Название: Ribelle, Pedina, Re
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: Di Corone e di Gloria
isbn: 9781632919847
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“Ha cercato di uccidermi,” ricordò Tano a se stesso.
“Cosa c’è?” chiese il capitano, e Tano si rese conto di aver parlato a voce alta.
“Niente,” rispose. “La verità è che non lo so. Sto cercando una persona, e l’Isola dei Prigionieri è l’unico posto dove potrebbe essere finita.”
Sapeva che la nave di Ceres era affondata lungo il suo viaggio verso l’isola. Se era sopravvissuta, allora aveva senso che lei ce l’avesse fatta ad arrivare fino a lì, giusto? Questo spiegava anche perché Tano non aveva visto fino a quel momento nessuna traccia di lei. Se fosse stata capace di tornare da lui, Tano voleva credere che l’avrebbe fatto.
“Pare un rischio orrendo da correre per non saperlo,” disse il capitano.
“Per lei ne vale la pena,” gli assicurò Tano.
“Dev’essere qualcosa di speciale per essere meglio della signora Stefania,” disse il contrabbandiere con un tono di voce lascivo che fece venire voglia a Tano di tirargli un pugno.
“È mia moglie quella di cui stai parlando,” disse Tano, e riconobbe subito l’ovvio problema.
Non poteva certo difenderla dopo che era stato lui stesso ad abbandonarla e considerato il fatto che lei aveva ordinato la sua morte. Probabilmente meritava qualsiasi cosa la gente dicesse di lei.
Ora, se solo fosse riuscito a convincersi di questo. Se solo i suoi pensieri di Ceres non continuassero ad essere inframezzati da pensieri di Stefania: mentre era con lui alla festa al castello, durante i momenti di quiete, come lo aveva guardato la mattina dopo il loro matrimonio…
“Sei certo di potermi portare sano e salvo all’Isola dei Prigionieri?” chiese Tano. Non ci era mai stato, ma l’isola intera era intesa come una fortezza ben sorvegliata, impossibile da sfuggire per coloro che vi venivano portati.
“Oh, è piuttosto semplice,” lo rassicurò il capitano. “Ci passiamo qualche volta. Le guardie vendono alcuni prigionieri che hanno ridotto in schiavitù. Li legano a dei pali sulla riva in modo che li vediamo man mano che ci avviciniamo.”
Tano aveva già deciso da un pezzo che odiava quell’uomo. Teneva il commento per sé comunque, perché in quel momento quel contrabbandiere era l’unica possibilità che aveva per arrivare all’isola e trovare Ceres.
“Non desidero esattamente imbattermi nelle guardie,” sottolineò.
L’uomo scrollò le spalle. “Anche questo è facile. Ci avviciniamo, ti lasciamo su una barchetta e proseguiamo come se fosse una normalissima visita. Poi ti aspettiamo al largo della costa. Non troppo, bada bene. Se aspettiamo troppo potrebbero immaginare che stiamo facendo qualcosa di sospettoso.”
Tano non aveva alcun dubbio che quel bandito l’avrebbe abbandonato, data la minaccia per la sua nave. Solo la prospettiva di profitto l’aveva portato a quel punto. Un uomo come quello certo non poteva capire l’amore. Per lui si trattava probabilmente di qualcosa che si prendeva in affitto a ore vicino al molo. Ma aveva portato Tano a quel punto. Era questo che contava.
“Ti rendi conto che anche se trovi questa donna sull’Isola dei Prigionieri,” disse il capitano, “potrebbe non essere come te la ricordi?”
“Ceres sarà sempre Ceres,” insistette Tano.
Sentì l’altro uomo fare una smorfia. “Facile da dire, ma non sai le cose cha fanno in questo posto. Alcuni di quelli che ci vendono come schiavi sono ridotti in condizioni tali da non essere più in grado di fare nulla da soli se non glielo ordiniamo.”
“E sono certo che ne siete contenti,” disse Tano con tono secco.
“Non ti piaccio molto, eh?” chiese il capitano.
Tano ignorò la domanda e continuò a fissare il mare. Entrambi sapevano la risposta e in quel momento lui aveva cose migliori a cui pensare. Doveva trovare un modo di localizzare Ceres, qualsiasi fosse…
“Quella è terraferma?” chiese indicando.
Non era niente più che un puntino all’orizzonte all’inizio, ma anche così sembrava cupa, circondata da nuvole e da onde impetuose. Man mano che si faceva più grande, Tano poté provare un senso di oscuro presagio crescere in lui.
L’isola si ergeva in una serie di picchi di granito che sembravano i denti di una qualche grossa bestia. Un bastione era collocato in cima alla punta più alta dell’isola, un faro al di sopra di esso era costantemente acceso, come ad avvisare tutti coloro che potevano avvicinarsi. Tano vide degli alberi da un lato dell’isola, ma la maggior parte dell’area pareva spoglia.
Ma quando furono più vicini, poté scorgere delle finestre che sembravano intagliate direttamente nella roccia dell’isola, come se l’intero posto fosse stato scavato per rendere la prigione più grande. Vide anche delle spiagge di argillite, con ossa bianche candide che protrudevano dal suolo. Tano udì delle grida e impallidì rendendosi conto che non era in grado di distinguere se si trattasse di uccelli di mare o di persone.
Tano fece scivolare la sua barchetta fino alla riva, rabbrividendo di disgusto alla vista di manette sistemate lì sotto la linea della marea. La sua immaginazione gli fece subito capire a cosa servissero: per torturare o uccidere i prigionieri usando le onde. Una serie di ossa abbandonate sulla spiaggia raccontava già di per sé la propria storia.
Il capitano della nave di contrabbandieri si voltò verso di lui e sorrise.
“Benvenuto all’Isola dei Prigionieri.”
CAPITOLO DUE
A Stefania il mondo sembrava cupo senza Tano lì con lei. Le pareva freddo nonostante il calore del sole, nonostante il via vai della gente che animava il castello. Guardò verso la città. Avrebbe felicemente dato fuoco a tutto, dato che niente di tutto ciò significava più niente per lei. Tutto ciò che poteva fare era sedere vicino alle finestre della sua stanza e sentirsi come se qualcuno le avesse strappato il cuore dal petto.
Forse qualcuno l’avrebbe potuto fare. Aveva rischiato tutto per Tano, dopotutto. Qual era precisamente il pegno per aver assistito un traditore? Stefania conosceva la risposta, perché era la stessa a qualsiasi altra questione nell’Impero: qualsiasi cosa il re avrebbe deciso. Aveva pochi dubbi che l’avrebbe voluta morta per questo.
Una delle sue damigelle le porse una tisana d’erbe calmante. Stefania la ignorò, anche quando la ragazza posò la tazza su un piccolo tavolino di pietra accanto a lei.
“Mia signora,” disse la ragazza, “alcune persone… si stanno chiedendo… non dovremmo fare preparativi per lasciare la città?”
“Lasciare la città,” disse Stefania. Poteva sentire quanto piatta e stupida risuonasse la sua stessa voce.
“È solo che… non siamo in pericolo? Con tutto quello che è successo, e tutto quello che voi ci avete fatto fare… per aiutare Tano.”
“Tano!” Il nome la scosse dal suo intontimento per un attimo, e subito seguì la rabbia. Stefania prese l’infuso di erbe. “Non osare nominare il suo nome, stupida ragazzina! Fuori! Vai fuori!”
Stefania СКАЧАТЬ