Название: Il Killer Dell’orologio
Автор: Блейк Пирс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Современные детективы
Серия: Un Mistero di Riley Paige
isbn: 9781632919045
isbn:
Jilly era una ragazza che Riley aveva salvato dal traffico sessuale: una tredicenne magrissima e dai capelli scuri, senza una famiglia, ad eccezione di un padre violento. Riley aveva chiamato spesso, per accertarsi dello stato di Jilly.
Riley sentì Brenda sospirare.
“Ha fatto bene a chiamare” Brenda disse. “Avrei voluto che più persone avessero mostrato un po’ di interesse. Jolly è ancora con noi.”
Il cuore di Riley sprofondò. Continuava a sperare che un giorno, alla sua domanda, le venisse risposto che Jilly aveva trovato un’amorevole famiglia adottiva. Ma non era quello il giorno. Adesso Riley era preoccupata.
Disse: “L’ultima volta che abbiamo parlato, temeva di doverla rimandare di nuovo dal padre.”
“Oh, no, siamo giunti ad una soluzione legale per questo. Abbiamo ottenuto un ordine restrittivo per tenerlo lontano da lei.”
Riley emise un sospiro di sollievo.
“Jilly chiede continuamente di lei” disse Brenda. “Le piacerebbe parlarle?”
“Sì. La prego.”
Brenda mise Riley in attesa. Quest’ultima si chiese improvvisamente se fosse o meno una buona idea. Ogni volta che parlava con Jilly, finiva per sentirsi in colpa. Non riusciva a comprenderne il motivo però. Dopotutto, aveva salvato Jilly da una vita di sfruttamento e abusi.
Ma salvata per cosa? si chiese. Che tipo di vita doveva attendersi Jilly?
Sentì la voce di Jilly.
“Ehi, Agente Paige.”
“Quante volte devo dirti di non chiamarmi in quel modo?”
“Scusa. Ehi, Riley.”
Riley rise sommessamente.
“Ehi tu. Come stai?”
“Bene, credo.”
Cadde il silenzio.
Una tipica adolescente, Riley pensò. Era sempre difficile far parlare Jilly.
“Allora, che cosa stai facendo?” le chiese Riley.
“Mi sono appena svegliata” la ragazza rispose, sembrando un po’ stordita. “Sto per fare colazione.”
Riley poi si rese conto che erano ben tre ore indietro rispetto a lei a Phoenix.
“Scusami se ho chiamato così presto” Riley disse. “Continuo a dimenticarmi della differenza d’orario.”
“Non fa niente. E’ carino che tu chiami.”
Riley sentì uno sbadiglio.
“Allora, andrai a scuola oggi?” le chiese ancora Riley.
“Sì. Ci fanno uscire ogni giorno dalla gabbia per farlo.”
Era la piccola battuta ricorrente di Jilly, definire il ricovero, “gabbia”, proprio come se fosse una prigione. Riley non trovava la cosa molto divertente.
Riley disse: “Allora ti lascio fare colazione e prepararti.”
“No, aspetta un attimo” la ragazza rispose.
Cadde di nuovo il silenzio e a Riley sembrò di aver sentito Jilly inghiottire un singhiozzo.
“Nessuno mi vuole, Riley” Jilly aggiunse. Ora stava piangendo. “Le famiglie adottive continuano ad evitarmi. Non amano il mio passato.”
Riley era stupita.
Il suo “passato”? pensò. Gesù, come poteva una tredicenne avere un “passato”? Che cosa prende alla gente?
“Mi dispiace” disse Riley.
Jilly parlava a scatti, tra le lacrime.
“E’ come … ecco, sai, è … voglio dire, Riley, sembra che tu sia la sola a cui importi di me.”
La gola doleva alla donna e gli occhi le bruciavano. Non riusciva a rispondere.
Jilly esclamò: “Non potrei venire a vivere con te? Non darei troppo fastidio. Hai una figlia, giusto? Lei potrebbe essere come mia sorella. Potremmo prenderci cura l’una dell’altra. Mi manchi.”
Riley si sforzò di parlare.
“Io … non penso che sia possibile, Jilly.”
“Perché no?”
Riley si sentì devastata. Quella domanda l’aveva colpita come un proiettile.
“Proprio… non è possibile” le disse.
Poteva ancora sentire Jilly piangere.
“Va bene” la ragazza disse. “Devo andare a fare colazione. Ciao.”
“Ciao” rispose Riley. “Ti richiamo presto.”
Sentì un clic, mentre Jilly metteva fine alla telefonata. Riley si curvò sulla scrivania, le lacrime le rigavano il volto. La domanda di Jilly continuava a ripetersi nella sua testa …
“Perché no?”
C’erano mille ragioni. Era già completamente occupata con April, così com’era. Era troppo assorbita dal lavoro, che le consumava tempo ed energia. Ed era in qualche modo qualificata o preparata a gestire le cicatrici psicologiche di Jilly? Naturalmente no.
Riley si asciugò le lacrime e si mise eretta sulla sedia. Concedersi di autocommiserarsi non avrebbe aiutato nessuno. Era il momento di tornare all’opera. C’erano ragazze che stavano morendo là fuori, e avevano bisogno di lei.
Prese il fascicolo e lo aprì. Era tempo, si chiese, di tornare nell’arena?
CAPITOLO TRE
Scratch era seduto sul dondolo del portico, intento ad osservare i bambini andare e venire nei loro costumi di Halloween. In genere, gli piaceva averli intorno, mentre andavano in giro a chiedere “Dolcetto o scherzetto?”. Ma, in quell'anno, sembrava un’occasione agrodolce.
Quanti tra questi bambini saranno vivi tra poche settimane? si chiese.
Sospirò. Probabilmente nessuno di loro. La scadenza era vicina e nessuno stava prestando attenzione ai suoi messaggi.
Le catene del dondolo stavano cigolando. Cera una leggera pioggia calda che stava cadendo, e Scratch sperava che i bambini non prendessero il raffreddore. Aveva una cesta di dolci sulle ginocchia, e si stava dimostrando abbastanza generoso. Si stava facendo tardi, e presto non ci sarebbero più stati bambini.
Nella mente di Scratch, il nonno si stava ancora lamentando, sebbene l’anziano uomo irritabile fosse morto anni fa. E non importava che Scratch fosse un adulto ora, non si sarebbe mai liberato dai СКАЧАТЬ