Scherzi Del Sonno. Marco Fogliani
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Название: Scherzi Del Sonno

Автор: Marco Fogliani

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Зарубежное фэнтези

Серия:

isbn: 9788873042983

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СКАЧАТЬ all’università. Come non averci pensato prima! L’ingresso alla facoltà era ovviamente sbarrato, e per quanto cercassi varchi perlustrando tutte le finestre e le porte secondarie, non riuscii a trovare nessun appiglio per entrare.

      Vicino alla porta dormiva un barbone, il solito barbone. Rinunciai alla tentazione di svegliarlo per chiedergli qualcosa: sarei tornato l’indomani mattina coi cancelli aperti, per riprendere la ricerca.

      Tornai verso casa lentamente, riflettendo. Ebbi modo di apprezzare alcuni angoli della mia città come non li avevo mai visti, nel silenzio della notte e nella ovattata atmosfera notturna. Mi soffermai in particolare sul ponte a guardare il fiume, increspato dal vento e con gli argentei riflessi della luna. Ogni pensiero sparì dalla mia mente e fui invaso da una grande pace e serenità.

      Ero in questo stato d’animo quando mi sentii chiamare da una voce femminile. Era un volto giovane e grazioso che emanava una luce ed una bellezza che uguagliavano quelle lunari. Era infagottata in un cappottone pesante, le cui spalline con bordini colorati mi fecero pensare a qualche associazione di volontariato. Ripensai alle altre ragazze che avevo incontrato quella sera e meditai su come l’abbigliamento succinto non abbia niente a che fare con la bellezza.

      “Ehi, che fai? Non avrai mica intenzione di buttarti giù dal ponte, giovane come sei!”

      “No, no. Stavo solo ammirando il panorama e meditando. Stanotte non riesco a dormire. Ho perduto una cosa molto importante che non riesco a ritrovare.”

      “E ti è caduta nel fiume?”

      “No, questo penso proprio di no. Anche se non ho proprio idea di dove sia.”

      “Senti, ripensa un po’ all’ultima volta che l’hai vista, o che l’hai utilizzata. O all’ultima volta che ...”

      Mi stava illuminando. Non era all’università l’ultima volta che mi ero imbattuto nel mio sonno, ma nella mia stanza da letto.

      “Ora mi viene in mente. Deve essere a casa mia.”

      “Andiamo subito a cercarla, allora.” Mi prese sotto braccio e fece per incamminarsi. “Da che parte? Mi guidi tu?”

      Facemmo una deliziosa passeggiata notturna, a braccetto come vecchi amici. Non sembrava proprio che mi considerasse una persona bisognosa di aiuto. Mi raccontò tante cose di lei, ed io di me. La trovavo una ragazza adorabile: peccato, pensai, che avesse un marito e due figli piccoli. Strano, poi, che se ne andasse in giro così da sola di notte: ma in fondo era la stessa cosa che stavo facendo anch’io.

      Finalmente arrivammo a casa mia, ed appena entrati pensai per prima cosa di offrirle un bicchiere di limoncello di quello buono, fatto in casa dal mio babbo, per scaldarci un po’.

      “Dopo, dopo. Prima dobbiamo cercare una cosa importante. Dove hai detto che pensavi di cercarla?”

      “Sotto il letto, o sul comodino, o da quelle parti.”

      “Va bene. Dimmi di che cosa si tratta, così ti aiuto anch’io a cercarla.” Mi ero già sdraiato sul letto con la testa penzoloni per ispezionarne la parte sottostante. “Come, non te l’ho detto? È il mio sonno quello che ho perso.”

      “Il tuo sonno? Tu te ne vai in giro di notte per la città e poi te ne stai a testa in giù sotto il tuo letto per cercare il tuo sonno? Questa sì che è buona. ... Il tuo sonno ... Sei proprio forte! ...” Proruppe in una risata sonora e sincera, e sembrava non riuscire a contenersi. Ed io, per vederla ridere, mi contorsi ancora di più, persi l’equilibrio e scivolai giù dal letto picchiando la testa sul pavimento. Che male!

      Le risate continuavo a sentirle, sebbene attutite: mi sembrava però che venissero dalla strada. Appena mi ripresi dalla botta e fui in grado di alzarmi a sedere, rovistai con lo sguardo la stanza per trovarci una ragazza, ma invano. Scoprii invece di essere in pigiama e che il letto era tutto disfatto. La maga aveva ragione: avevo ritrovato il mio sonno prima del pomeriggio, senza bisogno dell’aiuto di un dottore. Doveva esser stato tutto un sogno, tranne probabilmente la botta in testa di cui continuavo a risentire.

      Bene, ora mi aspettava un’altra giornata di riposo dopo la fatica dell’ultimo esame. Già pensavo a come potermi organizzare la serata, con una bella passeggiata da casa all’università, magari al calar della sera e cercando quella insegna pulsante che non avevo mai visto. Poi sarei andato sul ponte ad ammirare il paesaggio e a meditare un po’, poi .... Beh, dipende: se vedo che mi viene sonno torno subito a casa e mi metto a dormire.

      UNA NOTTE MOVIMENTATA

      “Ecco, questa è la villa di cui vi parlavo.”

      Nell’oscurità della notte, i tre individui si avvicinarono furtivamente al civico 10 di viale dei Serafini. Dall’entrata si poteva intuire la ricchezza della villa e del suo proprietario. Sotto la tettoietta del cancello pedonale si notavano subito, nuovi nuovi di ottone ancora lucido, la buca delle lettere ed il citofono (un videocitofono, a guardare bene). Anche tutto il resto sembrava nuovo ed in ottimo stato. Il cancello si apriva non direttamente sulla strada, ma su una specie di slargo pensato per facilitare l’accesso dei veicoli da entrambe le direzioni, nonché l’inversione di marcia. Una piccola aiola fiorita ne evidenziava il punto centrale di simmetria, ed una folta siepe di pitosforo e due nude panchine di pietra adornavano i contorni di questo spazio elegantemente semplice che, se non fosse stato per i minacciosi ma discreti cartelli di passo carrabile, rimozione forzata e proprietà privata, avrebbe potuto far pensare ad una amministrazione civica generosa e particolarmente attenta agli arredi urbani.

      “Non c’è la macchina nel vialetto, e non si vede nessuna luce accesa in casa. Probabilmente non c’è nessuno.” Dei tre, uno era rimasto di vedetta all’angolo del marciapiede, e non poteva sentire queste parole appena bisbigliate.

      “E poi, per quel poco che ho potuto conoscere il proprietario, mi sembra proprio il tipo di borghese perbenista che la notte di Natale se ne va in chiesa per ringraziare Dio di aver avuto tanti soldi senza dover faticare. Questo vuol dire, se ben ricordo la loquacità del prete della chiesa qui vicina, che abbiamo un sacco di tempo per agire indisturbati. E’ proprio un brav’uomo, quel don Rodolfo: ci aiuta nel fare i colpi e non vuole niente in cambio.”

      Con una torcia elettrica, cercava qualcosa nella parte bassa della recinzione. “Da queste parti ci dev’essere un’apertura, se ben ricordo: così non dobbiamo neanche fare la fatica di scavalcare.”

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