L’anello dei draghi. Морган Райс
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу L’anello dei draghi - Морган Райс страница 3

СКАЧАТЬ style="font-size:15px;">      Ravin non era un mago, ma aveva appreso sulla magia e sui suoi limiti, così come aveva appreso su tutte le altre armi a cui un re poteva accedere. Il Maestro Grey era senza dubbio potente, ma era pur sempre un uomo e aveva dunque i suoi limiti anche lui.

      “L’incantesimo cadrà prima o poi,” replicò Ravin, mantenendo una voce calma, mostrando alle sue truppe che questo ostacolo non era un problema. “Adoperatevi per ricollegare i quartieri. Lanciate funi tra le case, in modo che gli uomini possano arrampicarsi e portare messaggi. Contattate gli uomini che abbiamo in ogni distretto.”

      “Sì, mio re,” rispose l’uomo, facendo un cenno con il capo ad alcuni degli uomini che si trovavano lì e mandandoli via di corsa per eseguire gli ordini.

      Ravin pensò a quello che il mago stava cercando di fare. A un altro uomo sarebbe potuto sembrare ovvio: separare sacche di truppe e lasciare che i difensori li abbattessero. Ma per Ravin non aveva senso. Non c’erano ancora abbastanza truppe in città perché una strategia del genere potesse funzionare. Al contrario, quello non avrebbe fatto altro che rallentare ancora l’invasione.

      Che altro, poi? Forse lo stregone sperava che Ravin si facesse prendere dal panico e si ritirasse, o forse sperava che se solo avesse resistito abbastanza a lungo, i difensori sarebbero stati in grado di prepararsi a sufficienza da salvaguardare il castello. Forse il suo unico pensiero era proteggere il castello. Non tutti riflettevano tanto quanto Ravin sulle strategie, forse nemmeno gli stregoni.

      Forse la sua strategia avrebbe funzionato se Ravin non si fosse preparato così bene, o se fosse stato un comandante meno paziente. Forse avrebbe funzionato anche se Ravin non fosse riuscito a sgomberare il letto del fiume in tempo. Quando si combatte per una corona, uccidere l’uomo che cerca di indossarla è un modo efficace per vincere la battaglia.

      Era anche qualcosa che Ravin non gli avrebbe perdonato. Lo stregone sarebbe morto per quell’attentato alla sua vita. Ma non ancora.

      “Sparpagliatevi,” disse agli altri. “Uno di voi trovi un punto alto e invii il segnale agli altri con la torcia. Dite agli altri uomini di fare lo stesso. Voglio che assedino la città, che la rendano nostra. Schiacciate ogni resistenza e chiunque si trovi per strada è un bersaglio, ma non distruggete più del necessario.”

      “Voi dove starete, Vostra Maestà?” chiese l’ufficiale.

      “Seguitemi.”

      Ravin scelse una casa nobile a caso; aveva un’elegante costruzione in pietra raffinata che si estendeva attorno alla porta e delle piante sistemate alle finestre che scendevano come lacrime per i morti della città. Si avvicinò alla porta e la colpì con un pugno. Comprensibilmente, solo il silenzio gli rispose.

      Ravin alzò un piede e diede un calcio alla porta con lo stivale, frantumandone i catenacci che la tenevano chiusa con un solo colpo. Entrò in un corridoio dove erano appesi dei quadri, che raffiguravano figura dopo figura ciò che gli sembrava una dichiarazione sulla discendenza del proprietario e sul suo diritto rispetto alla proprietà. Ravin li stava ancora guardando quando un uomo gli si avvicinò nella tenue luce della casa, correndogli incontro con una spada alzata. Ravin la colpì su un fianco e poi gli infilzò il petto con la sua stessa lama, facendolo cadere ai suoi piedi.

      “Se fossi partito da lì, saresti sopravvissuto,” disse.

      Camminò rapido per la casa e fino alla cucina, seguendo l’unico sfarfallio di luce presente in quel luogo. Spinse la porta ad aprirla e vi trovò una donna e quelle che pensò fossero le sue figlie, rannicchiate in fondo alla cucina insieme a una manciata di servitori. Erano accovacciati accanto al fuoco e avevano rovesciato un grande tavolo di legno per usarlo come una specie di barricata. Una coppia di servitori aveva in mano dei coltelli e avanzava come potesse combattere.

      Ravin alzò la spada, con la lama ancora bagnata dal sangue dell’uomo che gli si era avvicinato.

      “Credete davvero di potermi battere?” chiese. “Io sono Ravin, Re dei Tre Regni e vostro legittimo sovrano. Inginocchiatevi o morirete.”

      Mise tutte le sue forze in quel suo comando vocale e vide gli uomini impallidire mentre capivano l’enormità di chi avevano davanti. Il coltello di uno sferragliò a terra, ma l’altro fu più lento. La pazienza abbandonò Ravin, che conficcò la spada nel petto del secondo uomo, ignorando le urla delle donne intorno a lui. Gli diede poi un calcio per mandarlo all’indietro e spinse il tavolo a rimetterlo in piedi. Prese una sedia, la sistemò davanti al tavolo e vi poggiò sopra la sua spada ancora insanguinata.

      Guardò quei suoi uomini che lo avevano seguito. “Io starò qui. Fate il vostro dovere.”

      Si misero in marcia e solo una coppia di loro restò a fargli da guardia del corpo. Ravin se ne stava seduto lì, osservando quelli che erano rimasti nella stanza. Ora erano tutti in ginocchio e lo guardavano con evidente terrore.

      “Uno di voi, mi porti del vino,” ordinò. “Il resto di voi dia per scontato un semplice fatto: tutto ciò che pensavate fosse vostro adesso è mio, i vostri soldi, le vostre proprietà, voi stessi. Questa città, questo intero regno… è tutto mio.”

      O lo sarebbe diventato, non appena l’incantesimo del mago fosse svanito.

      CAPITOLO SECONDO

      La grande sala del castello era un alveare di attività; le sue piazze di moquette erano invase da persone che correvano avanti e indietro per qualsiasi compito potessero svolgere e le alte mura di pietra rimbombavano delle loro conversazioni mentre cercavano di capire cosa dovessero fare dopo.

      In quel senso, ricordava a Lenore il brusio delle attività nelle settimane precedenti il suo matrimonio, quando il castello brulicava per i festeggiamenti, ma ora non c’era più nulla di leggero o gioioso. Al contrario, alcuni striscioni intorno alle mura erano stati tirati giù, mentre i nobili stavano discutendo se dovessero essere tagliati per ricavarne delle bende portafortuna; nel frattempo, il trono giaceva vuoto, perché di Vars non si vedeva neanche l’ombra e colui che avrebbe dovuto esservi sopra era morto.

      Quel solo pensiero riempì Lenore di dolore, ma dovette fingere di essere calma, perché era la colonna portante attorno alla quale tutti gravitavano. Avevano bisogno di qualcuno che avesse il controllo e un certo equilibrio, e che pensasse mentre loro volevano solo agire; era necessaria una principessa e questo significava che Lenore stava recitando la parte per cui si era esercitata per tutta la vita.

      “No,” disse, “non barricate solo la porta esterna della grande sala; voglio che i pezzi vengano inchiodati sul posto.”

      “Ma dove troviamo i chiodi?” chiese un nobile. A Lenore non piacque il fatto che si rivolgesse a lei per ricevere istruzioni, quando solo un giorno o due prima l’avrebbe vista come una bella ma inutile statuetta.

      “Non lo so. Setaccia i negozi del castello se devi,” replicò Lenore. “Vai.”

      L’uomo si mise in marcia senza fare domande. Molti dei presenti agivano senza mettere in discussione le sue istruzioni. Lenore sospettava che molto avesse a che fare con chi era: la sorella del nuovo re e la moglie del figlio del Duca Viris. Forse qualcosa aveva anche a che fare con le persone che volevano semplicemente che qualcuno dicesse loro cosa fare, adesso che c’era una crisi.

      Lenore si ritrovò a desiderare che ci fosse qualcuno che lo dicesse anche a lei.

      In quel momento era spaventata come non lo era mai stata in vita sua. C’era un esercito in città, composto da persone come quelle che l’avevano rapita. I Cavalieri dello Sperone se n’erano andati, così come СКАЧАТЬ