Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ e perchè di passo in passo, da Sanseverino fino in Calabria erano Terre sue, o del Conte di Capaccio, o del Corte di Lauria, o di altri seguaci di casa sua, quanto camminò fino a Cosenza, ridusse a divozione del Re. Fu presa Cosenza e saccheggiata: Scigliano, Martorano e Nicastro si resero: Bisignano fu preso a forza, ed in breve quasi tutta quella provincia tornò alla fede del Re.

      Il Pontefice Pio mandò Antonio Piccolomini suo Nipote in ajuto del Re con mille cavalli e cinquecento fanti, che gli ricuperò Terra di Lavoro. Nel medesimo tempo il Duca di Milano mandò nuovo soccorso, col quale nell'Apruzzo ridusse molte Terre alla sua ubbidienza. Il Re passò in Puglia per dare il guasto al paese di Lucera, ove era il Duca Giovanni con buon numero di gente, aspettando il Principe di Taranto. Si resero a lui Sansevero, Dragonara e molte altre Terre del Monte Gargano: e finalmente prese S. Angelo, dove trovò ridutte tutte le ricchezze della Puglia. Fu saccheggiato con ogni spezie di avarizia e di crudeltà, ed il Re sceso alla Chiesa sotterranea di quel famoso Santuario, trovò gran quantità d'argento e di oro, non solo di quello, ch'era stato donato per la gran devozione al Santuario, ma di quello, ch'era stato portato ivi in guardia da Sacerdoti delle Terre convicine. Il Re fattolo annotare se lo prese, promettendo dopo la vittoria restituire ogni cosa, e di quell'argento fece subito battere quella moneta, che si chiamava li Coronati di S. Angelo; che gli giovò molto in questa guerra.

      (Questa moneta pur trovasi impressa dal Vergara Tab. XXIII n. 4, nella quale da una parte è l'immagine di Ferdinando e dall'altra quella dell'Arcangelo Michele, col motto IVSTA TVENDA: per iscusarsi, che la necessità di difendere lo Stato l'obbligò a valersi degli Argenti di quel Santuario).

      Sopraggiunse ancora in questo stato di cose al Re Ferdinando un altro improviso ajuto, poichè venne da Albania a soccorrerlo con un buon numero di navi, con settecento cavalli e mille fanti veterani Giorgio Castrioto cognominato Scanderbecch, uomo in quelli tempi famosissimo per le cose da lui adoperate contra Turchi. Costui, ricordevole, che pochi anni avanti, quando il Turco venne ad assaltarlo in Albania, dove e' signoreggiava, Re Alfonso gli avea mandato soccorso; avendo inteso, che Re Ferdinando stava oppresso da tanta guerra, volle venire a questo modo a soccorrerlo, e la venuta sua fu di tanta efficacia che fece diffidar i suoi nemici d'attaccarlo.

      Il Cardinal Rovarella Legato appostolico, che stava in Benevento, fece pratica di tirare dalla parte del Re Orso Orsino; e poco da poi il Marchese di Cotrone si riconciliò col Re, ed il simile fece il Conte di Nicatro.

      Alfonso Duca di Calabria primogenito del Re, che non avea più che quattordici anni, fu mandato dal padre sotto la cura di Lucca Sanseverino ad interamente sottomettere la Calabria, il quale mostrandosi dalla sua puerizia quello, che avea da essere nell'età perfetta, con somma diligenza ed audacia perfezionò l'impresa. Dall'altro canto il Re debellò i suoi nemici in Capitanata, prese Troja e ridusse quella provincia interamente alla sua fede; onde gli altri Baroni, vedendo posta in tanta grandezza la casa del Re, ed in tanta declinazione la parte Angioina, venivano a trovarlo e rendersegli, come fece Giovanni Caracciolo Duca di Melfi.

      Il Principe di Taranto vedendo finalmente, che non restava altro di fare al Re, che venire ad espugnarlo, deliberò di mandare a domandargli pace13: Ferdinando non la ricusò, e mandò Antonello di Petruccio suo Segretario col Cardinal Rovarella Legato del Papa a trattare le condizioni con gli Ambasciadori del Principe, fra le quali fu convenuto, che il Principe avesse da cacciare da Puglia e da tutte le Terre sue il Duca Giovanni. Il Principe si ritirò in Altamura, dove poco da poi morì, non senza sospetto, che il Re l'avesse fatto strangolare.

      Solo rimaneva da ridurre Terra di Lavoro di là dal Vulturno e l'Apruzzo, ove il Duca Giovanni s'era fortificato ed il Principe di Rossano. Fu pertanto guerreggiato a Sora, dove le genti del Papa, ancorchè sollecitate da Ferdinando per l'assalto, non si vollero movere; con iscoprire la cagione, dicendo, che il Papa non gli avea mandati a dare ajuto al Re, perchè più non bisognava, essendo tanto estenuato lo stato del Duca d'Angiò, ma solamente perchè pretendeva, che 'l Ducato di Sora, il Contado d'Arpino e quello di Celano, essendo stati un tempo della Chiesa romana, dovessero a quella restituirsi. Il Re per non intrigarsi a nuove contese, prese espediente di dare in nome di dote il Contado di Celano ad Antonio Piccolomini nipote del Papa, e suo genero, con condizione, che riconoscesse per supremo Signore il Re; e morto poi Papa Pio, con la medesima condizione diede il Ducato di Sora ad Antonio della Rovere nipote di Papa Sisto. Finalmente il Principe di Rossano mandò pure a trattare la pace, e per mezzo del Cardinal Rovarella fu conchiusa, con condizione per maggior sicurtà, che si dovesse fermare con nuovo vincolo di parentado, cioè, che il Re desse a Giovan Battista Marzano figliuolo del Principe, Beatrice sua figliuola, che poi fu Regina d'Ungheria, la quale fu subito mandata a Sessa ad Elionora Principessa di Marzano come pegno di sicurtà e di certa pace. Ma non passò guari, che il Principe fu fatto incarcerare dal Re, il quale avendo mandato a pigliar subito il possesso di tutto il suo Stato, fece venire in Napoli la Principessa, e li figli insieme con la figliuola sua, ch'avea promessa per moglie al figliuol del Principe.

      Il Duca Giovanni vedendosi tolti i suoi partigiani, s'accordò col Re d'andarsene dove gli parea, e gli fu data sicurtà, e se n'andò in Ischia; ed il Re, dopo avere interamente ridotta tutta la Puglia, l'Aquila e tutto l'Apruzzo a sua divozione, non gli restava altro, che l'impresa d'Ischia, ove erasi ritirato il Duca d'Angiò, che veniva guardata da otto galee, le quali ogni dì infestavano anche Napoli; nè potendo il Re venirne a capo, fu necessitato mandare in Catalogna al Re Giovanni d'Aragona suo zio, per far venire Galzerano Richisens, con una quantità di galee di Catalani per finire in tutto queste reliquie di guerra; onde il Duca vedendo tutti i partigiani suoi, o morti o prigionieri o in estrema necessità, deliberò partirsi dal Regno, ed imbarcato con due galee, se n'andò in Provenza: dopo la di cui partita essendo venuta l'armata de' Catalani, fu dal Toreglia, che comandava l'Isola, proposto trattato per mezzo di Lupo Ximenes d'Urrea Vicerè di Sicilia, di renderla; ma perchè il Re Alfonso avea fatta Ischia colonia de' Catalani, dubitando il Re Ferdinando, che costoro non alzassero le bandiere del Re d'Aragona suo zio, e lo facessero pensare all'impresa del Regno, si contentò fare larghissimi patti al Toreglia, con liberar Carlo suo fratello, che poc'anzi avea fatto prigione, e dargli cinquantamila ducati, e restituirgli due galee, che avea prese: ciò che fu subito eseguito, e Ferdinando rimase padrone dell'isola.

      Scrive Giovanni Pontano, che nel partir il Duca Giovanni dal Regno, lasciò ne' Popoli, e massimamente appresso la Nobiltà un grandissimo desiderio di se, perch'era di gentilissimi costumi, di fede e di lealtà singolare, e di grandissima continenza e fermezza, ottimo Cristiano, liberalissimo, gratissimo, ed amatore di giustizia, e sopra la natura de' Franzesi grave, severo e circospetto. Per tante virtù di questo Principe si mossero molti Cavalieri del Regno a seguire la fortuna sua, ed andare con lui in Francia, tra' quali furono il Conte Nicola di Campobasso, Giacomo Galeotto, e Roffallo del Giudice: e questi due salirono in tanta riputazione di guerra, che 'l Galeotto fu generale del Re di Francia alla battaglia di S. Albino, dov'ebbe una gran vittoria14; e Roffallo nella guerra del Contado di Rossiglione Generale del medesimo Re in quella frontiera contra 'l Re d'Aragona, dove fece molte onorate fazioni; ed il Re gli diede titolo di Conte Castrense.

      Ma il Duca Giovanni, come fu giunto in Provenza, non stette in ozio, perchè fu chiamato da' Catalani, ch'erano ribellati al Re Giovanni d'Aragona, il che aggiunse felicità alla felicità del Re Ferdinando I, perchè s'assicurò in un tempo di due emoli, del Duca Giovanni e del Re Renato suo padre e del Re d'Aragona, che si tenea per certo, che se non avesse avuto quel fastidio del Duca Giovanni, avria cominciato a dare al Re Ferdinando quella molestia, che diede poi al Re Federico il Re Ferdinando il Cattolico, che a lui successe. Il Contado di Barzellona erasi ribellato contro Re Giovanni, ed avea chiamato Re Raniero per Signore, nato da una sorella del Re Martino d'Aragona, il quale avea le medesime ragioni sopra quello Stato, e sopra i Regni d'Aragona e di Valenzia, che avea avuto il padre del Re Alfonso e di esso Re Giovanni, ch'era nato dall'altra sorella. Il nostro Re Ferdinando avvisato di ciò, mandò alcune compagnie di uomini d'arme in Catalogna in soccorso del zio, ed il Duca Giovanni da poi che partì dall'impresa del Regno, arrivato in Francia, subito andò a quella impresa, come СКАЧАТЬ



<p>13</p>

Ricc. lib. 4, Hist. Regn. Neap.

<p>14</p>

Costanzo lib. 20.