Solo chi è destinato. Морган Райс
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Название: Solo chi è destinato

Автор: Морган Райс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Детская проза

Серия:

isbn: 9781094310817

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СКАЧАТЬ disposto a portarci fino alle Sette Isole?”

      “Dici che è una cosa saggia?” chiese Bolis.

      “In che altro modo possiamo trovare qualcuno?” chiese Royce. Anche se fossero andati nelle taverne a chiederlo sottovoce, la notizia si sarebbe presto diffusa. Magari questo modo d’azione era addirittura meglio. Alzò la voce. “Ve lo chiedo ancora: chi ci porta alle Sette Isole?”

      “Perché vuoi andarci?” rispose la voce di un uomo. Quando si fece avanti, videro che indossava abiti di seta da mercante, e aveva una struttura imponente e con la pancia prominente, indice di vita fin troppo benestante.

      “Ho degli affari lì,” disse Royce, non volendo svelare di più. “Ci sono persone che assolderebbero me e i miei compagni per le nostre capacità.”

      L’uomo si avvicinò di più. Royce gli guardò il volto, cercando di capire se l’uomo li avesse riconosciuti, ma non gli parve di cogliere nulla.

      “Quali capacità?” chiese il mercante. “Siete giullari? Giocolieri?”

      Royce pensò rapidamente. Magari non era così facile passare come mercenari, ma questo…

      “Certo,” disse. Fece molta attenzione a non guardare Bolis negli occhi. “Abbiamo un incarico alle Sette Isole.”

      “Devono essere tanti soldi, se ci andate,” disse il capitano. “Il che significa che potete pagare, giusto?”

      Royce tirò fuori un piccolo borsello. “Fino a un certo punto.”

      Se fossero arrivati dove si trovava suo padre, avrebbe pagato ogni singola corona contenuta nel borsello, e anche di più. Lanciò il borsello verso il capitano e l’uomo lo prese al volo.

      “È sufficiente?” chiese Royce.

      Quello era l’altro pericolo. L’uomo avrebbe potuto girarsi e tenersi i soldi, scappare alla sua nave, e se Royce avesse fatto qualcosa per tentare di fermarlo, questo avrebbe svelato la sua vera identità. Per un momento, tutto parve restare immobile e sospeso.

      Poi il capitano annuì. “Sì, può bastare. Vi porterò tutti insieme alle Sette Isole. Ma dopo sarete da soli.”

      CAPITOLO DUE

      Genevieve si allontanò barcollante dalla città, frastornata, quasi incapace di credere a ciò che era appena successo al castello di Altfor. Era andata lì piena di speranza, eppure adesso si sentiva come se non le fosse rimasto nulla. Pensava che con l’esercito del duca ora sconfitto, con Royce vittorioso, sarebbe stata capace di andare da lui, sarebbe stata capace di stare finalmente insieme a lui.

      Invece la sua mente le riportava di continuo l’immagine dell’anello al dito di Olivia, il gioiello che proclamava il fidanzamento dell’uomo che lei amava.

      Genevieve inciampò andando a sbattere con il piede contro una zolla di terra, e il movimento repentino le fece slogare la caviglia, redendola dolorante. Continuò a camminare, zoppicante, perché cos’altro le restava da fare? Del resto non poteva esserci nessuno lì ad aiutarla, in mezzo alla brughiera.

      “Avrei dovuto ascoltare la strega,” disse fra sé e sé mentre procedeva. La donna, Lori, aveva cercato di metterla in guardia dicendole che ci sarebbe stata solo miseria per lei se fosse andata al castello. Le aveva mostrato due sentieri, e le aveva promesso che quello che non conduceva a Royce era quello che l’avrebbe resa felice. Genevieve non le aveva creduto, ma ora… ora le sembrava che le si spezzasse il cuore.

      Una parte di lei si chiedeva se potesse essere ancora possibile prendere la direzione di quel secondo sentiero, ma anche mentre ci pensava, Genevieve sapeva che la possibilità era svanita. Non era solo il fatto che ora non si trovava nello stesso posto, ma c’era anche la questione che aveva comunque visto ciò che era successo a Royce, e lei non avrebbe mai potuto essere felice con nessun altro.

      “Devo andare a Porto Autunno,” disse Genevieve. La sua speranza era che la direzione che stava seguendo la portasse alla costa. Alla fine sarebbe arrivata, e ci sarebbe stata una barca che l’avrebbe portata dove doveva andare.

      Ormai Sheila doveva essere arrivata a Porto Autunno. Genevieve poteva andarci con lei, e insieme avrebbero potuto escogitare un modo per trarre il meglio da tutto ciò che era successo, sempre ammesso che esistesse un meglio. C’era forse qualche modo per trasformare in qualcosa di buono una situazione dove lei si trovava incinta del figlio di Altfor, dove l’uomo che amava l’aveva abbandonata e l’intero ducato era nel caos?

      Genevieve non lo sapeva, ma forse con l’aiuto di sua sorella, sarebbero state capaci di pensare a qualcosa.

      Continuò a procedere nel mezzo della brughiera, la fame che la perseguitava la stanchezza che iniziava a crescere appesantendole le ossa. Sarebbe stato tutto più facile da sopportare se Genevieve avesse saputo esattamente quanta strada ci fosse ancora da percorre, o dove fosse possibile trovare del cibo. E invece le lande sembravano dispiegarsi all’infinito davanti a lei.

      “Forse dovrei sdraiarmi qui e lasciarmi morire,” disse Genevieve, e anche se non lo pensava veramente, c’era una parte di lei che… no, non doveva neanche pensarci. Non l’avrebbe fatto.

      In lontananza le parve di vedere delle persone, ma si allontanò, perché non c’era modo che l’incontro con loro potesse trasformarsi in qualcosa di buono per lei. In quanto donna da sola in mezzo a quelle terre selvagge, era a rischio davanti a ogni gruppo di disertori o soldati o addirittura ribelli avesse potuto incontrare. In quanto moglie di Altfor la gente di Royce non aveva alcuna ragione per amarla.

      Decise quindi di allontanarsi dal loro fino a che non poté più vederli. Avrebbe fatto questo viaggio da sola.

      Solo che non era sola, giusto? Genevieve si mise una mano sulla pancia, come se fosse possibile sentire la vita che vi stava crescendo dentro. Il bambino di Altfor, ma anche suo. Doveva trovare un modo per proteggere suo figlio.

      Continuò a camminare mentre il sole iniziava a svanire all’orizzonte, illuminando le lande e trasformandole in strisce di arancio fuoco. Ma era un fuoco che non faceva nulla per tenere Genevieve al caldo, e infatti lei poté vedere il suo fiato che usciva come nebbia davanti a sé. Sarebbe stata una notte fredda. La cosa migliore da fare era trovare un buco o un fossato in cui rannicchiarsi, bruciando qualsiasi pezzo di torba o felce potesse mettere insieme per creare un fuoco vero.

      Al peggio sarebbe morta là fuori, congelata a morte nella brughiera che non mostrava alcuna gentilezza per le persone che tentavano di attraversarla a quel modo. Magari questo era addirittura meglio che andarsene in giro senza meta fino al punto di morire di fame. Una parte di Genevieve avrebbe voluto fermarsi e sedersi lì a guardare le luci che pian piano salutavano le lande, fino a che…

      Con un sussulto Genevieve si rese conto che non tutto l’arancio e il rosso sulla brughiera attorno a lei erano riflessi del tramonto. Lì in lontananza poteva vedere una luce che sembrava provenire da un qualche genere di edificio. C’erano delle persone là fuori.

      Prima la vista di un gruppo di persone era bastata a farle cambiare direzione e allontanarsi, ma questo era successo alla luce del sole e al caldo, quando la gente rappresentava niente più che pericolo. Ora, al buio e al freddo, quei pericoli erano controbilanciati dalla speranza di un ricovero.

      Genevieve zoppicò verso quella luce, anche se ogni passo che faceva le sembrava una battaglia. СКАЧАТЬ