Spagna. Edmondo De Amicis
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Название: Spagna

Автор: Edmondo De Amicis

Издательство: Bookwire

Жанр: Книги о Путешествиях

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isbn: 4064066071967

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СКАЧАТЬ alla terra:—Sono!—vi solleva e vi schiaccia ad un tempo, come una promessa e una minaccia, come un bagliore di sole e uno scoppio di tuono. Prima di cominciare a guardare, provate il bisogno di ravvivar nel cuor vostro le scintille moribonde dell'amore divino; il sentirvi straniero dinanzi a quel miracolo di ardimento, di genio e di lavoro, vi umilia; il timido no che vi suona in fondo all'anima, muore come un gemito sotto il sì formidabile che vi rimbomba sul capo. Prima girate gli occhi intorno vagamente, cercando i confini dell'edifizio, che il coro e i pilastri enormi vi nascondono; poi il vostro sguardo si slancia su per le colonne e gli archi altissimi, e riscende risale e ricorre rapidissimamente le infinite linee che s'inseguono, s'incrociano, si rispondono, si perdono, come razzi incrociantisi nello spazio, su per le vôlte grandiose; e il cuore vi gode in quell'affannosa ammirazione, come se tutte quelle linee uscissero dalla vostra mente ispirata nell'atto stesso che le percorrete cogli occhi; e poi vi assale ad un tratto come uno sgomento, una tristezza che il tempo non vi basti a considerare, l'ingegno a comprendere, la memoria a ritenere le innumerevoli maraviglie che da ogni parte travedete, affollate, ammontate, abbarbaglianti, che piuttosto che dalla mano degli uomini, si direbbero uscite, come una seconda creazione, dalla mano di Dio.

      La chiesa appartiene all'ordine chiamato gotico, dell'epoca del Rinascimento; è divisa in tre lunghissime navate, attraversate per mezzo da una quarta, la quale separa il coro dall'altar maggiore. Sopra lo spazio compreso tra l'altare e il coro, s'innalza una cupola, formata dalla torre che si vede di sulla piazza. Voi volgete gli occhi in su, e restate un quarto d'ora a bocca aperta: è un visibilio di bassorilievi, di statue, di colonnine, di finestrelle, d'arabeschi, d'archi sospesi, di sculture aeree, armonizzate in un disegno grandioso e gentile, la cui prima vista mette un tremito e fa sorridere, come l'improvviso accendersi, scoppiettare e risplendere d'un immenso foco artificiale. Mille vaghe immagini di paradiso che rallegrarono i nostri, sogni infantili si spiccano tutte insieme dalla mente estatica, e volteggiando su su come uno stuolo di farfalle si vanno a posare sui mille rilievi dell'altissima vôlta, e girano, e si confondono, e il vostro sguardo le segue come se le vedesse davvero, e il cuore vi batte, e vi fugge dal petto un sospiro.

      Se dalla cupola volgete lo sguardo intorno, vi si offre uno spettacolo anche più stupendo. Le cappelle son altrettante chiese per vastità, per varietà, per ricchezza. In ognuna è seppellito un principe, o un vescovo, o un grande; la tomba è nel mezzo, e v'è stesa su la statua rappresentante il sepolto, col capo appoggiato sur un origliere e le mani giunte sul petto; i sacerdoti vestiti dei loro abiti più pomposi, i principi delle loro armature, le donne delle loro vesti di gala. Tutte coteste tombe son ricoperte di un ampio panno che ricasca dai lati e che assecondando i rilievi angolosi delle statue, fa parer che ci siano sotto davvero le membra irrigidite d'un corpo umano. Da qualunque parte uno si volga, vede lontano, fra gli smisurati pilastri, dietro i ricchi cancelli, all'incerto chiarore che scende dalle altissime finestre, quei mausolei, quei drappi funebri, quei rigidi profili di cadaveri. Avvicinandosi alle cappelle, si resta sbalorditi dalla profusione delle sculture, dei marmi, degli ori che ne adornano le pareti, le vôlte, gli altari: ogni cappella racchiude un esercito d'angeli e di santi scolpiti nel marmo, nel legno, dipinti, dorati, vestiti; in qualunque punto del pavimento il vostro sguardo si fermi, è spinto su di bassorilievo in bassorilievo, di nicchia in nicchia, di rabesco in rabesco, di dipinto in dipinto, fino alla vôlta, e dalla vôlta, per un'altra catena di sculture e di pitture, ricondotto al pavimento. Da qualunque lato volgiate il viso, incontrate occhi che vi guardano, mani che vi accennano, teste di cherubini che fan capolino, svolazzetti che par che s'agitino, nuvole che par che salgano, soli di cristallo che par che tremolino; una varietà infinita di forme, di colori, di riflessi, che v'abbagliano gli occhi e vi confondon la testa.

      Non basterebbe un volume a descrivere tutti i capolavori di scultura e di pittura che son sparsi in questa immensa cattedrale. Nella sagrestia della cappella del Conestabile di Castiglia è una bellissima Maddalena attribuita a Leonardo da Vinci; nella cappella della Presentazione una Vergine attribuita a Michelangelo, in un'altra una Santa Famiglia attribuita ad Andrea del Sarto. Di nessuno dei tre quadri si conosce sicuramente l'autore; ma quando vidi tirar la cortina che li copriva, e udii proferire con voce riverente quei nomi, mi corse un brivido dalla testa ai piedi. Provai per la prima volta in tutta la sua forza quel sentimento di gratitudine che dobbiamo ai grandi artisti, che resero il nome d'Italia riverito e caro nel mondo; compresi per la prima volta ch'essi non sono solamente illustratori, ma benefattori della loro patria; e non solo di chi ha intelletto per comprenderli ed ammirarli, ma anche di chi sia cieco alle opere loro, anche di chi non li curi, o gl'ignori. Perchè a chi manca il sentimento del bello, non manca l'orgoglio nazionale, e chi non sente neppur questo, sente almeno l'orgoglio suo, e gode nel profondo dell'anima quando non foss'altri che un sagrestano, all'udirgli dire: nacqui in Italia... gli sorride e si rallegra; e di quel sorriso e del suo godimento ei va debitore ai grandi nomi che non gli toccavan l'anima prima di uscir dai confini del suo paese. Quei grandi nomi l'accompagnano e lo proteggono, dovunque ei vada, come indivisibili amici; lo fan parere meno straniero fra gli stranieri; gli spargono intorno al viso un riflesso luminoso della loro gloria. Quanti sorrisi, quante strette di mano, quante parole cortesi di gente ignota dobbiamo a Raffaello, a Michelangiolo, all'Ariosto, al Rossini!

      Chi vuol vedere cotesta Cattedrale in un giorno bisogna che passi dinanzi ai capolavori correndo. La porta scolpita che dà nel chiostro ha fama di essere, dopo le porte del Battistero di Firenze, la più bella del mondo; dietro l'altar maggiore è uno stupendo bassorilievo di Filippo di Borgogna, rappresentante la Passione di Cristo, una composizione immensa, a cui si direbbe non possa esser bastata la vita d'un uomo; il coro è un vero museo di scultura d'una ricchezza prodigiosa; il claustro è pieno di tombe con su statue distese, e intorno una profusione di bassorilievi; nelle cappelle, intorno al coro, nelle sale della sagrestia, per tutto quadri dei più grandi artisti spagnuoli, statuette, colonne, ornamenti; l'altar maggiore, gli organi, le porte, le scale, le inferriate, ogni cosa è grande e magnifico, e desta e schiaccia nello stesso punto l'ammirazione. Ma a che pro aumentar parole su parole? La più minuta descrizione potrebbe dare un'immagine viva della cosa? E quando avessi scritto una pagina per ogni quadro, per ogni statua, per ogni bassorilievo, sarei riuscito forse a destare nell'animo altrui, solo per un istante, la commozione che io provai?

      Un sagrestano mi si avvicinò, e mi mormorò nell'orecchio, come se mi rivelasse un segreto:

      “Vuol vedere il Cristo?”

      “Qual Cristo?”

      “Eh!” rispose “si sa, quel famoso!”

      Il famoso Cristo della cattedrale di Burgos, che sanguina tutti i venerdì, merita un cenno particolare. Il sagrestano vi fa entrare in una cappella misteriosa, chiude le imposte delle finestre, accende due candele sull'altare, tira un cordoncino, una tenda corre, e il Cristo è là. Se al primo vederlo non pigliate la fuga, siete anime forti: un cadavere vero piantato sulla croce non vi metterebbe più orrore. Non è una statua, come le altre, di legno dipinto; è di pelle, si dice che è una pelle umana, imbottita; ha dei veri capelli e sopracciglia e ciglia e barba di pelo; i capelli intrisi di sangue, rigato di sangue il petto, le gambe, le mani; le piaghe che paion vere piaghe, il color della pelle, la contrazione del viso, l'atteggiamento, lo sguardo, ogni cosa terribilmente vera; direste che a toccarlo si deve sentire il tremito delle membra e il calor del sangue; vi par che le sue labbra si muovano, e stia per uscirne un lamento; non potete reggere lungo tempo a quella vista; vostro malgrado, torcete il viso, e dite al sagrestano:—Ho veduto!—

      Dopo il Cristo, bisogna vedere il celebre cofano del Cid. È un cofano sdrucito e tarlato, appeso ad una parete in una sala della sagrestia. La tradizione narra che il Cid portava seco questo cofano nelle sue guerre contro i Mori, e che i sacerdoti se ne servivano come d'altarino per celebrare la messa. Un giorno, trovandosi colle tasche vuote, il formidabile guerriero riempì il cofano di sassi e di ferramenti, lo fece portar da un ebreo usuraio, e gli disse:—Il Cid ha bisogno di denaro; potrebbe vendere i suoi tesori, non vuole; dategli il danaro che gli occorre, egli ve lo renderà fra breve cogl'interessi del novantanove per cento, e lascia intanto come pegno nelle vostre mani questo cofano prezioso che racchiude la sua fortuna. СКАЧАТЬ