Название: La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno
Автор: Charley Brindley
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Современная русская литература
isbn: 9788835411895
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Prese un’altra capsula di cotone dalla mia mano ma non disse nulla.
“C’è un soldato orribile che corre qui per tagliarci a pezzetti e darci da mangiare ai leoni!”
Ancora nessuna risposta. Alla fine, dissi,“Tin tinbansunia.”
La ragazza sorrise. Apparentemente, poteva sentire ed era soddisfatta di ciò che le avevo detto, anche se non avevo idea di cosa le avessi detto.
Continuammo in questo modo, lei filava, mentre io dipanavo il cotone e parlavo del campo, Yzebel, Obolus e la mia avventura con la brocca di vino. Le ho anche raccontato di aver visto Annibale e di quanto fosse bello.
Pensavo avesse circa la mia età, dodici estati, forse un po’più giovane, snella e alta meno di due frecce. La sua carnagione era più profonda del colore di una pesca color cannella, con gli occhi scuri come la notte nella foresta. Non disse una parola e non mi prestò alcuna attenzione se non per prendere le capsule di cotone dalle mie mani per lavorarle.
Presto trasformammo il cestino di cotone in tre grandi gomitoli di lana. La ragazza li mise nel cestino, poi lo raccolse e mi passò accanto.
“Tin tinbansunia,” mi disse.
Per quanto ne sapevo, avrebbe potuto significare “Arrivederci, piacere di averti conosciuta” oppure“Ho finito, ora puoi andare” oppure“Per favore, non disturbarmi di nuovo.”
Mentre sedevo a gambe incrociate sul tappetino quadrato dove ero stata per gli ultimi due gomitoli di lana, fissavo la ragazza che si allontanava da me, sentendomi sola.
Dopo qualche passo, si fermò, guardò indietro e con un grande sorriso disse, “Tin tinbansunia.” Inclinò la testa nella direzione in cui si era diretta, come per dire: “Dai, vieni. Cosa stai aspettando?”
Mi alzai di scatto e corsi a camminare accanto a lei. “Tin tinbansunia?”
Indicò il sentiero e mi diedeun manico del cestino, così lo portammo tra di noi. Il sentiero conduceva su una ripida salita, dove poi si snodava attraverso una pineta sul lato oscuro dellaCollina Rocciosa. Le tende e le baracche sottostanti lasciavano il posto a capanne fatte di tronchi, con tetti di rami di paglia. Sembrava che avessimo lasciato il quartiere più povero e fossimo entrati in uno più ricco.
Le capanne erano distanziate e nessuno sembrava esserci nei paraggi. In basso, il rumore delle attività continuava, con molte persone che si occupavano delle loro faccende, ma lì nella foresta, tutto ciò che sentii fu la brezza tra le cime degli alberi e un corvo solitario gracchiare in lontananza.
“Chi abita qui?”
Non mi aspettavo alcuna risposta, ma pensai di poter leggere qualcosa nell’espressione della ragazza. E infatti così fu. Il semplice sorriso della ragazza era sparito, sostituito da uno sguardo di apprensione.
“Tin tinbansunia,” sussurrò e indicò una piccola capanna alla fine di un sentiero laterale, lontano dagli altri. Era circondato da alberi alti e scuri.
L’apprensione sul viso della ragazza divenne un’espressione di terrore. Capii che non voleva andare lì.
“Torniamo indietro.”Indicai il sentiero.
Guardò dove avevo indicato ma poi si trascinò verso la capanna. Tenevo ancora il manico opposto del cestino, quindi andai con lei, ma senza alcun entusiasmo.
Quando ci avvicinammo alla capanna, la porta si aprì cigolando sui cardini di cuoio e uscì un uomo ripugnante. Indossava solo la parte inferiore di una tunica legata con una corda sotto il suo enorme ventre e un paio di stivali neri. La sua testa con i capelli arruffatiera poggiata su spalle arrotondate, e sembrava che non avesse il collo. Non avevo mai visto così tanti peli su nessuno prima d’ora. Gli coprivano il petto, la pancia e gran parte del viso. Probabilmente anche la sua schiena, ma non volevo vederealtre parti di lui.
Rosicchiò l’ultimo pezzetto di carne dall’osso di un piccolo animale e lo gettò da parte. “È tutto quello che hai fatto?”Ringhiò alla ragazza, facendo un gesto verso il cestino.
La sua voce roca e rauca mi irritò. Qualcosa di grasso gli scorreva dall’angolo della sua bocca.Sputò per terra ai miei piedi. Mi guardò e si asciugò il mento con il dorso della mano.
La ragazza e io arretrammo. Non avevo mai saputo che un uomo grasso potesse muoversi così in fretta, ma si sporse in avanti e fece oscillare la mano prima che avessi l’occasione di voltarmi. Chiusi forte gli occhi, aspettandomi di sentirlo colpire il mio viso, invece colpì la ragazza. Non era uno schiaffo, le aveva tirato un forte pugno. Il colpo la fece sbattere contro un albero. La parte posteriore della sua testa colpì il tronco e lei si afflosciò, cadendo a terra.
Lasciai cadere il cestino e corsi dalla ragazza, inginocchiandomi al suo fianco. La feci girare e piansi. Il sangue le scorreva dalla bocca e dal naso e un livido viola cominciava a formarsi sul lato del suo viso. Aveva gli occhi chiusi.
“Tin tinbansunia,” sussurrai e la presi tra le braccia.
Non vidi arrivare lo stivale dell’uomo.
Capitolo Otto
Lo stivale pesante dell’uomo grasso mi colpì nel fianco, facendomi cadere all’indietro. Provai a gridare, ma non ne avevo fiato. Mi misi in ginocchio e mi sporsi in avanti, stringendomi lo stomaco con entrambe le mani, facendo fatica a respirare. Mentre l’uomo afferrava il braccio della ragazza per trascinarla verso la sua capanna, provai ad alzarmi, ma sentii una grande pressione sul mio petto e caddi di nuovo a terra, ancora senza fiato.
La ragazza aprì gli occhi e fece un debole tentativo di rimettersi in piedi, ma inciampò e cadde mentre l’uomo la trascinava via. Gridò e afferrò un palo vicino alla porta con la mano libera, ma lui la staccò via, la portò dentro e sbatté la porta. Sentii poi il bullone di legno cadere in posizione, segno del fatto che la porta veniva bloccata.
Non so per quanto tempo restai lì a piangere, ma alla fine riuscii ad alzarmi. Mi girava la testamentre raccoglievo le foglie e i ramoscelli dai tre gomitoli e li mettevo nel cestino. Quando poi posizionai il cestino accanto alla porta, non sentii alcun rumore all’interno. Bussai e aspettai una risposta, ma non ne arrivò nessuna. Bussai più forte e cercai di aprire la porta, ma non cedeva.
“Tin tinbansunia,” sussurrai attraverso una crepa nel legno. Non mi rispose nessuno
Dopo un altro momento, mi allontanai, dirigendomi verso il sentiero. Per quando arrivai alla tenda di Bostar, le mie lacrime si erano asciugate. Mi sentivo male. Non solo mi faceva male lo stomaco e il fianco, ma mi sentivo ferita nel profondo. Non era un sentimento che riuscivo a capire. Mi disturbava, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato non aiutando la ragazza. Volevo solo andare da Obolus e rannicchiarmi in quel luogo morbido tra il suo mento e il petto dove avevo dormito la sera prima.
Feci un sorriso a Bostar perché sembrava felice di vedermi e disse che gli piaceva il mio vestito. Era un omone come quello sullaCollina Rocciosa. Gli diedi il quadrato di stoffa del giorno prima, che avevo nascosto dietro la cintura, e lo vidimettere fuori le pagnotte. Sicuramente non era paragonabile all’uomo che aveva colpito Tin Tin Ban Sunia così forte.
“Hai…”cominciai con tono rauco, non rendendomi conto del fatto che non avessi più la voce. Deglutii e ricominciai. “Possiedi СКАЧАТЬ