L’anello dei draghi. Морган Райс
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СКАЧАТЬ perché non poteva negare la verità di quelle parole. Un tempo, il suo orgoglio non gli avrebbe permesso di tollerare l’esistenza di un altro uomo con quelle abilità senza metterlo alla prova e la sua rabbia da battaglia non avrebbe permesso che si trattasse di altro che sangue.

      “Non sono più l’uomo che ero,” replicò Odd, ed era più una speranza che un fatto.

      “Chi di noi lo è?” ribatté Wendros. “Sono onorato di combattere al tuo fianco adesso, però.”

      Questo colse Odd un po’ di sorpresa. Erin sembrava contenta di essere sua allieva, ma non sapeva fino in fondo chi era e cosa aveva fatto. Il Maestro di Spada Wendros era abbastanza in su con l’età da saperlo, ma non si era allontanato da lui come avrebbe fatto la maggior parte dei Cavalieri dello Sperone.

      “Quindi,” disse Wendros. “Abbiamo un piano in tutto questo?”

      “Aiutiamo dove possiamo,” rispose Odd. “Ci sono troppi nemici e noi siamo troppo pochi. La Principessa Erin sta guidando degli uomini; colpiscono e fuggono per le strade. Mi ha mandato qui per cercare di recuperare uomini e armi per la battaglia.”

      Ma ormai gli uomini rimasti erano ben pochi. Se le stanze per l’addestramento erano state sgomberate dagli invasori, c’era solo una manciata di maestri d’armi e fabbri rimasti in piedi e la maggior parte di essi era ferita.

      “Andate,” ordinò loro Odd. “Siete rimasti troppo pochi per mantenere il controllo di questa Casa. Unitevi alla lotta per le strade. Uccidete i nemici e proseguite. Andate.”

      Uscirono, ovviamente contenti di avere qualcuno che sembrava sapere cosa stava facendo e dava loro dei comandi.

      “Forse dovremmo unirci a loro,” propose Wendros e saltò giù da dov’era appollaiato sulla ringhiera, barcollando leggermente sulla sua gamba malandata.

      “Ben presto,” rispose Odd. “Quando sarai pronto.”

      “Non provare a compatirmi,” ribatté il maestro di spada, “o combatteremo per davvero.”

      Nonostante ciò, si fecero strada attraverso la Casa delle Armi molto più lentamente degli altri, scendendo negli spazi dove si trovavano le fucine e avanzando verso l’uscita. Le fucine giacevano silenziose adesso, solo un debole bagliore proveniente da esse si aggiungeva alla crescente luce dell’alba.

      “Pensi che possiamo vincere?” chiese Wendros.

      Odd alzò le spalle. “A volte si tratta solo di quanto a lungo e quanto bene si combatte.”

      Si stavano ancora dirigendo verso l’uscita quando altri uomini di Ravin iniziarono ad accedere alla Casa delle Armi. Una coppia entrò per prima e Odd la abbatté senza difficoltà, ma seguirono altri e altri ancora dietro di loro. Si riversarono nella Casa delle Armi, quasi troppi per poterli contare. Certamente troppi perché loro due potessero combatterli. Nonostante ciò, Odd strinse la spada sul palmo.

      “Pensi di caricare di nuovo?” domandò Wendros.

      “No,” rispose Odd. “Combattiamo e ci ritiriamo, usando le fucine come copertura.”

      Era un buon piano e iniziarono a indietreggiare insieme, verso una via d’uscita. Il nemico avanzò lento all’inizio, come se nessuno volesse essere il primo a raggiungerli. Poi un uomo si fece avanti, caricando, e Odd lo abbatté.

      Gli uomini si riversarono dentro dopo di lui, raggiungendo Odd e Wendros da ogni lato. Adesso non c’era tempo per l’eleganza, né per l’abilità. C’era tempo solo per tagliare e affondare, dando terreno passo dopo passo. Finora poteva andare, perché le fucine li proteggevano mentre combattevano a fianco a fianco, ma un solo sguardo indietro disse a Odd che presto si sarebbe ripresentato il problema che lui ed Erin avevano affrontato sul ponte. Al di là delle fucine, oltre l’uscita verso cui si stavano dirigendo, lo spazio si apriva e i loro nemici avrebbero potuto circondarli. Solo che, questa volta, Odd dubitava fortemente che ci sarebbe stato un esercito che sarebbe venuto a salvarli.

      “È un problema,” disse il Maestro di Spada Wendros, ovviamente avendo notato la stessa cosa. La sua spada volteggiò per deviare la lama nemica e ucciderne il proprietario. “Ma è un problema con una soluzione, almeno.”

      “Quale soluzione?” chiese Odd, abbattendo un altro uomo, poi un altro ancora.

      “Io difendo la posizione mentre tu scappi,” rispose Wendros. Deviò un colpo e calciò un soldato addosso ad altri due, rallentandone un poco il ritmo.

      “Cosa? No,” ribatté Odd, e non solo perché non gli piaceva l’idea di scappare da un combattimento. Il maestro di spada lo aveva trattato come un suo simile e non come un cane rabbioso da usare contro i nemici ed evitare per il resto del tempo.

      “Pensi che io possa correre?” chiese Wendros, mentre uccideva un altro uomo ancora. “Vai, Odd!”

      “Io… grazie,” disse l’ex monaco. Si gettò all'indietro, dirigendosi verso la porta. Non poté fare a meno di guardarsi alle spalle, però.

      Quello che vide gli si impresse dentro come qualsiasi altro oscuro ricordo della sua vita. Vide Wendros piroettare in un vortice di acciaio sfocato, che sembrava sfiorare appena i suoi nemici ma essere abbastanza affilato da finirli con quel tocco. Faceva vorticare le spade ed era un tutt’uno con esse, mentre uccideva qualsiasi uomo gli si avvicinasse, anche quando cominciarono a riversarsi tutti intorno a lui.

      Se la sua gamba ferita non fosse scivolata mentre si girava per affrontarne un altro, forse avrebbe potuto anche tenerli tutti a bada. Nello stato in cui era, il suo equilibrio cedette, solo per un istante, lasciando la più breve delle aperture.

      Una spada la trovò e lui venne trafitto, anche se riuscì a uccidere un altro uomo. Poi una seconda spada varcò l’apertura e gli si infilzò sotto l’ascella, unendosi alla prima. Odd osservò il maestro di spada morire e uccidere gli avversari anche mentre lo faceva.

      Poi giunse il momento di fare una cosa che non aveva mai fatto in tutti i suoi anni come Cavaliere dello Sperone. Corse via, con tutti i soldati di Re Ravin sulla sua scia.

      CAPITOLO QUINTO

      Il Maestro Grey avvertì la luce dell’alba avvolgerlo. In un altro giorno, il suo calore avrebbe potuto essere piacevole, ma ora era un disturbo. La magia si basava sull’equilibrio delle forze del mondo e qualsiasi cambiamento poteva perturbare quell’equilibrio. L’alba era come un vento che spingeva ai margini della sua mente, che lo colpiva in un modo impossibile da controllare.

      “Solo… qualche… altro… minuto,” borbottò Grey a denti stretti. Lui era il fulcro in base a cui si muovevano le leve del mondo, il mozzo della ruota, il punto fermo al centro di tutto.

      Ma non era fermo. Aveva tremato per lo sforzo di tutto ciò quasi da quando aveva iniziato; il sudore gli inzuppava le vesti mentre lottava per tenere tutto collegato, per far sì che la magia fluisse attraverso di lui.

      Ogni istante in più che durava un incantesimo, diventava sempre più difficile da mantenere; le strutture ordinate dei primi istanti decadevano e diventavano più selvagge, man mano che le forze al suo interno si agitavano in un modo e nell’altro. L’incantesimo di un novizio sarebbe crollato a quel punto, come era accaduto a molti di quelli che aveva fatto Devin mentre modellava il metallo stellare. Un mago esperto poteva sostenerlo per un breve periodo, ma il Maestro Grey aveva portato avanti quello sforzo per ore, adattandosi a ogni cambiamento, riportando tutto nel suo insieme.

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