Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci
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Название: Il Dono Del Reietto

Автор: Mario Micolucci

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Героическая фантастика

Серия:

isbn: 9788873048893

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СКАЧАТЬ perché i suoi piedi sprofondarono un po' nel fondale dell'acquitrino. Quando avvertì lo strato più esterno della sua pelle seccarsi e sbriciolarsi come polvere di pietra, capì di aver raggiunto il suo limite massimo. Se avesse continuato ad accumulare, avrebbe collassato tramutandosi in una statua di gesso che presto l'umidità avrebbe disciolto nella palude.

      Rimanendo immobile, usò tutta la sua concentrazione per mantenere stabile quanto accumulato. Il piano era semplice: non appena gli inseguitori sarebbero emersi dalla nebbia, avrebbe scaricato il suo incantesimo offensivo più potente. Si sentiva come un calderone pieno di vapore pronto a esplodere. L'attacco sarebbe stato immediato e letale. Sapeva che la magia runica del suo avversario era molto veloce, comunque questi aveva bisogno di alcuni attimi per pronunciare l'incantesimo, degli attimi che sperava si sarebbero rivelati fatali.

      Non attese a lungo: prima udì da lontano una nenia nell'antica lingua dei Dharta che doveva essere una preghiera al dio Energon elevata dal sacerdote e, subito dopo, sentì più vicino a sé la voce del mago. L'elfo si era reso invisibile, ma doveva pronunciare i comandi runici per lanciare l'incantesimo. Riatu espulse istantaneamente tutta l'energia accumulata e una moltitudine di piccoli shuriken di pietra schizzarono fuori dall'acquitrino per dirigersi a velocità ipersonica verso la fonte della voce che ancora stava proferendo la prima runa.

      Proprio in quel momento, però, vide tutto ciò che lo circondava rallentare: i suoni circostanti divennero lunghissimi e gravi e i suoi proiettili… i suoi proiettili volavano lenti come farfalle! Ebbe persino il tempo di riflettere sulle cause della sua rovina, pensò alla nenia e ricordò di come Energon operasse, attraverso i suoi adepti più ferventi, il miracolo di manipolare lo scorrere del tempo. Vide il mago runico tornare visibile e scartare a destra per allontanarsi dalla traiettoria dei proiettili, con un balzo a velocità naturale. Senza poter fare nulla, lo sentì finire di pronunciare l'incantesimo. UXXA GRETTA MACKA furono le ultime parole che Riatu sentì: una potente scarica di magicka, simile a un fulmine, lo colpì con una distruttività amplificata dal fatto che fosse immerso nell'acqua fin sotto le ginocchia. Fu sbalzato di diversi piedi e il bastone volò via da qualche parte nella palude. Folgorato, esalò l'ultimo respiro prima ancora di ripiombare in acqua sulla schiena.

      «Ero sicuro che Energon avrebbe ascoltato le mie preghiere: negli ultimi tempi ho compiuto diverse gesta per compiacerlo e ora mi ha ricambiato.» Un elfo dai capelli argentati emerse dalla coltre nebbiosa avvicinandosi a passi lunghi e rapidi verso il luogo del combattimento. Era vestito con saio grigio aderente e privo di decorazioni.

      «Vi ringrazio Paradharta Kimethon, se non aveste rallentato lo scorrere del tempo non avrei mai terminato di pronunciare l'incantesimo del fulmine maggiore: la magia elementale per certi aspetti è molto più lenta di quella runica a causa della fase di accumulo, tuttavia se un elementalista si è preparato in anticipo ed è già in contatto con la natura, la situazione si ribalta.» Il mago si chinò sul corpo di Riatu per rovistarlo: nel farlo, la melma gli imbrattava le vesti risplendenti di fili argentati che si intrecciavano in ricami di simboli arcani.

      «Ah! Ecco la Pietra Focalizzatrice» disse.

      « ...o anche Lacrima di Petra. A quanto pare all'Accademia della Terra hanno appurato che il nostro astroscopio funziona grazie a essa. Sarà necessario potenziare la sicurezza, sono sicuro che torneranno a "farsi vivi" molto presto» continuò il gran sacerdote.

      «Bene, ora direi di uscire celermente da questo posto putrido, non vorrei che i goblin si accorgessero di noi. Preferirei che non fossimo invitati a un loro barbaro rituale!» osservò il mago con una vena sarcasmo.

      «Dovremmo ritrovare il bastone per risalire all'identità dell'elementalista» puntualizzò l'altro.

      «Paradharta, in qualità di Vostra guardia del corpo, permettetemi di dissuadervi da tale proposito. Rovistare tra la melma richiederà del tempo. Considerando la segretezza dell'operazione in cui l'uomo era coinvolto, non penso che abbia portato con sé il suo bastone personale per, poi, lasciarlo incustodito da qualche parte fuori dalla Torre di Cenere. Molto più plausibilmente, gliene sarà stato fornito uno anonimo e di scarso valore, sicuramente non direttamente riconducibile a un qualsiasi Adepto dell'Accademia. Ritengo che sia sufficiente sapere che l'umano dell'Est fosse un elementalista della terra dalle competenze verosimilmente cattedratiche. Inoltre, siamo prossimi al crepuscolo. I goblin ci odiano e qui siamo nel loro territorio. Se ci attaccheranno numerosi, potrebbero persino sopraffarci: l'intruglio che usano per infettare le loro armi è direttamente attinto dalla Fonte del Santuario di Corrupto e, a differenza di molti altri veleni, esso risulta letale anche per la nostra razza!» arringò il mago.

      Il gran sacerdote annuì flemmaticamente e sentenziò: «Tetairadon, la tua è una speculazione inattaccabile perché permeata di pura razionalità: le tue parole sono benedette da Energon. Effettivamente i presunti benefici non controbilanciano i rischi. E sia: abbandoniamo questo luogo immondo!»

      Nascosta dalla nebbia, in un canneto vicino, una piccola sagoma scura con occhi gialli luminescenti osservava le due slanciate figure grigie allontanarsi con passo svelto e niente affatto impacciato dall'acquitrino. Quando esse furono sufficientemente lontane, si mosse.

      

      rg.191.FFF.F1E.8:08/04/11522

      (Registrazione codice. Bocca del Verme -Grande Palude-. Accadimenti standard di priorità minima. Osservatore “Misathon”. Dharta di ottava generazione: ottavo giorno del mese quarto dell'anno 11522)

      «Questo qui è morto stanotte» disse una figura ricurva e dalla carnagione verdognola mentre caricava un corpicino smunto su una carriola di legno marcio e ossa.

      «Ah, questo!» rispose Hork sputando. «Era proprio un mollaccione! Gli altri cuccioli gli sottraevano sempre il pasto e non ha neanche provato a ucciderli nel sonno... Imbecille!»

      «Almeno, adesso sarà più utile: ne ricaveremo cibo per i lupi, ossa per gli utensili e pellame per gli indumenti.»

      «Il teschietto, però, lascialo a me. Sai che li colleziono.»

      «Fai come vuoi addestratore, ma se continui a prendere tutti i teschi dei piccoli che muoiono, al prossimo ciclo ne avrai la capanna piena.»

      Djeek aveva visto scene simili decine di volte, ma quella volta ascoltava la conversazione con un senso di disagio, come se in ciò che vedeva, per la prima volta, vi scorgesse qualcosa di sbagliato. Sarà, forse, perché stavolta a morire era stato Yuk che era il più cordiale nei suoi riguardi tra tutti gli altri del vivaio, lì, nel villaggio di Bocca del Verme. Poi, però, quasi sentendosi in colpa per il suo sentimento, ricacciò indietro ogni altro dubbio catechizzandosi: “Smettila di delirare! Lo sanno tutti che coloro che cedono a debolezze quali gentilezza, onestà e mansuetudine meritano di morire. Solo i più validi elementi, solo coloro che si distinguono per malvagità, furbizia o ferocia meritano di diventare adulti e di essere accolti tra i figli di Corrupto. Solo i più subdoli merit... ouch!” Il dolore lancinante di una palata sulla schiena gli ricordò quanto dura fosse la realtà. Fu scaraventato a terra di faccia e, mentre tramortito rialzava la testa dal fango, ricevette un calcione sotto il mento che lo sollevò in aria fino a farlo ricadere di schiena sul terreno melmoso.

      «Muoviti, babbeo! Che fai lì impalato! Vai a fare l'unica cosa che ti riesce bene! Ecco il sacco, riportalo pieno prima di mezzanotte!» urlò Hork, mentre se ne andava camminandogli intenzionalmente sullo stomaco.

      Il vivaio era un recinto dove Djeek e altre decine di piccoli goblin venivano allevati, in esso vi era una baracca fradicia che faceva ben poco per riparare dalle piogge e dal freddo, ma era meglio di niente. La capanna era grande, tuttavia non abbastanza ampia per contenerli tutti. Così, quelli che non erano sufficientemente СКАЧАТЬ