Название: Il Killer della Rosa
Автор: Блейк Пирс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Современные детективы
Серия: Un Mistero di Riley Paige
isbn: 9781632915757
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“Che cosa farai oggi?” le chiese.
“Che cosa pensi?” April scattò. “Andrò a scuola.”
“Intendo dire dopo” Riley disse, mantenendo un tono di voce calmo, compassionevole. “Sono tua madre. Voglio saperlo. E' normale.”
“Niente è normale nelle nostre vite.”
Mangiarono in silenzio per alcuni istanti.
“Non mi dici mai niente” Riley disse.
“Nemmeno tu.”
Queste parole allontanarono definitivamente ogni speranza di una conversazione.
E' giusto, Riley pensò amaramente. Era più vero di quanto April sapesse. Riley non le aveva mai parlato del suo lavoro, dei suoi casi; non le aveva mai raccontato della sua prigionia, di quando era stata all'ospedale, o del motivo per cui fosse “in vacanza” ora. Tutto quello che April sapeva era che aveva dovuto vivere col padre per la maggior parte del tempo, e che lei lo odiava più di quanto odiasse Riley. Ma, per quanto volesse parlargliene, Riley pensò che fosse meglio che April non avesse alcuna idea di quanto sua madre avesse passato.
Riley si vestì e accompagnò April a scuola, e le due non si scambiarono una sola parola durante tutto il tragitto. Quando April uscì dall'auto, lei le disse: “Ci vediamo alle dieci.”
April le diede una fredda occhiata, mentre si allontanava.
Riley guidò fino ad un caffè. Per lei, era diventata un'abitudine. Era difficile per lei trascorrere del tempo in un luogo pubblico, e sapeva che era esattamente quello che doveva fare. Il caffè era piccolo e sempre mezzo vuoto, anche in una mattina come quella, pertanto era il posto ideale.
Mentre era seduta lì, a sorseggiare un cappuccino, ricordò di nuovo la supplica di Bill. Erano trascorse sei settimane, dannazione. Questo doveva cambiare. Lei doveva cambiare. Ma non sapeva come fare.
Ma le si stava formando un'idea. Sapeva esattamente quale fosse la prima cosa da fare.
Capitolo 4
La fiamma bianca della torcia al propano oscillava di fronte a Riley. Dovette schivarla avanti e indietro, per evitare di bruciarsi. La luminosità l'accecava e non riusciva nemmeno più a vedere il volto del suo carceriere. Mentre la torcia oscillava, sembrava lasciare tracce persistenti nell'aria.
“Smettila!” lei gridò.“Smettila!”
La sua voce era debole e rauca per aver gridato troppo. Si chiese perché stava perdendo fiato. Lei sapeva che non avrebbe smesso di tormentarla finché non fosse morta.
Proprio allora, lui sollevò una tromba pneumatica e la soffiò nell'orecchio di lei.
Si sentì suonare il clacson di un'auto. Riley ripiombò nel presente, e alzò lo sguardo, notando che la luce del semaforo all'incrocio era diventata verde. Una fila di auto attendeva dietro il veicolo, e lei pigiò l'acceleratore.
Riley, con i palmi sudati, scacciò quel ricordo e rammentò a se stessa dove fosse. Stava andando a far visita a Marie Sayles, la sola altra sopravvissuta dell'indicibile sadismo del suo quasi assassino. Si rimproverò per essersi lasciata sopraffare da quei ricordi. Era riuscita a concentrarsi sulla guida ormai da un'ora e mezza, e aveva pensato che stava andando bene.
Riley arrivò a Georgetown, passando davanti a prestigiose case vittoriane, e parcheggiò all'indirizzo che Marie le aveva dato al telefono, una casa cittadina di mattoni rossi con uno splendido bovindo. Restò seduta in auto per un momento, chiedendosi se entrare o meno, e provando a fare appello al suo coraggio.
Infine, uscì dall'auto. Mentre percorreva le scale, fu felice di vedere Marie, che l'accoglieva sulla soglia della porta. Vestita in modo cupo ma elegante, Marie sorrise in qualche maniera, tristemente. Il suo viso appariva stanco e tirato. Dai cerchi sotto gli occhi, Riley fu certa che avesse pianto. Il che non era affatto sorprendente. Con Marie si erano viste molte volte in quelle settimane, tramite la videochat, e c'era ben poco che potessero nascondersi a vicenda.
Quando si abbracciarono, Riley scoprì immediatamente che Marie non era così alta e robusta come si aspettava che fosse. Persino con i tacchi, Marie era più bassa di lei, apparendo piccola e delicata. Il che sorprese Riley. Lei e Marie avevano parlato molto, ma questa era la prima volta che si incontravano di persona. L'esiguità di Marie la faceva sembrare molto più coraggiosa ad essere sopravvissuta a quello che le era successo.
Riley tornò alla realtà, mentre con Marie andavano in sala da pranzo. La stanza era immacolata e arredata con gusto. Normalmente, sarebbe stata una casa gioiosa per una donna single di successo. Ma Marie teneva tutte le tende abbassate, e le luci basse. L'atmosfera era stranamente oppressiva. Riley non intendeva ammetterlo, ma questo le fece pensare alla sua stessa casa.
Marie aveva un pranzo leggero pronto sul tavolo della sala da pranzo, e, insieme a Riley si sedettero a mangiare. Restarono lì in un impacciato silenzio. Riley stava sudando ma non ne conosceva il motivo. Vedere Marie le stava riportando tutto alla mente.
“Allora . . . come ci si sente?” Marie chiese con esitazione. “Uscire fuori nel mondo?”
Riley sorrise. Marie sapeva meglio di chiunque altro che cosa avesse significato il viaggio fin lì di quel giorno.
“Molto bene” Riley rispose. “A dire il vero, abbastanza bene. Ho avuto soltanto un brutto momento, dico davvero.”
Marie annuì, comprendendo chiaramente.
“Ecco, ce l'hai fatta” Marie disse. “E sei stata coraggiosa.”
Coraggiosa, Riley pensò. Non è così che avrebbe descritto se stessa. Una volta, forse, quando era un'agente attiva. Sarebbe mai riuscita a descriversi di nuovo in quel modo?
“E tu?” Riley le chiese. “Quanto esci?”
Marie piombò nel silenzio.
“Non esci affatto, vero?” Riley domandò.
Marie scosse la testa.
Riley si allungò e le strinse il polso in segno di compassione.
“Marie, devi tentare” lei la incoraggiò. “Se resti chiusa qui dentro in questo modo, è come se lui ti tenesse ancora prigioniera.”
Un singhiozzo strozzato uscì dalla gola di Marie.
“Mi dispiace” Riley disse.
“Va tutto bene. Hai ragione.”
Riley osservò Marie, mentre mangiavano entrambe per un momento, e ci fu un istante di lungo silenzio. Lei voleva credere che Marie stesse bene, ma dovette poi ammettere che appariva fragile in modo allarmante. Questo le fece temere anche per se stessa. Anche lei era messa così male?
Riley si chiese silenziosamente se fosse positivo per Marie vivere da sola. Sarebbe stata meglio con un marito o un fidanzato? si domandò. Poi, si pose lo stesso quesito su se stessa ma sapeva che la risposta per entrambe era: probabilmente no. Nessuna di loro era in uno stato emotivo tale da sostenere un rapporto solido. Sarebbe stato semplicemente una stampella.
“Ti ho mai ringraziato?” Marie chiese dopo un po', rompendo il silenzio.
Riley СКАЧАТЬ