Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3. Bertini Giuseppe
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Название: Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 3

Автор: Bertini Giuseppe

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/40819

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СКАЧАТЬ theoretico-practicum, e nel 1747, ne diè una seconda edizione in tedesco col titolo di Gabinetto di musica teorica e pratica; ossia Breve ma compito metodo, per apprendere la musica in pochissimo tempo per mezzo di esempj assai chiari con la spiegazione de' termini tecnici della musica, oggi in uso, sì greci che latini, italiani e francesi. V. Walther.

      Mairan (Giov. Giac. d'Ortous de), secretario perpetuo dell'accad. delle scienze sin dal 1741, in cui succedette a M. Fontenelle, e morto in Parigi nel 1771. Nelle memorie di quell'accademia an. 1737 vi ha di Mairan, Discours sur la propagation du son dans les différens tons qui le modifient. Egli è diviso in sei parti: 1. sulla differenza delle particelle dell'aria tra loro; 2. sull'analogia del suono e de' diversi tuoni con la luce e i colori in generale; 3. sull'analogia particolare de' tuoni e de' colori prismatici; 4. in che l'analogia del suono e della luce, de' tuoni e de' colori, della musica e della pittura è imperfetta o nulla; 5. sull'analogia di propagazione tra' suoni e le onde, per rapporto all'esperienza, di cui si è fatta menzione nel nono articolo del Discorso; 6. sulla maniera con cui le vibrazioni dell'aria si comunicano all'organo immediato dell'udito. Rousseau dice che l'ipotesi di M. da Mairan per ispiegare, come il suono d'una corda venga sempre accompagnato da' suoi armonici, è la più ingegnosa tra quelle che eransi sino allora immaginate, e la più filosofica (art. Son); benchè dica un pò dopo, che sembri piuttosto che il suo autore abbia così allontanata la difficoltà anzichè risolverla: l'ipotesi del Mairan, dice l'ab. Andres, non è stata abbracciata da molti fisici, e molto s'assomiglia al sistema del Newton. Dell'Acustica t. 4.

      Majo (Francesco de), cui i Napoletani danno il nome di Ciccio di Majo. “Scrittore pieno di melodia e di naturalezza: in pochi anni che visse, ebbe la stessa sorte del Pergolesi, cui non restò inferiore nell'invenzione e nella novità” (Arteaga tom. 2. p. 326). Egli era figliuolo di Giuseppe di Majo, maestro della real cappella di Napoli dopo Durante, posto, secondo il Mattei, ch'egli non con egual decoro sostenne. Ciccio di Majo cominciò assai giovane a scrivere per teatro e per chiesa; la semplicità del suo canto, la nitidezza della di lui armonia, la sua maniera facile, naturale, piacevole gli acquistarono tosto gran nome in tutta l'Italia. Le sue carte sono piene d'estro e d'espressione, ed egli sarebbe stato uno de' primi, se non fosse morto sul fior dell'età. (Matt. elog. di Jommel.). Quest'amabile compositore finì di vivere in Roma circa 1774, all'età di 27 anni. Egli ha messo in musica più drammi del Metastasio, come l'Artaserse, l'Ipermestra, il Catone, l'Antigono, la Didone; e l'Alessandro nell'Indie l'ultimo anno di sua vita: per chiesa messe, salmi per i vesperi e salve, che non lascian tuttora di dar piacere agl'intendenti.

      Maisseder, giovane compositore tedesco, di cui così dice il Carpani (Let. 15): “Il Maisseder promette molto; ma il suo genio è all'aurora. Giungerà egli al merigio? Ciò dipende da tanti accidenti.” Le sue carte, per quanto io sappia, non sono ancora giunte sino a noi.

      Malcolm (Alessandro) pubblicò nel 1721 ad Edimburgo un'opera, cui diè per titolo: A Treatise of music ec. cioè: Trattato di musica specolativa, pratica ed istorica, nella quale non dà a divedere gran conoscenza dell'antichità nel dubitar ch'egli fa, se gli antichi avessero una musica unicamente composta per gli stromenti: cita frattanto le sinaulie de' greci, di cui parla Ateneo, che altro non erano se non se una musica vocale, ossia parlante eseguita dai soli instromenti. Rousseau critica come mancante di giustezza la divisione ch'egli dà della scala de' tuoni (art. Echelle).

      Mancini (Giov. Batt.), uno de' più famosi allievi del Bernacchi in Bologna, si è anche distinto fra i letterati pel suo bel libro intitolato: Pensieri e Riflessioni pratiche sopra il canto figurato (Arteaga t. 2) in 4º, Vienna 1774. Ell'è questa un'opera eminentemente classica: l'autore dà primieramente alcune notizie sulle diverse scuole dell'Italia, e i celebri musici che ne sono usciti dopo la fine del secolo 17º. Dà quindi delle regole sull'arte del canto: spiega cosa sia cadenza, trillo, mordente, appoggiatura, abbellimento del canto, ch'egli divide in semplice e in doppio ossia groppetto: dinota i difetti della voce, e i mezzi di correggerla: fa parte a' lettori delle sue osservazioni sull'intonazione, sulla miglior posizione della bocca, sulla maniera di portare ed appoggiar la voce: e finisce col trattar del recitativo e dell'azione teatrale. Di quest'opera si sono fatte tre edizioni in Italia, e due traduzioni in francese da MM. Désaugier e Rayneval in 8vo 1776 e 1796: Hiller cita con elogio un Magnificat a otto voci composto dal Mancini.

      Manfredi, figlio naturale di Federico II, coronato in Palermo re di Sicilia e duca di Puglia l'anno 1258, principe saggio, prode, e grande, fu al pari del padre suo coltivatore delle scienze e favoreggiator de' letterati. Matt. Spinelli ci dice che in Barletta nel 1258, soleva questo principe gir di notte pigliando il fresco, e cantando strambotti e canzone con due musici siciliani gran romanzatori: e secondo Giovanni Villani, si dilettava molto di cantare e sonare egli stesso. Fu sempre perseguitato dai papi, e morì l'anno 1265 in età di 30 anni nella rotta ricevuta presso Ceperano per tradimento de' Pugliesi subornati da Carlo d'Angiò e da' Guelfi, di cui fa menzione il Dante. (Infern. Cant. 28) V. Signorelli, Vicende ec. t. 2.

      Manfredini (Vincenzo) da Pistoja in Toscana, fu, come dice egli stesso, allievo in Bologna per la composizione de' due celebri maestri Perti, e Fioroni; cercando di far quindi miglior fortuna che in Italia, portossi a Pietroburgo con una compagnia di musici italiani, ed avendo colà scritto da prima la musica de' balli per servir d'intermedio ad un'opera di Galuppi, e poi anche la musica di alcuni drammi del Metastasio per quel teatro, ebbe grandissimo incontro, e divenne tosto maestro per il cembalo del gran Duca delle Russie, che fu poi l'imperatore Paolo I. Scrisse allora pel suo allievo sei sonate, e non ostante la critica che ne fu fatta in Amburgo (dans les amusemens etc.) presentate avendole all'Imperatrice, ne ebbe mille rubbli in dono, e furono impresse a Pietroburgo nel 1766. Scrisse ancora quivi più opere pel teatro, ma non vi ha di queste impresse fuorchè sei arie e un duetto dell'Olimpiade, a Norimberga 1765. Tornò egli finalmente in Bologna assai ricco nel 1769, ma egli impiegò allora il suo ozio nello scriver piuttosto sulla teoria, anzichè nella pratica della sua arte. Diè infatti al pubblico nel 1775, Regole armoniche, o sieno Precetti ragionati per apprender la musica: di cui ve n'ha una seconda edizione, dedicata come la prima a Paolo I, più corretta ed accresciuta, in 8vo Venezia 1797, con 20 rami. Benchè l'Arteaga chiami quest'opera libro frivolo, che altro non contiene fuorchè delle nozioni elementari e triviali, (t. 3, p. 351), vi si trovano tuttavolta de' buoni precetti, delle ottime osservazioni appoggiate, e sostenute da savie ragioni, e da una ben fondata esperienza. Se non è ella, come a norma di ciò che promette il titolo, esser non dee, un'opera di letteratura, è non per tanto un buon libro elementare, scritto con chiarezza, con precisione, con giudizio, e non vi ha nè più nè meno di quel che abbisogna per guidar lo studente ne' buoni principj dell'arte. Nella prima parte l'A. dà i principj generali della musica: nella seconda tratta degli accordi, della loro origine, de' loro rivolti, e dà un buono e facil metodo d'accompagnamento; nella terza parte espone i precetti e gli esempj più opportuni per lo studio del canto, e nella quarta finalmente le regole più essenziali del contrappunto con prevenire i suoi lettori contro gli errori e i pregiudizj sì degli antichi che de' moderni. Così non lascia egli di confutare nell'ultimo capitolo Rameau, e 'l suo comentatore d'Alembert (p. 139), Tartini, e Rousseau (p. 141, 143) intorno al basso fondamentale della scala diatonica da loro proposto; e lo stesso P. Martini, allorchè pretende che il canto fermo debba servir di base al contrappunto; il che è stato, egli dice, un male notabile e dannoso non poco all'avanzamento dell'arte (p. 2, 161). Manfredini fu quindi associato alla compilazione del Giornale Enciclopedico di Bologna per la parte della musica, e nel 1787, avendo egli impugnato l'opera delle Rivoluzioni del teatro musicale italiano dell'ab. Arteaga in un Estratto assai mal digerito, si trasse addosso da quel valentuomo una disgustosa critica, che alla fine del terzo volume di quell'opera fece costui imprimere col titolo di Osservazioni ec. In queste passo passo andando dietro al suo censore ne rileva a ragione la poca logica, il guazzabuglio delle idee, l'incoerenza del raziocinio, e la scarsa dose di cognizioni musicali in ciò che spetta la parte filosofica, storica, e critica della musica, mercè la di lui baldanza nel voler trattare di una materia non СКАЧАТЬ