E Non Vissero Felici E Contenti. Federica Cabras
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Название: E Non Vissero Felici E Contenti

Автор: Federica Cabras

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Драматургия

Серия:

isbn: 9788873043843

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      Si riprese da questa visione passata, e aprì lo stesso frigo bar di quella notte. Stesso bicchiere, stesso liquore e stessa quantità di ghiaccio. Persino stessa poltrona. Chiuse gli occhi, distese i piedi e li poggiò sul tavolino. Era una brava persona, pratica e sempre gentile. Passionale e coraggioso, era anche tenace, non mollava mai. L’unica cosa che non avrebbe mai potuto – nemmeno con la forza dell’intero universo – migliorare era lo stato del suo matrimonio. L’aveva amata, e tanto anche e ancora, seppur di rado perché la distanza metteva delle barriere invalicabili tra loro, si ritrovava a desiderarla. Aveva una moglie bellissima ma era più a portata di mano la Luna che il suo corpo.

      Sarà che quando una cosa si rompe non si riaggiusta mai per bene; sarà che le sofferenze non avvicinano, checché se ne dica; e sarà anche che il matrimonio di due persone così differenti non era destinato, dal primo giorno, a finire bene.

      O sarà che per tenere unito un filo che passa per due persone è necessario che entrambi lo tengano; nessuno dei due era più disposto a farlo, e quel filo giaceva, esanime, nel mezzo.

      Si sganciò la cravatta, e il primo bottone dei pantaloni. Dopo aver guardato un po’ di televisione si diresse, esausto, verso la camera da letto al piano di sopra.

      Dormivano ancora insieme, non sapeva perché. Quel gesto sciocco, considerata la situazione, gli dava tuttavia un senso di normalità in tutto quel caos.

      Si tolse, lentamente e senza far rumore, i vestiti. Poi alzò un lembo di coperta e si infilò accanto alla donna che aveva sposato circa 15 anni prima. La guardò di sfuggita. Un raggio di luna che penetrava dalla finestra le illuminava il volto pacato, tranquillo. Lui sperò stesse sognando. Avvicinò la mano per sfiorarla e subito un ricordo lo travolse, come un camion.

      «Metti la mano sulla pancia, Eddie!»

      «Quando? Adesso?» rispose, nervoso, lui.

      «Sì, ora. Sai! Accidenti, hai perso il momento.» si espresse, infine, lei. La bambina si era momentaneamente calmata.

      «Porca miseria…»

      «Dai, tranquillo, fra un pochino si risveglia!»

      «Come la chiameremo, Sa’?»

      «Ah, non so… ho comperato un libro di nomi.»

      Si alzò, goffamente. La pancia era bella grossa, mancava un mese e mezzo e già lei si sentiva una balena. Stare seduta le doleva: la bimba premeva sulle costole provocandole delle fitte atroci.

      Gli porse un libretto arancione comprato da pochi giorni. Aveva annotato sui margini i nomi che l’avevano colpita.

      «Samantha?» disse lui, inarcando un sopracciglio. Non gli piaceva.

      «Bello, Sara. Anche Denise mi piace. Ma è più bello Ginevra.»

      «Sì, Ginevra è un gran nome.»

      «Allora permettimi di fare due coccole alla mia piccola Ginevra…» propose lui, con il sorriso sulle labbra.

      Si distese accanto a lei e le posò la mano sulla pancia, massaggiando il punto dove sua figlia, beata e indisturbata, cresceva.

      «Ma non sappiamo ancora se si chiamerà Ginevra…» si lamentò la donna, che però era estasiata dall’entusiasmo di suo marito.

      «Ma dai, lasciami fare. Zitta, tesoro…»

      E si addormentarono così, con la luce gialla dell’abat jour, un libro arancione accanto e un gran calore che li invadeva.

      Tornò al presente, e l’assenza di quel calore percepito pochi istanti prima nella sua mente scostante lo ferì tanto da fargli montare la rabbia.

      «Fanculo.» disse, fra sé. Con le lacrime agli occhi le diede la schiena e cercò di dormire.

      Sandi, che quando lui era salito ancora non era totalmente addormentata, percepì la mano di lui vicina al suo viso e sentì l’imprecazione. Immaginò il disagio, la frustrazione dell’uomo. Avrebbe potuto girarsi, posare una mano sulla sua fronte e dirgli che andava tutto bene. Sarebbe stata una bugia, è vero, ma una di quelle menzogne bianche. Invece non fece nulla. Sospirò, piano per non farsi sentire, e si addormentò. Era finita fra loro, bisognava solo prenderne atto.

      2

      Il sole era già alto nel cielo, in quella tiepida mattina di primavera. Sandi si svegliò di soprassalto e guardò accanto a sé. Suo marito era uscito, probabilmente era già a fare jogging. Al suo posto Ted, il loro cagnetto beige, russava sonoramente.

      «Ted? Teddy?» si rivolse a lui la sua padroncina, tentando, invano, di attirare la sua attenzione. Ma dormiva, e sodo anche. Girò il musetto peloso dall’altra parte, e sospirò.

      «Va bene, quando hai voglia scendi…» finì brevemente lei, mentre si stiracchiava e usciva dalle calde coperte.

      Una volta nella sala da pranzo bollì l’acqua e preparò una tisana di the al caramello. Poi si sedette con lo sguardo rivolto verso la finestra che dava sul prato, a pochi metri da lì. Era assorta nei propri pensieri quando il telefono trillò. Si spaventò, posò la tisana rovente e si diresse verso il telefono di casa.

      «Pronto?»

      «Oh, Sandi! Meno male che ti ho trovata…»

      Sua madre. Bene, fantastico anzi. Trovava sempre il momento migliore, il più rilassante, e lo rovinava con le sua ciance inutili.

      «Dimmi, mamma. Però sbrigati, sono pronta a uscire.»

      «Mi dici sempre così! Sciagurata… Una madre ha bisogno di parlare con la propria unica figlia, di tanto in tanto. E mai che tu sia disposta ad ascoltarmi. E se avessi un problema grave? Se stessi morendo?»

      «Mamma, non vivrai per sempre.» concluse, perentoria e secca.

      «E quindi?»

      «E quindi ti seppelliremo, quando morirai. Certo non ti lasceremo a marcire in casa tua, e nemmeno ti imbalsameremo.»

      Sandi era scocciata: possibile che dovesse fare, ogni santa volta, la melodrammatica?

      «Ah, be’ se mi dici così. Io ti ho cresciuta…»

      La figliola prodiga, esasperata, piantò il telefono nel tavolino del soggiorno per poter andare a recuperare la tisana in cucina. “Tanto” si disse “si sta solo lamentando della vita e di me. I suoi due argomenti preferiti. Ne avrà per molto.”

      Ciabattò flebilmente fino alla cucina, prese la tazza della Tour Eiffel – ricordo di Parigi e di quella notte magica, dolce e ardente insieme – e vi soffiò dentro.

      «…come al solito nessuno si cura di me! Ti ho cresciuta, quando quel disgraziato di tuo padre se ne è andato! Pensi sia stato facile pensare a cambiare i tuoi pannolini e a lavorare? Io ero un’attrice! Una bellissima, talentuosa attrice di talento, sai, ne avevo da vendere!»

      «Ah,» riprese Sandi, che nel frattempo aveva colto solo il senso generale di quel monologo infinito «quindi se non sei diventata famosa sarebbe colpa mia e dei pannolini che solevo sporcare? СКАЧАТЬ