Название: Scherzi Del Sonno
Автор: Marco Fogliani
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Зарубежное фэнтези
isbn: 9788873042983
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In quel momento mi sentii afferrare sotto il collo da una mano enorme. In effetti pochi istanti prima avevo visto entrare nella sala un omone gigantesco, ma non gli avevo dato peso.
"Problemi? Quest'uomo ti sta dando fastidio?" chiese quella montagna umana a Michele senza mollare la presa.
"No, no. E' tutto a posto", rispose Michele. Al che la presa si allentò e tornai a respirare liberamente. "L'unica cosa che non va è che oggi è mercoledì, e avresti dovuto venire alle sette. Mercoledì e sabato: ti sei già dimenticato?"
Quello, imbarazzato, abbozzò qualche scusa.
"Come vedi", riprese Michele rivolto a me "per sentirmi più sicuro ho assunto una guardia del corpo. Me la posso permettere, ormai. Ma soprattutto, la novità più importante è che ho firmato un contratto con un giornale specializzato, Amico Lotto. Forse lo conosci: si trova gratis in tutte le ricevitorie. Da sabato prossimo non avrò più bisogno di giocare per avere i soldi della vincita. Me li daranno loro in cambio dell'esclusiva. Io devo solo comunicare i miei numeri a questa loro persona, e impegnarmi a non dirli a nessun altro. Il contratto ha durata mensile, rinnovabile di volta in volta: quindi se anche i miei numeri non fossero vincenti, loro mi pagherebbero ugualmente fino alla fine del mese. Cosa ne dici: ho fatto bene?"
"Penso proprio di sì."
"Sono contento che la pensi così. E sono contento che tu sia venuto oggi: perché sabato, per via di questo contratto, non avrei potuto mantenere la mia promessa. Non credo proprio che vogliano sapere i miei numeri per pubblicarli."
Era chiaramente dispiaciuto di non poter più aiutare i suoi amici con la sua fortuna, ma capivo che aveva fatto la cosa migliore. Provavo per lui, in quel momento, solo grande simpatia e stima, e per trovare le parole più adatte e carine per dirglielo stavo rovistando mentalmente tra le mie tante elucubrazioni di quella notte.
"Cosa mi stavi dicendo prima che il mio amico ti interrompesse bruscamente?", continuò Michele.
"Che tuo padre sarebbe fiero di te, e che anche tu dovresti esserlo di lui. Ti è ancora vicino, e lo è sempre stato, per quanti errori possa aver commesso."
A queste parole rimase molto pensieroso. "Hai ragione, forse avrei dovuto apprezzarlo di più quando era in vita." Aveva gli occhi lucidi, e non riuscii a trattenermi dall'abbracciarlo. Anche perché avevo la strana sensazione che avrei potuto non rivederlo più.
Stavo per andarmene, quando mi venne in mente il motivo originario per cui ero venuto a cercarlo.
"C'è una cosa che volevo chiederti: tuo padre in sogno ti ha mai detto qualche altra cosa oltre ai tre numeri? Magari un quarto numero?"
"Tengo carta e penna sul comodino, e appena mi dice il terzo numero mi sforzo in tutti i modi di svegliarmi per appuntarmeli, altrimenti li dimentico. E ci riesco. Mi sveglio, scrivo i numeri e mi riaddormento. E' piuttosto faticoso ma funziona sempre. Però a pensarci bene … forse la prima volta c'era qualche altro numero, ma non potevo giocarlo al lotto: era troppo alto."
Quel giorno per la prima volta in vita mia entrai in una ricevitoria e, con l'aiuto di un vecchietto gentile e disponibile, giocai al lotto.
La notte seguente la passai quasi in bianco. A dire il vero cominciai con una serie di incubi, uno più angoscioso dell'altro, per cui restare sveglio si rivelò per me il danno meno grave. Per fortuna trovai giovamento nell'applicare la tecnica di Michele: svegliarmi al momento giusto. Non per scrivere la mia fortuna, ma per sfuggire all'ossessione ricorrente. Incontravo di volta in volta qualche personaggio, quasi sempre della mia vita di tutti i giorni: il fruttivendolo, il barista, il medico, un collega. Si conversava tranquillamente di tutt'altro, e all'improvviso eccolo lì, grande ed in evidenza: un cartello dei prezzi su una cassetta vuota, o un numero sulla lavagnetta dietro alla cassa. Lo stesso numero da una volta all'altra, o forse diminuiva: cento e passa. Lo notavo dapprima distrattamente, quasi stupito; poi lo fissavo sempre più preoccupato. E allora il mio interlocutore interveniva a sciogliermi il dubbio e a darmi l'angosciosa conferma: "Sai cos'è quello? E' quanto manca alla fine di tutto."
Questo tipo di sogno, anche se da me interrotto sempre più prontamente nel momento critico, si ripeté in continuazione anche nelle notti successive. Praticamente dormivo pochissimo, vi lascio immaginare con quali conseguenze per la mia salute e per il mio umore. Ma il sogno che più temevo, che con qualche variante non mancava di presentarsi ogni notte e che più mi debilitava anche nel fisico, era quello del mio medico. Mi trovavo nel suo studio per una visita, un doloretto di volta in volta in una parte diversa del corpo. Col suo solito modo di fare tranquillo e scrupoloso mi visitava, ma quando mi toccava la parte interessata il dolore si acutizzava. Un dolore vivo, vero, penetrante. Aveva una espressione preoccupata: e mentre mi rivestivo e lui tornava alla scrivania, leggevo sul suo volto la gravità della diagnosi. Allora mi svegliavo, ricordandomi il seguito già visto del sogno: lui che mi scrive una ricetta e me la porge. "Questo è quanto ti manca alla fine di tutto", mi avrebbe detto, e sulla ricetta, scritto grande, il solito numero. Ma il peggio di questo sogno era che, al risveglio, il doloretto era ancora lì, lieve lieve ma in aggiunta a tutti quelli dei sogni dei precedenti.
Il giorno dopo aver giocato al lotto scoprii, guarda caso, di avere vinto.
Incassai la vincita con l'intenzione di comprarci un bel regalino per la mia ragazza. Qualcosa in gioielleria, una sorpresa: sono cose che alle donne piacciono sempre, pensavo. Ma l'effetto non fu esattamente quello sperato. Il regalo fu molto gradito, in verità; furono il mio atteggiamento e le mie parole a rovinare tutto. Me ne rendevo conto in tempo reale, ma non riuscivo ad evitarlo. Al di là degli incubi notturni, c'era qualcosa dentro di me che mi stava corrodendo, che stava guastando la mia naturale ed abituale spensieratezza, e lentamente ma inesorabilmente incancreniva il mio bell'umore per portarlo verso un pessimismo cupo e pesante, oggettivamente insopportabile.
Il dubbio che la fine di tutto riguardasse me e me solo, il mio fisico, la mia salute, a poco a poco era diventata una convinzione sempre più certa. Consegnando il pacchettino alla mia ragazza accennai alla possibilità che il nostro rapporto potesse non durare a lungo. Lei si rattristò, interpretando le mie parole come se volessi lasciarla.
"Ma no, voglio dire che potrebbe succedermi qualcosa."
"E cosa mai dovrebbe succederti?"
"Mah, non so. E' da qualche giorno che mi sento strano. Ho dei doloretti qua e là. Voglio farmi vedere dal dottore e farmi fare un check-up completo. Mi sento debole. Mi sento qualcosa che non va."
Insomma, non capirò mai come funzionano queste faccende. Sarà per la straordinaria sensibilità femminile, o per il loro vitale e insopprimibile bisogno di sicurezza; fatto sta che, proprio quando la mia debolezza mi faceva più desiderare che lei mi stesse vicina e nel momento in cui facevo il mio maggior sforzo per conquistarla, mi resi conto che il nostro rapporto cominciava irrimediabilmente ad incrinarsi, e che non avrei potuto più realmente contare sul suo affetto.
L'erosione inesorabile, soprattutto notturna, del mio fisico e delle mie forze proseguirono al punto che venerdì mi decisi a recarmi dal dottore. Mi fece uno strano effetto affrontare dal vero una situazione che avevo più volte sognato e temuto come un incubo; ma avevo ancora sufficiente razionalità per capire che in ogni caso non avrei potuto imputare alcunché al mio medico curante.
Mentre la sua mano tastava le parti del mio corpo a mio dire doloranti, constatai con un certo sollievo che il dolore non si acutizzava. Avrei dovuto farmi vedere da uno psicologo, pensavo, ragionando sull'inevitabile inesattezza della diagnosi e sull'inefficacia dei rimedi che di lì a poco mi sarebbero stati proposti. E invece il consiglio che СКАЧАТЬ