Il Sussurratore delle Catene . Блейк Пирс
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il Sussurratore delle Catene - Блейк Пирс страница 5

СКАЧАТЬ disse. “E’ stato qui.”

      Bill non rispose. Sembrava dubbioso.

      “Non mi credi?” la donna gli chiese. “Ho trovato dei ciottoli nel mio letto. Deve averceli messi lui. Non possono esserci arrivati in un altro modo.”

      Bill scosse la testa.

      “Riley, sono certo che ci fosse davvero un intruso” le disse. “Non lo hai immaginato. Ma Peterson? Ne dubito fortemente.”

      Riley iniziò ad irritarsi.

      “Bill, ascoltami. Ho sentito rantolare contro la porta, una notte, e, guardando fuori, ho trovato dei ciottoli. Marie ha sentito gettare ciottoli contro la finestra della sua camera da letto. Di chi altro potrebbe trattarsi?”

      Bill sospirò e scosse la testa.

      “Riley, sei stanca” le rispose. “E quando si è stanchi e si ha un’idea fissa in mente, è facile credere a qualunque cosa. Può succedere a chiunque.”

      Riley stentò a trattenere le lacrime.

      In tempi migliori, Bill si sarebbe fidato del suo istinto senza esitazione. Ma quei giorni erano finiti e lei conosceva bene la ragione. Poche notti prima, gli aveva telefonato da ubriaca, chiedendogli di cedere alla loro attrazione reciproca ed iniziare una relazione. Era stato un enorme sbaglio, e lo sapeva: non aveva più bevuto un solo goccio da allora. Nonostante questo, le cose non erano andate bene tra loro, dopo.

      “So perché parli così, Bill” ribatté. “E’ tutto per quella stupida telefonata. Non ti fidi più di me.”

      Ora la voce di Bill esprimeva rabbia.

      “Dannazione, Riley, sto solo cercando di essere realistico.”

      Riley stava fremendo di rabbia. “Vattene, Bill.”

      “Ma Riley —”

      “Credermi o no è una tua scelta. Ma ora voglio che te ne vada.”

      Con un’aria rassegnata, Bill si alzò dal tavolo e se ne andò.

      Dalla porta della cucina, Riley vide che quasi tutti avevano lasciato la sua abitazione, inclusa April. Lucy rientrò.

      “L’Agente Huang lascerà un paio di agenti qui” la informò. “Sorveglieranno la casa da un’auto, per il resto della notte. Non sono certa che sia una buona idea che lei resti qui dentro da sola. Sarei felice di restare.”

      Riley si sedette a riflettere per un istante. Quello che voleva — quello di cui aveva bisogno in questo momento — era che qualcuno credesse che Peterson non era morto. Dubitava di riuscire a convincere Lucy di questo.

      Tutta la situazione sembrava senza speranza.

      “Starò benissimo, Lucy” la rassicurò.

      Lucy annuì e lasciò la cucina. Riley sentì il suono dei passi degli ultimi agenti, che lasciavano la casa e chiudevano la porta alle loro spalle. Si alzò e andò la porta principale e quella sul retro per assicurarsi che fossero ben chiuse.

      Poi, andò nel soggiorno e si guardò intorno. La casa sembrava stranamente illuminata: ogni singola luce era accesa.

      Devo spegnerne qualcuna, pensò.

      Ma non appena raggiunse l’interruttore del soggiorno, le dita si bloccarono. Non poteva farlo. Era paralizzata dal terrore.

      Peterson, lo sapeva, stava ritornando per lei.

      Capitolo 3

      Riley esitò per un momento, all’atto di entrare nell’edificio del BAU, chiedendosi se fosse davvero pronta ad affrontare tutti quel giorno.

      Non aveva chiuso occhio la notte precedente, ed era davvero stanca. La sensazione di terrore che l’aveva tenuta sveglia per tutta la notte aveva assorbito totalmente l’adrenalina, finché non ne era rimasta priva. Ora, si sentiva proprio svuotata.

      Riley fece un respiro profondo.

      E’ la sola via d’uscita.

      Raccolse le idee ed entrò nell’affollato labirinto, popolato da agenti dell’FBI, da specialisti scientifici e dal personale di supporto.

      Mentre attraversava la zona delle postazioni di lavoro, tutti sollevarono lo sguardo dal computer. Molti le sorrisero, e non pochi le mostrarono il pollice alto.

      Riley iniziò lentamente a sentirsi contenta di aver deciso di andare lì. Aveva bisogno di tirarsi su il morale.

      “Ben fatto con il Killer delle Bambole” un giovane agente esclamò.

      A Riley occorsero un paio di secondi per comprendere che cosa intendesse. Poi, comprese che il “Killer delle Bambole” doveva essere il nuovo soprannome di Dirk Monroe, lo psicopatico che aveva appena catturato. Il soprannome aveva senso.

      Riley notò anche un’espressione più dubbiosa sui volti di alcuni dei colleghi, che la guardavano. Senza dubbio, avevano saputo dell’incidente a casa sua, la notte scorsa, quando un’intera squadra si era precipitata sul posto, dopo che lei aveva dato l’allarme.

      Probabilmente si chiedono se sono in me, pensò. Per quanto ne sapesse, nessun altro al Bureau credeva che Peterson fosse ancora vivo.

      Riley si fermò davanti alla scrivania di Sam Flores, un tecnico di laboratorio con un paio di occhiali con montatura scura, impegnato al computer.

      “Che notizie hai per me, Sam?” Riley chiese.

      Sam alzò gli occhi dallo schermo, guardandola.

      “Intendi sull’intrusione in casa tua, giusto? Ecco, proprio ora sto esaminando alcuni rapporti preliminari. Temo che non ci sia molto. I tecnici del laboratorio non hanno trovato niente sui ciottoli — niente DNA o fibre. Nemmeno impronte digitali.”

      Riley sospirò, scoraggiata.

      “Fammi sapere se cambia qualcosa” replicò, dando un colpetto sulla spalla di Flores.

      “Non ci conterei” Flores ribatté.

      Riley proseguì nell’area, condivisa da alcuni agenti anziani. Passando davanti ai piccoli uffici, con pareti in vetro, notò che Bill non c’era. Ne fu sollevata ma sapeva bene che il confronto era solo rimandato: presto o tardi avrebbero dovuto chiarire.

      Giunta nel suo ufficio, ordinato e ben organizzato, Riley trovò un messaggio telefonico di Mike Nevins, lo psichiatra forense di Washington D.C., che talvolta aveva consultato per i casi del BAU.

      Negli anni si era affidata a lui, che considerava un’importante risorsa non solo dal punto di vista lavorativo. Mike, infatti, l’aveva aiutata, quando aveva sofferto della Sindrome Post Traumatica da Stress, dopo che Peterson l’aveva catturata e torturata. Ora certamente l’aveva chiamata per chiederle del suo stato psicologico, come faceva sempre.

      Stava per richiamarlo, quando la grande sagoma dell’Agente Speciale Brent Meredith comparve sulla porta. СКАЧАТЬ