Il peccato di Loreta. Boccardi Alberto
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il peccato di Loreta - Boccardi Alberto страница 4

Название: Il peccato di Loreta

Автор: Boccardi Alberto

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

Серия:

isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/27158

isbn:

СКАЧАТЬ un rigo del vostro arrivo? Sarei venuto io a Udine per vedervi, Eppoi vi dobbiamo fare un grande rimprovero. Ci avete lasciato per tanto tempo senza vostre notizie…

      –Eh! forza maggiore, amici miei; non certo mancanza di volere. Sono settanta suonati e un viaggio così lungo, con tanti pensieri…

      –Avete dovuto affaticarvi assai?

      –Sì, molto. Ma ne sono contento: ho trovato così buone accoglienze! Però quanto m'è toccato di correre in quella benedetta Roma! Da un ufficio all'altro, da una parte all'altra della città… Certe distanze! Ma poco monta. La morale è di aver ottenuto quel che speravo.

      –È una bella soddisfazione, Prè Letterio! – disse la signora Chiara. – Come i vostri poverelli vi dovranno benedire!

      –Sono i miei figliuoli! Se il buon Dio mi consente di provvedere al loro bene, a me non resta altro da domandargli.

      Don Letterio Prandina era un ottimo sacerdote. Ultimo discendente di una nobile e ricca famiglia di Cividale, contristato ne' suoi giovani anni da molti dolori, si era dato per vocazione al sacerdozio, consacrando a quella ch'egli intendeva come un'alta missione di d'amore, nonchè tutta la sua intelligenza bellissima, l'intero patrimonio. Compiuti appena i suoi studi sollecitò ed ottenne di andare come missionario in terre lontane e ne ritornò con molta letizia per i risultati ottenuti nel suo apostolato. Il suo libro, pubblicato intorno al '5 dai Bollandisti di Bruxelles, De missione canonica, è tuttodì ritenuto come opera di alto valore, non solo religioso, ma anche scientifico. Indi, costretto da debole salute a fermare il suo domicilio in patria, continuò a dedicare l'attivissima vita ad opere di carità, così che a lui si dovette la fondazione di parecchi tra i più utili istituti di beneficenza che conti il Friuli. In Udine aprì egli, sorretto dal peculio civico e dall'appoggio di parecchi cittadini, un Asilo per fanciulli ammalati, che funziona tuttodì egregiamente, tenuto in conto di esemplare per l'ottimo ordinamento; e fu appunto per regolare presso il governo alcune gravi questioni d'interesse, concernenti la dotazione di codesto istituto, ch'egli aveva voluto recarsi di persona a Roma.

      –Dunque, Prè Letterio, – disse allegramente il professore Mattia, versando del vino nel bicchiere che Vige s'era affrettata a recare per l'ospite, – quei signori a Roma non sono poi tanto dispettosi come qualcheduno si piace di descriverli…

      –Ma che! Lasciamo gracchiare i cattivi, che ne hanno interesse! Quando stavo per partire mi avevano messo tanti scrupoli: "vedrà che butta i denari del viaggio; vedrà che col suo abito da prete non le daranno il più piccolo ascolto: vedrà questo, vedrà quello…" Vidi una cosa sola: che alle porte dove ho battuto in nome dei miei poveri, ho trovato accoglienze le più cordiali e che dal ministro, al quale ho chiesto udienza, mi vennero offerte tutte le facilitazioni possibili…

      Il prete pareva soddisfattissimo nel dir queste cose, Nè il professore sembrava meno lieto di udirle a dire.

      –Eh! sì, – riprese don Letterio, dopo aver aspirato con lentezza una presa di tabacco, – della gente buona ce n'è ancora. E fa bene di incontrarla in mezzo a tante amarezze che ci tocca di subire nella vita. Vedete, amici miei, anche in questo viaggio… Ero contento, me ne tornavo felice; e proprio agli ultimi giorni…

      –Vi è avvenuto qualche cosa di triste? – domandò premurosamente la signora Chiara.

      –Che cosa mai? – soggiunse con pari interesse il professore.

      –Sì, qualchecosa che mi rammaricò profondamente e farà dispiacere a voi pure, amici miei.

      –Don Letterio, ci mettete in una curiosità!

      –È un incontro che io feci otto giorni sono per un capriccio bizzarro del caso o piuttosto (si corresse il prete con una dolcezza serena nella voce) per il benefico volere della Provvidenza. Ve lo avevo detto quando partivo: nel mio ritorno avevo divisato di fermarmi qualche giorno in un piccolo luogo della Toscana a metà della strada fra Firenze ed Arezzo. C'è là un mio cugino, curato in quella pieve: non ci vedevamo da più di ventisette anni…

      –Ebbene?

      –Feci quanto avevo stabilito. Fui accolto a braccia aperte, come un fratello. Così contento com'ero, mi parve una vera benedizione di potermi riposare un poco senza pensieri, in quella casa ospitale, nella fresca ombra di quell'orto, che il mio vecchio amico si coltiva da sè. È un santo prete: un'anima giusta veramente, capace di qualunque sacrificio per il bene del prossimo.

      –Vi somiglia, don Letterio.

      –Fa il suo dovere come me: nient'altro. Ma ne raccoglie il più grande dei conforti: la benevolenza generale. Vi racconto tutto questo per venire a quanto mi preme.

      –L'incontro che avete fatto, don Letterio? – chiese la signora Chiara.

      –Appunto… Fra due amici che da tanto non si sono incontrati, si hanno sempre mille cose da narrarsi!.. E fu così, che tra una chiacchiera e l'altra, l'amico mio fu tratto ad espormi, non so proprio più come, anche un caso assai triste, avvenuto allora allora nel suo piccolo paese. Si trattava di una maestrina, una giovane che veniva da Vicenza e che il municipio, sulla fede di eccellenti certificati presentati al concorso, aveva assunto per la scuola popolare del borgo… Quando ella s'era presentata-narrava mio cugino- tutti quanti ne avevano avuta una profonda impressione. Era una povera ragazza, bellissima di volto, ma coi segni così vivi di un grande dolore da inspirare in tutti gli animi il più caldo interessamento. Seria, modesta, intelligentissima, s'era data al proprio dovere con la massima solerzia; e tanto più i conoscenti, che aveva già numerosi e buoni, si rammaricavano nel vederla sempre così sofferente. Un bel giorno corse per il paese una curiosa voce-La giovine maestra stava malissimo; era stata trovata nella sua stanza in uno stato dei più allarmanti; e fu solo per effetto degli energici soccorsi s'ella potè essere salvata da una certa morte… Taluni vollero-e la cosa, mormorata dapprima vagamente, assunse a poco a poco una certa verosimiglianza-che si fosse trattato di un tentativo di suicìdio…

      Il prete si riposò un istante, indi proseguì:

      –Breve: la giovane venne salvata. Ma la malattia fu lunghissima e grave. C'era là un forte dolore da confortare, una grande miseria da lenire, e mio cugino intervenne pronto. Soccorse quella povera creatura, ch'era buona ed infelice, come meglio gli fu dato, e coi fatti e colle parole. Ella si ristabilì a poco a poco, ma il medico dichiarò ch'ella sarebbe stata ormai nella impossibilità di riprendere, senza tema di una ricaduta mortale, le fatiche dell'insegnamento. Il comune-un comunello non ricco-le elargì qualche sussidio; poi, per quanto a malincuore, dovette metterla in disponibilità…

      –Povera giovane!

      –Povera davvero!.. Fu appunto in quei giorni, dopo averne appreso la tristissima storia, ch'io stesso la vidi in casa del mio amico. Vi era venuta a supplicarlo di raccomandarla presso a qualche famiglia di conoscenti per farle ottenere un posto di istitutrice, di cameriera… un posto qualunque pur di vivere onoratamente. Mi fece pietà. Ben di raro ho visto una faccia più dolcemente buona e rassegnata; ben di raro intesi una parola più soave o piena di tristezza. Mi fece pietà ancor maggiore quando io seppi il suo nome…

      –Qual nome? – domandò subito il professore.

      –Loreta Lambertenghi.

      –Loreta! – esclamò la signora Chiara con grande sorpresa. – Loreta, la figlia di Prospero Lambertenghi!

      –Sì, la figlia di Prospero Lambertenghi e della povera Cannila Sant'Angelo. Ah! è stata ben fortunata la povera Camilla di morir così presto per non vedere il triste destino riserbato alla sua creatura!

      –Ma dunque il Lambertenghi?

СКАЧАТЬ