Название: Il Dono Del Reietto
Автор: Mario Micolucci
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Героическая фантастика
isbn: 9788873048893
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Estratto registrazioni codice: rg.523.028.456.4:07/04/11522
(Santuario di Petra -Monte Behemoth-. Soggetti in missione con priorità medio-alta. Amarthon. Dharta di quarta generazione: settimo giorno del mese quarto nell'anno 11522 dall'inizio delle registrazioni)
Prologo.
Riatu Mihaki era allo stremo. L'umidità sembrava penetrargli fin dentro l'anima e il fetore della Grande Palude era insopportabile. Da ore, arrancava tra melma, fango e piante acquatiche deformi; tuttavia questo era il prezzo da pagare per sperare di far perdere le tracce agli inseguitori. Le esalazioni di quel luogo putrido si facevano sempre più tossiche e i suoi occhi a mandorla erano iniettati di sangue. Le vesti che, in origine avrebbero potuto essere eleganti, erano pregne e piene di strappi procurati tra i rovi. La melma mista ad alghe lo imbrattava dalle gambe fino ai lunghi e lisci capelli corvini. Con la mano destra si appoggiava al suo bastone d'onice, mentre, attraverso ripetuti movimenti istintivi, con la sinistra, si assicurava che un piccolo borsello per preziosi fosse ancora legato alla cintura.
Attraverso la nebbia, scorse la sagoma di un isolotto: si affrettò a raggiungerlo e trovò molto sollievo nel sentire del suolo un po' più consistente sotto i piedi. La striscia di terra era lunga una quindicina di passi, ma non era più larga di quattro. Su di essa resisteva un tetro albero senza foglie dalla corteccia scura e marcescente: le sue radici impedivano al terreno che lo circondava di sbriciolarsi e di sciogliersi nel fango. Gli innumerevoli lombrichi che vi brulicavano attiravano alcuni uccellacci neri simili a cornacchie, ma più grandi.
Riatu stabilì che, ormai, poteva ragionevolmente considerarsi al sicuro dagli inseguitori e che fosse giunto il momento di riposare un po'. Ancora qualche ora e sarebbe uscito dalla Grande Palude, quindi, volgendo lo sguardo verso Sud, avrebbe già potuto intravedere il Massiccio del Tuluk sede dell'antico Regno nanico di Roccadrim. Alle sue pendici, in una caverna naturale posta nelle viscere Monte Behemoth, avrebbe raggiunto quella che era stata la sua casa negli ultimi ventisette anni, l'Accademia del Santuario di Petra.
Stava per riportare al Santuario la Reliquia che si riteneva perduta sin dai tempi della Guerra dei Quattro avvenuta diverse migliaia di cicli prima. Lo avrebbero sicuramente acclamato Professore nonostante la sua età di “soli” quarantuno anni e, ben presto, avrebbe potuto ambire alla carica di Rettore.
Gli elfi grigi erano stati abilissimi a nascondere la Lacrima di Petra per tutte quelle ere. Essa era usata come cristallo focalizzatore del Grande Astroscopio posto sulla cima della Torre di Cenere. Ivi, protetti dai maghi runici, alcuni tra i più influenti sacerdoti di Energon osservavano la volta celeste e formulavano previsioni affidabili sul succedersi delle epoche.
Riatu si sedette poggiando la schiena all'albero e, come faceva sempre per rilassarsi, prese uno dei suoi baffi lunghi e sottili tra le mani. Erano il suo tratto distintivo: tutti i gentiluomini della sua terra d'origine li sfoggiavano. Osservarli lo aiutava a ricordare i primi anni di vita. Suo padre era un'ombra silente, uno dei più abili ninja dell'Impero Sajamura: egli avrebbe voluto che ne seguisse le orme e gli aveva insegnato i primi fondamenti della sua Arte. Riatu, però, era stato assegnato a un altro destino: egli sentiva un forte legame con gli elementi, così l'occhio di Petra, Dea della Concretezza, si era posato su di lui. Seguendo la sua vocazione, aveva appreso a manipolare le energie della terra affidandosi agli insegnamenti di Miano Norita, un anziano e mediocre elementalista del suo Paese. Il maestro, vedendosi ben presto superato dall'allievo adolescente, aveva deciso di scrivere una referenza con la quale il ragazzo avrebbe potuto presentarsi all'Accademia. Il giovane sapeva per certo che il padre non glielo avrebbe concesso. Così, era fuggito di casa per intraprendere un lungo e avventuroso viaggio verso il lontano occidente.
Chi lo avrebbe mai detto che proprio le sue origini sarebbero state determinanti nell'indirizzare la scelta del Collegio Accademico? L'epico compito di recuperare la Lacrima era spettato a lui e riuscire in una tale impresa gli avrebbe fruttato più di una menzione nei libri di storia.
Il piano era stato sviluppato nei minimi dettagli: l'Accademia gli aveva fornito falsi documenti con i quali si sarebbe presentato alla Torre di Cenere in qualità di ambasciatore del lontano Impero Sajamura e, recando con sé preziosi doni, avrebbe richiesto i servigi a corte di un arcimago runico. Una volta alloggiato, usando le sue abilità di ombra silente, avrebbe dovuto raggiungere il cuore dell'Astroscopio e prelevare il Cristallo. Tale missione sarebbe stata più facile per uno specialista di sotterfugi quale un adepto di Ovathan, Dea della Discrezione, ma la Reliquia era di valore inestimabile e non era saggio affidare qualcosa di così prezioso a un operatore del crimine.
Riatu non avrebbe dovuto, in alcun modo, rivelare la sua natura di geomastro. Quindi, nella sua missione, non poteva fare affidamento sulla magia elementale.
Non era stato facile, tuttavia ora intravedeva la meta: la Lacrima era con lui, nel suo borsello, e gli inseguitori erano stati seminati. Per la prima volta dopo diversi giorni, si sentiva più rilassato… si addormentò.
Sognò la madre, i suoi lunghi e lisci capelli corvini che ricadevano sul kimono. Ella lo ammoniva: “Riatu, stai attento alle pozze d'acqua! Lì, potrebbero nascondersi i malvagi spiriti della palude”.
Ricordava bene le leggende sui kappa: per metà uomini e per metà bestie, catturavano e uccidevano affogandoli gli ignari pellegrini che, malauguratamente, si addormentavano nei pressi delle acque della Palude Gialla. Ebbe la cognizione di non essere più nell'Impero Sajamura: “Madre sta tranquilla, qui a occidente i kappa non esistono.” Nonostante quella fumosa consapevolezza, si ritrovò agli argini di un acquitrino che, per via delle alghe e dello zolfo disciolto, aveva un colore giallastro e sognò una di quelle creature pronta ad avvinghiarlo...
Si svegliò di soprassalto proprio mentre le cornacchie spiccavano freneticamente il volo e appena in tempo, per vedersi ghermire la gamba da un enorme tentacolo. Emise un urlo soffocato e tentò di alzarsi, ma la strana cosa lo trascinò con uno strattone nella melma verso una zona della palude più profonda. Non vide più nulla: l'acqua putrida lo sommergeva completamente. Raccolse le energie, stabilì il contatto elementale con il fondale, focalizzò il potere attraverso il bastone e mise in atto l'unico gesto che poteva fare per salvarsi la vita: usò la magia.
Dal fondo della pozza emerse, con un'accelerazione brutale, un enorme spuntone di roccia che trafisse il kraken: lo sollevò oltre il livello dell'acqua lasciandolo infilzato e agonizzante a diversi piedi d'altezza. Il mostro appariva simile a un enorme polipo dello stesso colore della melma ed era ricoperto di alghe gocciolanti e incrostazioni. Riatu penzolava a testa in giù avvinghiato al tentacolo ancora in movimento; fu facile reciderlo facendo schizzare dall'isolotto una pietra che in volo assunse la forma di una stella simile agli shuriken usati da suo padre, ma più grande.
Cadde con un tonfo sordo nell'acqua sottostante, si rialzò subito e prese a correre.
«Per Tron! Non dovevo usare la magia! Ora, non solo mi troveranno, ma capiranno anche chi mi ha mandato!» imprecò.
Dopo pochi passi, si fermò poiché aveva realizzato che, anche se avesse fatto perdere di nuovo le tracce, gli inseguitori avrebbero immediatamente arguito la probabile implicazione dell'Accademia di Petra: ne sarebbe, quindi, scaturita una difficile crisi diplomatica o addirittura una guerra. Non aveva scelta. “Li dovrò affrontare entrambi, solo uccidendoli, la mia identità rimarrà segreta. Se solo non mi trovassi in questa maledetta palude: tutta quest'acqua che ricopre il suolo rende ogni incantesimo più difficile!” pensò nel prepararsi allo scontro.
Decise di non perdere tempo e cominciò ad accumulare potere elementale da ogni frammento di roccia e di terra che lo circondava: il vicino isolotto si sgretolò lasciando crollare l'albero. Aveva acquisito moltissima energia, tuttavia ne necessitava altra, se voleva sperare di sopraffare i due elfi che lo braccavano: СКАЧАТЬ