In Cerca di Vendetta. Блейк Пирс
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Читать онлайн книгу In Cerca di Vendetta - Блейк Пирс страница 13

СКАЧАТЬ uccidere Hatcher.

      Quando raggiunsero la porta dell’ufficio di Meredith, entrambe si fermarono.

      Riley iniziò ad agitarsi.

      Jenn era ovviamente diretta anche lei nell’ufficio di Meredith.

      Perché era presente anche a lei a questo incontro? Aveva riferito a Meredith delle informazioni nascoste da Riley?

      Ma Jenn rimase semplicemente lì, continuando a non guardarla.

      Riley bussò alla porta del capo, e poi entrambe entrarono nella stanza.

      Il Capo Meredith era seduto dietro alla sua scrivania e il suo aspetto intimidiva come sempre.

      Disse: “Sedetevi.”

      Riley e Jenn obbedirono, occupando le sedie di fronte alla scrivania.

      Meredith restò in silenzio per un istante.

      Poi, aggiunse: “Agente Paige, Agente Roston, vorrei che deste il benvenuto al vostro nuovo partner.”

      Riley soffocò un sussulto. Guardò Jenn Roston, i cui occhi castani si erano spalancati alla notizia.

      “Sarà meglio che non sia un problema” Meredith riprese. “Il BAU è oberato  di casi al momento. Con l’Agente Jeffreys in licenza e gli altri impegnati, voi lavorerete insieme. Consideratelo un ordine con effetto immediato.”

      Riley comprese che il capo aveva ragione. L’unico altro agente con cui avrebbe davvero voluto lavorare era Craig Huang, ma al momento era impegnato a sorvegliare la sua casa.

      “D’accordo, signore” Riley si rivolse a Meredith.

      Jenn aggiunse: “Sarà un onore per me lavorare con l’Agente Paige, signore.”

      Quelle parole sorpresero un po’ Riley. Si chiese infatti, se la giovane fosse proprio sincera.

      “Non si ecciti troppo” l’uomo commentò. “Probabilmente, questo caso non sarà troppo impegnativo. Proprio questa mattina, il corpo di un’adolescente è stato trovato sepolto in un terreno coltivato vicino ad Angier, una piccola cittadina dell’Iowa.”

      “Omicidio singolo?” Jenn chiese.

      “Perché questo è un caso per il BAU?” Riley aggiunse.

      Meredith tamburellò con le dita sulla scrivania.

      “Immagino che probabilmente non lo sia” l’uomo esclamò. “Ma un’altra ragazza è scomparsa, qualche tempo prima, nella stessa cittadina, e non è ancora stata ritrovata. E’ un posto davvero piccolo, dove questo genere di cose in genere non avviene. La gente del luogo dice che nessuna di quelle ragazze era il tipo che scappava o andava con estranei.”

      Riley scosse dubbiosamente la testa.

      “Dunque, che cosa fa credere a tutti che sia l’opera di un serial killer?” domandò. “Senza un altro corpo, non è un po’ prematuro?”

      Meredith alzò le spalle.

      “In effetti, è così che la penso anch’io. Ma il capo della polizia di Angier, Joseph Sinard, è nel panico.”

      La fronte di Riley si corrugò al suono di quel nome.

      “Sinard” disse. “Dove ho già sentito quel nome?”

      Meredith sorrise e disse: “Forse sta pensando all’assistente esecutivo del direttore dell’FBI, Forrest Sinard. Joe Sinard è suo fratello.”

      Riley quasi roteò gli occhi. Ora aveva senso. Qualcuno in cima alla piramide alimentare dell’FBI era stato infastidito da un parente che aveva chiesto l’intervento del BAU. Aveva incontrato in passato casi in cui la politica aveva imposto la sua volontà.

      Meredith aggiunse: “Dovete uscire da qui e scoprire se ci sia davvero un caso di cui occuparsi.”

      “E che ne è del mio lavoro al caso Hatcher?” Jenn Roston chiese.

      Meredith rispose: “Sono in tanti ad occuparsene al momento: tecnici, inquirenti e altri. Immagino che abbiano accesso a tutte le sue informazioni.”

      Jenn annuì.

      Poi Meredith aggiunse: “Possono fare a meno di lei per qualche giorno. Sempre che questo caso richieda tanto tempo.”

      Riley stava provando davvero un misto di emozioni.

      Non sapeva dire se voleva o meno lavorare con Jenn Roston ed inoltre non intendeva perdere tempo su un caso che probabilmente non avrebbe dovuto neppure arrivare al BAU.

      Avrebbe preferito continuare ad insegnare a Blaine a sparare.

      O fare altre cose con Blaine, pensò, soffocando un sorriso.

      “Allora, quando partiamo?” Jenn chiese.

      “Il prima possibile” Meredith rispose. “Ho chiesto al Capo Sinard di non spostare il corpo, finché non arriverete lì. Volerete fino a Des Moines, dove gli uomini del Capo Sinard v’incontreranno e vi accompagneranno fino ad Angier. E’ a circa un’ora da Des Moines. Dobbiamo riempire il serbatoio dell’aereo, e prepararlo alla partenza. Nel frattempo, non allontanatevi troppo. Il decollo avverrà in meno di due ore.”

      Riley e Jenn lasciarono l’ufficio di Meredith. Riley andò dritta al suo ufficio, si sedette per un momento, guardandosi intorno senza scopo.

      Des Moines, pensò.

      Ci era stata soltanto qualche volta, ma era lì che sua sorella maggiore, Wendy, viveva. Le due sorelle, che si erano tenute lontane l’una dall’altra per anni, si erano rimesse in contatto il precedente autunno, quando il padre stava morendo. Era stata Wendy, e non Riley, ad essere accanto all’uomo quando era morto.

      Pensare a Wendy fece riemergere in lei il senso di colpa, insieme ad altri brutti ricordi. Il padre era stato duro con Wendy, che era scappata di casa quando aveva solo quindici anni. Riley invece ne aveva cinque. Dopo la morte del padre, si erano promesse di tenersi in contatto, ma finora erano riuscite soltanto a videochattare.

      Riley sapeva che avrebbe dovuto far visita alla sorella, quando le fosse stato possibile. Ma ovviamente, non subito. Meredith aveva detto che Angier distava un’ora da Des Moines, e che la polizia locale sarebbe andata a prenderle all’aeroporto.

      Forse posso andare a trovare Wendy prima di tornare a Quantico, pensò.

      Al momento, aveva un po’ di tempo da perdere prima che l’aereo del BAU decollasse.

      E c’era un’altra persona che desiderava incontrare.

      Era preoccupata per il suo partner storico, Bill Jeffreys. Viveva vicino alla base, ma erano diversi giorni che non lo vedeva. Bill soffriva della sindrome di PTSD, e Riley sapeva, per sua stessa esperienza, quanto era difficile riuscire a riprendersi.

      Tirò dunque fuori il cellulare, e digitò un messaggio.

      Pensavo di passare per qualche minuto. Sei a casa?

      Attese per qualche minuto. Il messaggio risultava “spedito”, ma non era ancora stato letto.

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