Roma in ogni stagione. «Il Laterano alle cose mortali andò di sopra». Olga Averina
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СКАЧАТЬ nobiltà e dimostrando che una discendenza nobile non ha nessun valore senza qualità morali, Giovenale marchiò d’infamia tutti i famosi aristocratici che conosceva. Nel nostro caso Giovenale ara arrabiato del fatto che «il ciccione» Laterano, eletto console nel 94, mentre era in carica, di notte si dava alle corse con le bighe, e che finito il mandato avrebbe continuato a farlo anche di giorno. Ma questo non è il fatto peggiore… Invece di brandire la sua spada prestando servizio militare ai confini dell’impero passava il tempo in una squallida taverna:

      …lo troverai sdraiato con qualche sicario in mezzo a marinai, ladri e schiavi fuggiaschi, carnefici e fabbricanti di bare e i tamburi muti di un gallo disteso. Qui c’è libertà per tutti, i bicchieri sono in comune, il letto è lo stesso per tutti, la mensa non è chiusa a nessuno17.

      Nulla di nuovo sotto al sole. Dopo duemila anni, i ricchi e potenti e la loro prole spesso si divertono in modi simili – organizzano corse notturne su auto di lusso, e dopo essersi riempiti la pancia nei ristoranti alla moda, vanno a fare baldoria nei vari bordelli.

      Il moralista Giovenale sarebbe stato molto felice nel sapere che il bisnipote del ciccione Laterano che si chiamava prorio come quest’ultimo – Tito Sestio Magio Laterano, e che era console nell’anno 197, si sarebbe comportato in modo assolutamente diverso. Nel 195 combattè valorosamente nella campagna partica sotto l’imperatore Settimio Severo18, ricoprendo la carica di duce (dux exercitus) comandante dell’esercito romano. Dopo queste guerre, Laterano, non solo si arricchì enormemente, ma entrò anche a far parte della cerchia di amici intimi dell’imperatore. Settimio Severo era molto generoso con i suoi amici di battaglie, e avrebbe fatto al suo amico un dono veramente regale, come risarcimento per la tenuta di famiglia confiscatagli da Nerone. Stiamo parlando dello sfarzoso palazzo «Domus Parthorum», o Casa dei Parti, nella quale durante le guerre romano-partiche alloggiavano i nobili parteniani presi in ostaggio. Il palazzo era adiacente alle caserme Castra Nova Equitum Singularium19, costruite da Settimio Severo, non lontano dalla porta degli asini, per l’alloggio di mille cavalieri scelti come sue guardie del corpo. Oltre alle varie proprietà a Laterano fu concesso uno dei maggiori privilegi dell’antichità, il rifornimento di aqua in casa direttamente dall’acquedotto. A testimoniare questo fatto vi è la scoperta fatta nel XVI secolo da Fulvio Orsini, uno dei canonici della basilica di San Giovanni in Laterano. Sotto le fondamenta di una delle cappelle della basilica ha rinvenuto i resti di antiche tubature romane di piombo con sopra impressa la scritta Sexti Laterani o «proprietà di Sestii Laterani».

      Da allora, nelle varie fonti scritte la casa Partica viene chiamata come Casa dei Laterani (Aedes Laterani). La maestosità del palazzo era tale, che per assegnare un indirizzo agli edifici che gli stavano vicini veniva usato il termine «iuxta Lateranis» (vicino ai Laterani). Con il passare del tempo, man mano che dal latino si formò la lingua italiana, il toponimo assunse la sua forma definitiva – Laterano, o in russo, Латеран. (Lateran).

      IV. Il dono di Costantino

      All’inizio del IV secolo una considerevole parte dell’area che portava il nome di Laterano era occupata dalla tenuta Domus Faustae (Casa di Fausta), che si trovava nel luogo dei possedimenti confiscati da Nerone a Plauzio Laterano. Molto probabilmente la tenuta era appartenuta a Flavia Maxima Fausta, la figlia dell’imperatore Massimiano20. Nell’anno 307, quando Fausta divenne moglie di Flavio Valerio Aurelio Costantino, passato nella storia con il nome di Costantino I Il Grande, la sua tenuta si aggiunse agli altri possedimenti del marito. Quì era la loro dimora quando i coniugi si fermavano a Roma.

      Ma cominciamo con i fatti antecedenti…

      Chi è stato a Venezia sicuramente avrà notato la strana scultura di porfirio rosso-scuro sotto la facciata meridionale della basilica di San Marco, raffigurante quattro uomini armati di lance che si abbracciano amichevolmente l’un l’altro. Questa scultura del IV secolo fu portata lì dai venezani dopo il saccheggio di Costantinopoli, dove abbelliva una delle piazze principali della città. Ai giorni nostri i rappresentanti delle comunità LGBT sono soliti fotografarsi vicino al quartetto interpretando in modo sbagliato l’abbraccio, senza rendersi conto di chi rapprenti. D’altronde non sono solo loro a non rendersene conto. Affrettiamoci a colmare questa lacuna.

      Nel III secolo l’Impero Romano che a quel tempo raggiunse delle proporzioni giganti, entrò in una striscia di prolungata crisi, o, come direbbero da noi «Smuta» (Tumulto). Una parte dei territori proclamò la propria indipendenza da Roma e le dispute tra imperatori condussero ad un periodo di 33 anni (tra il 235 e il 268), durante il quale furono incoronati 29 imperatori, dei quali solo uno morì di morte propria. Chissà come sarebbe finita quest’epoca di congiure di palazzo se al potere non fosse salito Diocleziano21.

      Nel 285 Diocleziano introdusse un nuovo sistema di governo dell’immenso Impero Romano – la tetrarchia22, secondo la quale a governare dovevano essere non uno, ma quattro re. Due di loro vennero chiamati «augusti» (imperatori anziani) e gli altri due – «cesari» (imperatori giovani). Si prevedeva che dopo 20 anni di governo gli augusti avrebbero abdicato in favore dei cesari che a loro volta avrebbero dovuto designarsi dei successori. A sua volta, Diocleziano nominò come cesare un suo vecchio amico, il comandante Massimiano Erculio, elevandolo poi al grado di augusto. Diocleziano governò la parte orientale dell’impero, invece Massimiano – quella occidentale. Nel 239 Diocleziano e Massimiano nominarono come loro successori due cesari: Galerio e Costanzo Cloro. Quindi sono questi quattro che stanno abbraciati vicino alla basilica di San Marco a Venezia.

      E adesso, attenzione…

      Ai lettori che si sono allenati guardando le soap-opere latino-americane non sara difficile seguire il filo del discorso, chi invece non è preparato, molto probabilmente dovrà rileggere il seguente paragrafo più volte. Purtroppo non si può fare a meno di queste informazioni, perchè sono strettamente collegate al imperatore Costantino Il Grande e il Laterano.

      Per rafforzare i legami tra i membri della tetrarchia, si decise che avrebbero dovuto imparentarsi nel senso letterale della parola. Chi era sposato fu fatto divorziare e chi era scapolo fu fatto sposare. Una delle mogli dell’imperatore Massimiano era la siriana Eutropia, che aveva una figlia dal precedente matrimonio – Teodora. E fu questa Teodora, figliastra di Massimiano che fu data in sposa a Costanzo Cloro dopo il divorzio dalla moglie Elena. A Massimiano invece Eutropia diede alla luce il figlio Massenzio e la figlia Fausta. Nel 307 Fausta fu data in sposa a Costantino, figlio di Costanzo Cloro e della sua prima moglie Elena.

      Vi siete persi? Se è così allora ricapitoliamo tutto dal punto di vista di Costantino…

      Suo padre Costanzo Cloro, dopo aver divorziato dalla miglie Elena si unì un matrimonio alla figliastra del comandante Massimiano. Quest’ultimo, dopo essersi ritirato, diede in sposa a Costantino sua figlia Fausta. Sposata Fausta, Costantino ricevette quindi anche la tenuta Domus Faustae, che un tempo appartenne a Plauzio Laterano (proprio quello che fu giustiziato per avere preso parte al complotto contro Nerone).

      Due anni prima del matrimonio tra Costantino e Fausta, attenendosi alla legge di Diocleziano, sia Diocleziano che Massimiano abdicarono dal trono. Diventato augusto, Costanzo I Cloro partì per la Britannia per combattere i pitti, ma un’anno dopo morì, dopo aver fatto in tempo a chiamare Costantino per dirgli addio. Dopo la morte di Costanzo Cloro, i suoi soldati, rispettando le ultime volontà del generale, insignirono Costantino della carica di Augusto.

      Allo СКАЧАТЬ



<p>17</p>

Giovenale. Satire. M.-L., 1937.

<p>18</p>

Lucio Settimio Severo – imperatore romano dal 193 al 211.

<p>19</p>

La prima caserma – Castra Priora Equitum Singularium si trovava nelle vicinanze, all’altezza dell’odierna via Tasso.

<p>20</p>

Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio o Massimiano – imperatore romano dal 285 al 305 (e usurpatore dal 306 al 308 e 310).

<p>21</p>

Gaio Aurelio Valerio Diocleziano o Diocleziano – imperatore romano dal 284 al 305.

<p>22</p>

Dal greco tετραρχία – governo a quattro.