dal Chioccarello17, nella quale gli rimette tutti i censi, e che durante la sua vita non fosse obbligato pagarglieli; ma, invece del censo, fosse obbligato mandargli ogni anno, per cagion dell'investitura, un palafreno bianco e ben guarnito18, e conoscendo quanto questo Pontefice fosse di grande spirito, volle il Re apparentar con lui, e diede il Ducato di Sora (che avea tolto a Giovan Paolo Cantelmo) ad Antonio della Rovere, col quale poi collocò Caterina figliuola del Principe di Rossano, nata da Dionora d'Aragona sua sorella.

      CAPITOLO III

      Splendore della Casa Reale di Ferdinando, il quale, pacato il Regno, lo riordina con nuove leggi ed istituti: favorisce li Letterati e le lettere; e v'introduce nuove arti

      Ferdinando, calcando le medesime pedate del Re Alfonso suo padre, ora che si vide il Regno tutto placido e tranquillo, non trascurò in questi anni di felicità e di pace, di ordinarlo, di arricchirlo di nuove arti, di fornirlo di provide leggi ed istituti, e d'uomini letterati ed illustri in ogni sorte di scienze, e sopra tutto di Professori di legge civile e canonica; onde avvenne, che nel suo Regno, oltre lo splendore della sua casa Regale, cotanto presso di noi fiorissero i Giureconsulti e le lettere. E certamente Napoli videsi a questi tempi in quella floridezza che fu nel regno di Carlo II d'Angiò, per li tanti Reali, che adornavano il suo Palazzo. Ebbe Ferdinando non meno che Carlo, molti figliuoli, che illustrarono СКАЧАТЬ



<p>15</p>

Platina in Paulo II.

<p>16</p>

Summ. tom. 3, p. 474.

<p>17</p>

Chioccar. I. M. S. Giurisd.

<p>18</p>

Platin. in Sixto IV. Summ. tom. 3 pag. 490.