Название: Vincitore, Vinto, Figlio
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: Di Corone e di Gloria
isbn: 9781640293069
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Riconobbe all’istante l’opera degli Antichi. Solo loro potevano aver fatto una cosa del genere. Forse gli stregoni avevano trovato il potere per creare un’illusione, ma questo sembrava reale. Si sentiva addirittura l’odore di erba fresca e gocce di rugiada. La barca andò a sbattere contro la riva e Ceres vide un ampio prato davanti a sé, pieno di fiori selvatici dal profumo dolce e delicato. Alcuni sembravano muoversi con lei al suo passaggio e Ceres si sentì sfiorare la gamba da delle spine che le procurarono un acuto dolore e la ferirono facendo spillare alcune gocce di sangue dalla carne ferita.
Ma subito le piante si tirarono indietro. Apparentemente, qualsiasi sorta di difesa fossero, non avevano intenzione di tenere alla larga lei.
Le ci volle un po’ per rendersi conto che c’erano due cose strane nel posto in cui stava camminando. Beh, sicuramente più strane di un pezzo di campagna nel mezzo di un complesso di grotte.
La prima cosa strana era il modo in cui sembrava che le visioni del passato fossero finite. Nelle caverne prima non avevano mai smesso di apparire e scomparire, mostrando l’attacco finale da parte degli Antichi contro la casa degli stregoni. Qui il mondo non sembrava essere incastrato tra due punti. Qui era pacifico e normale, senza i costanti mutamenti provati nel resto di quel posto.
La seconda cosa strana era la cupola di luce che sembrava sorgere nel cuore di quel luogo, brillando dorata e stagliandosi contro il verdeggiante colore dell’ambiente circostante. Era grande quanto una grossa casa, o come la tenda di un qualche signore nomade, ma pareva essere fatta quasi interamente di energia. Guardandola pensò che all’inizio quella cupola fosse una sorta di scudo o parete. Ma in qualche modo Ceres sapeva che si trattava di qualcosa di diverso. Era un posto vivente, era una casa.
E immaginò che fosse anche il posto dove avrebbe potuto trovare quello che stava cercando, qualsiasi cosa fosse. Per la prima volta da quando aveva messo piede nella casa degli stregoni, Ceres osò provare un barlume di speranza. Forse quello era il posto dove avrebbe recuperato i suoi poteri.
Forse dopotutto sarebbe stata capace di dare il suo contributo per salvare Haylon.
CAPITOLO TRE
Mentre navigava verso la Costa delle Ossa di Cadipolvere, Jeva soffriva della più strana sensazione mai provata in vita sua: era preoccupata di poter morire.
Era una sensazione nuova per lei. Non era qualcosa di cui la sua gente fosse abituata ad avere esperienza. Di certo non era qualcosa che lei mai avesse desiderato. Probabilmente la si poteva considerare una sorta di eresia che le passava accanto e le faceva vedere la possibilità di potersi unire ai morti in attesa, facendola effettivamente preoccupare di farlo. Quelli del suo popolo accoglievano con gioia la morte, addirittura la desideravano come una possibilità di essere tutt’uno con i propri antenati. Non ne temevano il rischio.
Eppure era esattamente quello che Jeva stava provando adesso, mentre vedeva la debole linea della costa di Cadipolvere che appariva all’orizzonte. Temeva di essere uccisa per ciò che doveva dire. Temeva di essere mandata a raggiungere quegli antenati invece di essere in grado di aiutare Haylon. Si chiedeva cosa fosse cambiato.
La risposta era piuttosto semplice: Tano.
Jeva si trovò a pensare a lui mentre navigava verso terra e osservava gli uccelli di mare che si riunivano in stormi fluttuanti in attesa della prossima occasione di cibo. Prima di incontrarlo era… beh, forse non uguale a tutti quelli del suo popolo, perché la maggior parte di loro non sentiva la necessità di navigare fino a Porto Sottovento e oltre. Lo stesso si era sentita una di loro, era stata una di loro. Di certo non provava paura.
Ora on era esattamente paura per se stessa, anche se sapeva perfettamente bene che c’era in ballo la sua stessa vita. Era più preoccupata di ciò che sarebbe potuto accadere a coloro che aveva lasciato ad Haylon se non ce l’avesse fatta a tornare. E a Tano.
Quella era un’altra forma di eresia. Per i vivi nulla contava, eccetto l’essere utili al compimento dei desideri dei morti. Se un’intera isola di gente moriva per mano di un invasore, quello era un onore glorioso per loro, non qualcosa da trattare come un imminente disastro. Tutto ciò che importava nella vita era esaudire i desideri dei morti e ottenere per se stessi una fine che fosse correttamente gloriosa. Gli oratori dei morti l’avevano reso chiaro. Jeva aveva addirittura udito lei stessa i sussurri dei morti quando il fumo si era levato dalle pire dei veggenti.
Continuò a navigare, ignorando quelle sensazioni e sentendo la spinta delle onde contro il timone mentre teneva la sua piccola barca in rotta verso casa. Ora si trovava ad udire altre voci che discutevano per avere compassione, per salvare Haylon, per aiutare Tano.
Lo aveva visto rischiare la sua stessa vita per aiutare gli altri per nessuna evidente ragione che lei potesse vedere. Quando si era trovava legata a una nave di Cadipolvere come una polena, aspettando di essere scuoiata, lui era venuto a salvarla. Quando avevano lottato fianco a fianco lo scudo di Tano era stato il suo in un modo mai visto con il suo popolo.
Aveva visto in Tano qualcosa da ammirare. Forse più che da ammirare. Aveva visto qualcuno che si trovava al mondo per fare il meglio che poteva, non solo per trovare il modo più perfetto per esistere. Le nuove voci che Jeva udiva le dicevano che quello era il modo in cui anche lei avrebbe dovuto vivere, e che andare in soccorso ad Haylon era parte di questo.
Il problema era che Jeva sapeva benissimo che quelle voci venivano solo da dentro di lei. Non avrebbe dovuto ascoltarle così fortemente. La sua gente di certo non l’avrebbe fatto.
“Quello che è rimasto di loro,” disse Jeva, e il vento si portò via le sue parole.
Il villaggio della sua tribù era sparito. Ora sarebbe andata a un altro luogo di riunione per chiedere a un altro gruppo della sua gente le loro vite. Jeva sollevò lo sguardo e osservò il modo in cui il vento gonfiava la piccola vela della sua barca. Poi guardò verso la schiuma che imbiancava l’oceano. Tutto tranne pensare a quello che avrebbe dovuto fare per farlo accadere. Lo stesso le parole vennero fuori, incontrovertibili come la fine della vita.
Avrebbe dovuto affermare di parlare con le parole dei morti.
C’era voluto il mondo dei morti per farli andare a Delo, anche se Jeva e Tano quella volta non avevano sostenuto di parlare per loro. Ma Jeva non poteva semplicemente lasciare questa cosa agli oratori. C’erano troppe probabilità che dicessero di no, e poi cosa sarebbe successo?
La morte del suo amico. Non poteva permetterlo. Anche se questo significava fare l’inimmaginabile.
Jeva guidò l’imbarcazione più vicina alla costa facendosi strada tra gli scogli e i relitti di navi che vi si erano schiantate contro. Quella non era la spiaggia più vicina alla sua vecchia casa, ma un posto un po’ più in là lungo la costa, in un altro dei grandi luoghi di riunione. Però erano pur sempre riusciti a mantenere puliti i relitti. Jeva sorrise sentendosene un poco orgogliosa.
Delle barche uscirono in mare e avanzarono verso di lei. Per lo più erano imbarcazioni leggere, canoe a bilanciere, disegnate per intercettare ciò che era ovviamente qualcosa di fattura non appartenente al Popolo delle Ossa. Se Jeva non fosse stata ovviamente una di loro, si sarebbe potuta trovare a combattere per la propria vita. Invece le si raccolsero attorno ridendo e scherzando nel modo che mai usavano con gli stranieri.
“Una barca bellissima, sorella. Quanti uomini hai ucciso per averla?”
“Ucciso?” disse un altro. “Probabilmente СКАЧАТЬ