Название: La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
Автор: Charley Brindley
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Современная русская литература
isbn: 9788835411895
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“Mangerebbe mai una bambina?”
Yzebel rise. “No, non mangia alcun tipo di carne, solo cose verdi e gialle che crescono dalla terra. Non mangerebbe mai un bambino. Bevi ancora un pochino di vino, ma non troppo in fretta.”
Feci come mi disse e presto la mia testa e il mio stomaco si sentirono meglio.
“Ora,” disse Yzebel, “prendi un po’ di contu luca ma questa volta mastica prima di inghiottire.”
Il cibo era ancora caldo e delizioso. Presi solo un piccolo boccone e rimisi giù la ciotola.
“Come ti chiami?”Mi chiese Yzebel mentre prendeva una grande cipolla gialla. Tagliò il fusto e mi guardò.
I miei ricordi si fermavano al punto in cui quegli uomini mi lanciavano nel fiume. Peròallo stesso modo in cui riuscivo a usare le parole per comunicare con Yzebel, conoscevo altre cose,come il vino: ne riconoscevo il sapore e sapevo come farlo.
Delle cose mi tornarono a mente, alcuni pezzettini alla volta. Sapevo che le ragazzine malaticce venivano abbandonate come la ceramica rotta e le ceneri del giorno prima, ma non mi ricordavo di aver mai avuto un nome.
Scossi la testa.
L’espressione di Yzebel si addolcì e abbassò lo sguardo. La cipolla che aveva tagliato era probabilmente più forte del solito. Guardò attorno al focolare come se cercasse qualcosa, e finì con il prendere un vecchio cucchiaio di legno. Esaminò una crepa nel manico per un po’ prima di parlare.
“Non hai un nome?”
Mi pulii la guancia con il dorso della mano. “No.”
“Beh,” rispose Yzebel, “troviamoti un nome allora. Penso sia un grande onore quando gli dei decidono che una ragazza dovrebbe scegliersi da sola il nome. Tu, no?”
Volevo esprimere il mio accordo e sapevo già che nome avrei voluto avere, ma frenai la lingua. Anche se non mi ricordavo di aver mai avuto un nome, ero a conoscenza del fatto che i bambini, e in particolare le ragazze, non dovrebbero parlare.
Come faccio a saperlo?
Ogni volta che cercavo di ricordare qualcosa la rimembranza mi sfuggiva come una colomba spaventata che sfrecciava dentro e fuori la nebbia.
Yzebel mi stava guardando, in attesa di una risposta, mantenendo la calma, come se capisse che avevo delle difficoltà con i miei stessi pensieri.
Non sapevo cosa dirle.
Forse dovrei raccontare a Yzebel del nome che vorrei avere.
Il mio stomaco stava meglio, ma la testa continuava a farmi male. Quando sbattevo le ciglia, puntini neri mi vorticavano davanti agli occhi: sparivano e apparivano accompagnati dal dolore. Scossi la testa nel tentativo di schiarirmi la vista.
“Ti va di sentire una storia mentre cucino?”Mi domandò.
“Sì.” Presi la mia ciotola di contu luca. “Per favore.”
“La storia parla della Dea Madre, Regina Elissa. Molte, molte estati fa, ancora prima della nascita del nonno di mio padre, la Regina Elissa, che i romani chiamano Dido, venne sulle sponde del Byrsa dalla sua antica terra dell’est. Chiese alle persone che abitavano qui un piccolo pezzo di terra dove potersi stabilire con i pochiche l’avevano seguita in mare. Il capo di quegli uomini furbi e disonesti le dissero,‘Potrai avere la quantità di terra che può essere circoscritta dalla pelle di un singolo bue, e il prezzo sarà un talento di argento.’”
“Talento?” Mi alzai per poggiare la ciotola vuota sul tavolo. “Cos’è un…?”
Tutto intorno a me sfocò e cominciò a girare. L’ultima cosa che vidi era Yzebel che voleva raggiungermi prima che cadessi.
Quando mi svegliai mi ritrovai distesa vicino al fuoco su delle pelli di animale, coperta con il mantello di Tendao. Il telone grigio sventolava a causa della brezza e una donna sedutami accanto mi stava guardando.
“Come ti senti?”Mi chiese la donna.
Mi misi a sedere lentamente, tentando di capire cosa fosse successo. Sentivo un ronzio nella testa, come uno sciame di api arrabbiate. Nel momento in cui mi diedi un’occhiata intorno, riuscii a schiarirmi i pensieri. Il tutto però mi pareva così strano: il fuoco scoppiettante, il pungente fumo che mi roteava intorno, e i tavoli che circondavano il fuoco della cucina come degli animali dalle gambe rigide che aspettavano di essere nutriti. La gialla luce del sole si intravedeva tra le cime degli alberi bagnava tutto di oro e ambra. Il viso della donna risplendeva nel bagliore del pomeriggio.
Mi ricordai che era Yzebel.
Tirai su il mantello per coprirmi le spalle, distesi le braccia e poi mi tocai la nuca. Il bernoccolo si era rimpicciolito e non faceva più così tanto male come prima.
“Bene,” risposi. “Sto bene.” Feci una pausa, provando a ricordare. “Mi stava raccontando una storia riguardo una regina e un bue, ma non mi ricordo la fine.”
“Ti ricordi la caduta?”
“No.”
“Hai dormito per tutto il giorno,” aggiunse Yzebel.
“Mi dispiace.”
“Non essere dispiaciuta, eri sfinita.”
“Potrebbe raccontarmi di nuovo la storia, per favore?”
“Lo farò.” Yzebel si alzò. “Ma prima, voglio che ti alzi così posso vedere se rischierai di inciampare e cadere nel fuoco come hai quasi fatto stamattina.”
Nel momento in cui mi alzai, Yzebel mi prese per spalle, guardandomi negli occhi.
“Stai per cadere?”
Scossi la testa, poi diedi un’occhiata alla ciotola vuota sul tavolo.
“Hai fame?”
“Sì.”
Yzebel riempì il piatto a metà con contu luca e me lo porse. Mi accomodai vicino al fuoco mentre la donna mescolava quello che stava cuocendo nella grande pentola e mi raccontò dall’inizio la storia della Regina Elissa.
Quando arrivò alla parte riguardo all’argento, domandai, “Talento? Cos’è un…?”
Yzebel mi guardò preoccupata, probabilmente pensando che sarei svenuta di nuovo, ma le sorrisi. Ricambiò il sorriso e continuò il racconto.
“Un talento è una grande tavoletta di argento.” Prese il coltello. “Due volte più lunga del mio coltello, e di peso pari a quello che un uomo riuscirebbe a portare in un giorno. Vale quanto sei, forse sette, elefanti da guerra.” Raccolse una carota e la tagliò. “La nostra Elissa era bellissima, aveva lunghi riccioli e un dolce sorriso, ma non era così stupida come appariva a quegli indigeni sempliciotti. Dopo un po’ accettò i loro termini. Poi, con l’aiuto delle sue domestiche, tagliò la pelle di un bue in numerose striscioline СКАЧАТЬ