Название: Messaggi dallo Spazio
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: Le Cronache dell’invasione
isbn: 9781640294578
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23h 06m 29.283s, −05° 02′ 28.59. Erano lì nella sua mente, acquattati come un rospo che non intende muoversi, impossibili da dimenticare, impossibili da ignorare, per quanto Kevin tentasse di seguire le istruzioni di sua madre che diceva di dimenticarsene.
“Beh, facci sapere se ti serve qualcosa,” disse l’insegnante.
Kevin ancora non era sicuro di come rispondere. Era quel genere di cose che la gente diceva e che allo stesso tempo non avevano la minima utilità. L’unica cosa che gli serviva era quella che non potevano dargli: eliminare tutto questo, far tornare nuovamente normali le cose. Gli insegnanti sapevano un sacco di cose, ma non questo.
Eppure lui fece del suo meglio per fingere di essere normale per tutta la sua lezione di matematica, e anche per buona parte di quella di storia. La signorina Kapinski stava spiegando loro un qualche evento della storia dell’antica Europa, che Kevin non era certo comparisse in alcun programma ma in cui lei si era apparentemente specializzata laureandosi, e quindi pareva essere messo in rilievo più di quanto avrebbe dovuto
“Sapevate che la maggior parte delle rovine romane trovate nell’Europa settentrionale non sono realmente romane?” disse. A Kevin generalmente piacevano le lezioni della signorina Kapinski, perché non aveva paura di andare oltre i confini e raccontare loro qualsiasi frammento della storia le passasse per la testa. Era sempre un promemoria di quanto ci fosse stato al mondo prima di loro.
“Quindi sono dei falsi?” chiese Francis de Longe. In genere sarebbe stato Kevin a porre una domande del genere, ma si stava godendo la possibilità di stare in silenzio, diventando quasi invisibile.
“Non esattamente,” rispose la signorina Kapinski. “Quando dico che non sono romane, intendo dire che sono resti lasciati da gente che non era mai stata neanche vicino all’attuale Italia. Erano popolazioni locali, ma al passo con l’avanzata dei Romani, e delle loro conquiste, la gente del posto si rendeva conto che la cosa migliore da fare era adeguarsi ai modi dei Romani. Il modo in cui si vestivano, gli edifici in cui vivevano, la lingua che parlavano: cambiarono tutto perché fosse chiaro da che parte stavano e perché questo dava loro una maggiore possibilità di buone posizioni nel nuovo ordinamento.” Sorrise. “Poi, quando c’erano delle ribellioni contro Roma, una delle cose più importanti per prenderne parte era di non usare questi simboli.”
Kevin tentò di immaginarselo: la stessa gente in un luogo che andava a cambiare la propria identità con il mutamento dell’onda politica, l’intera esistenza stravolta a seconda di chi stava al governo. Pensava che potesse essere un po’ come trovarsi in una delle schiere popolari a scuola, cercando di indossare gli abiti giusti e di dire le cose corrette. Lo stesso era difficile da immaginare, e non solo perché immagini di paesaggi impossibili continuavano a filtrargli attraverso la mente.
Quella era probabilmente l’unica cosa buona nel suo disturbo: i sintomi erano invisibili. In un certo senso era anche la cosa che faceva paura. C’era questa cosa che lo stava uccidendo, e se la gente già non lo sapeva, non l’avrebbero mai scoperto. Poteva solo starsene seduto lì, e nessuno avrebbe mai…
Kevin sentì la visione che arrivava, nascendo dentro di lui come una sorta di pressione che prendeva forma nel suo corpo. C’era l’ondata di stordimento, la sensazione che il mondo si allontanasse mentre lui si collegava a qualcosa… di diverso. Fece per alzarsi per chiedere scusa, ma era ormai troppo tardi. Sentì le gambe che cedevano e crollò.
Stava guardando gli stessi paesaggi che ricordava dalle volte precedenti, il cielo con la tonalità sbagliata, gli alberi troppo contorti. Stava guardando il fuoco che bruciava, accecante e chiaro, come se venisse da ogni punto contemporaneamente. Aveva già visto tutto questo. Adesso però c’era un elemento nuovo: una debole pulsazione che sembrava ripetersi a intervalli regolari, precisa come il ticchettio di un orologio.
Una parte di Kevin sapeva che doveva essere un orologio, come sapeva anche, per istinto, che stava segnando il conto alla rovescia di qualcosa, e non semplicemente marcando il tempo. Le pulsazioni davano la sensazione di diventare man mano leggermente sempre più intense, come in una sorta di remoto crescendo. C’era anche una parola in una lingua che lui non poteva capire, ma che capiva.
“Aspetta.”
Kevin avrebbe voluto chiedere cosa dovesse aspettare, o per quanto, o per quale motivo. Ma non lo fece, in parte perché non era sicuro di chi dovesse sentire la sua richiesta, e in parte perché nello stesso momento in cui era arrivata, la visione era già finita, lasciandolo risalire dal buio per trovarsi disteso sul pavimento della classe con la signorina Kapinski in piedi su di lui.
“Resta lì sdraiato solo un momento, Kevin,” gli disse. “Ho mandato a chiamare il medico della scuola. Hal arriverà tra un minuto.”
Kevin si mise a sedere nonostante le sue istruzioni, perché ormai aveva imparato a riconoscere quelle sensazioni.
“Sto bene,” la rassicurò.
“Penso che dovremmo lasciare che sia Hal a giudicare.”
Hal era un ex paramedico, alto e grosso, che prestava servizio presso la scuola di St. Bredan, accertandosi che ogni emergenza venisse affrontata nel modo dovuto. A volte Kevin sospettava che lo facessero perché l’idea che ci fosse un medico a prestare soccorso poteva forse far ignorare le peggiori ferite.
“Ho visto delle cose,” riuscì a dire Kevin. “C’era un pianeta, e un sole ardente, e una specie di messaggio… come un conto alla rovescia.”
In un film qualcuno avrebbe insistito per contattare qualcuno di importante. Avrebbero riconosciuto l’importanza del messaggio. Ci sarebbero state delle riunioni e delle indagini. Qualcuno avrebbe fatto qualcosa. Fuori dai film, Kevin era solo un ragazzo di tredici anni e la signorina Kapinski lo guardò con un miscuglio di pena e tenue stupore.
“Beh, sono sicura che non è niente,” disse. “Probabilmente è normale vedere ogni genere di cosa se ti capitano questa sorta di… episodi.”
Attorno a loro Kevin poteva sentire i bisbigli degli altri ragazzi in classe. Niente di tutto questo lo fece sentire minimamente meglio.
“… caduto e ha iniziato a fremere…”
“… avevo sentito che stava male, spero solo che non si prenda…”
“… Kevin pensa di vedere i pianeti…”
L’ultima osservazione fu quella che gli fece più male. Faceva apparire Kevin come se fosse pazzo. Kevin non stava diventando pazzo. O almeno non pensava.
Nonostante i migliori tentativi nell’insistere che stava bene, dovette comunque andare con Hal quando il medico arrivò. Dovette sedersi nell’infermeria della scuola mentre l’uomo gli guardava gli occhi con una luce e gli faceva domande su una patologia così rara che ovviamente neanche lui aveva più idea di Kevin di cosa stesse accadendo.
“Il preside voleva vederci non appena mi fossi accertato che stavi bene,” disse. “Te la senti di camminare fino al suo ufficio, o gli chiediamo di venire qui?”
“Posso camminare,” disse Kevin. “Sto bene.”
“Se lo dici tu,” disse Hal.
Si diressero verso l’ufficio del preside, e Kevin non fu quasi per nulla sorpreso di trovare lì sua madre. Era ovvio che l’avessero chiamata per un’emergenza medica, era ovvio che fosse lì se lui era svenuto, ma non СКАЧАТЬ