Le meraiglie del Duemila. Emilio Salgari
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Название: Le meraiglie del Duemila

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ con una fuga disordinata di gente, che si rovesciava verso una spiaggia, mentre il cielo rifletteva la luce degli incendi.

      «Straordinario» ripeteva il dottore, quando la parete tornò bianca. «Che progresso ha fatto il giornalismo in questi cento anni! E chissà quante meraviglie dovremo vedere ancora. Brandok, hai finito il tuo sonno?»

      Udendo quella chiamata, il giovane aprì finalmente gli occhi, sbadigliando come un orso che si sveglia dopo il lungo sonno invernale.

      «Come ti senti, amico mio?» chiese Toby.

      «Benissimo.»

      «Il tuo spleen?»

      «Per ora non m’accorgo che mi tormenti. E… dimmi, Toby, abbiamo sognato, o è proprio vero che noi abbiamo dormito un secolo?»

      «La prova l’abbiamo nelle nostre casseforti, che hanno portato qui mentre ci riposavamo.»

      «Chi potrà credere che noi siamo risuscitati?»

      «Il mio parente di certo, poiché è venuto lui a toglierci dal sepolcreto.»

      «E dove ci troviamo noi? Ancora a Nantucket?»

      «Non lo saprei davvero.»

      «E tu come stai?»

      «Provo un turbamento che non so spiegarmi e mi pare di essere molto debole.»

      «Sfido io, dopo un così lungo digiuno?» disse Brandok, ridendo. «Non senti appetito? Io mangerei volentieri una bistecca, per esempio.»

      «Adagio, mio caro. Non sappiamo ancora come funzioneranno i nostri organi interni.»

      «Se il cuore, ed i polmoni non danno segno d’aver sofferto, dopo una così lunga fermata, suppongo che anche gli intestini riprenderanno il loro lavoro.»

      «Eppure temevo che si atrofizzassero» disse Toby.

      In quel momento la porta si aprì ed il signor Holker comparve, seguito dal gigantesco negro che portava dei vestiti simili a quelli che indossava il suo padrone e della biancheria candidissima.

      «Come state, zio? Mi permettete di chiamarvi così, d’ora innanzi?»

      «Certo, mio caro tardo nipote» rispose il dottore. «Mi trovo abbastanza bene.»

      «Anche voi, signor Brandok?»

      «Ho solamente un po’ di fame.»

      «Buon segno; vestitevi e poi andremo a pranzare. Le vesti saranno un po’ diverse da quelle che si portavano cent’anni fa, però sono più comode e dal lato igienico nulla lasciano a desiderare, essendo disinfettate perfettamente.»

      «E anche la stoffa mi sembra diversa.»

      «Stoffa vegetale. Già da sessant’anni abbiamo rinunciato a quella animale, troppo costosa e poco pulita in paragone a questa. Ah! Troverete il mondo ben cambiato; per ora non vi dico altro per non scemare la vostra curiosità. Vi aspetto nella sala da pranzo.»

      Il dottor Toby e Brandok si cambiarono, fecero un po’ di toeletta, poi lasciarono la stanza, inoltrandosi in un corridoio le cui pareti lucidissime avevano degli strani splendori, come se sotto la vernice che le copriva vi fosse qualche strato di materia fosforescente, ed entrarono in un salotto abbastanza ampio, illuminato da due finestre larghe e alte fino al soffitto, che permettevano all’aria di entrare liberamente.

      Era ammobiliato con semplicità, non esente da una certa eleganza. Le sedie, la credenziera, gli scaffali situati negli angoli e perfino la tavola che occupava il centro, erano formati di un metallo bianco e lucentissimo che assomigliava all’alluminio.

      Il signor Holker era già seduto a tavola, la quale era coperta da una tovaglia colorata che non sembrava di tela.

      «Avanti, miei cari amici,» disse, andando loro incontro «il pranzo e pronto.»

      «E dove lo mangeremo?» chiese Brandok, che non aveva scorto sulla tavola né piatti, né bicchieri, né posate, né salviette, né cibi di alcun genere.

      «Ah! mi scordavo che un secolo fa gli albergatori erano pure indietro di cento anni!» disse Holker, ridendo. «Hanno progredito anche loro. Guardate.»

      S’accostò ad una parete ed abbassò una lastra di metallo lunga un paio di metri e larga una trentina di centimetri, unendola alla tavola in modo da formare un piccolo ponte. L’altra estremità s’appoggiava ad una piccola mensola sopra la quale sta scritto: «Abbonamento all’Hôtel Bardilly».

      «E ora?» chiese Brandok che guardava con crescente stupore.

      «Premo questo bottone ed il pranzo lascia le cucine dell’albergo per venire sulla mia tavola.»

      «Dove si trova questo Hôtel? In questa casa?»

      «Anzi, è piuttosto lontano: sulla riva opposta dell’Hudson.»

      «Siamo dunque a Nuova York?!» esclamarono ad una voce Toby e Brandok.

      «Dove credevate di essere? Ancora a Nantucket?»

      «Quando ci avete trasportati?» domandò Brandok al colmo della sorpresa.

      «Ieri sera. Alle otto ho lasciato l’isola e a mezzanotte eravate qui.»

      «In quattro sole ore, mentre cent’anni fa se ne impiegavano sedici e con una scialuppa a vapore!» esclamò il dottore.

      «Abbiamo camminato colle invenzioni, mio caro zio» disse Holker. «Ah! ecco il pranzo.»

      Un sibilo acuto era sfuggito da una piccola fessura della mensola, poi una porticina si era aperta automaticamente all’estremità della lastra di metallo che si univa alla tavola e una piccola macchina, seguita da sei vagoncini di alluminio di forma cilindrica, s’avanzò, correndo su due incavi che servivano da rotaie.

      «Il pranzo che manda l’albergo?» chiesero Toby e Brandok.

      «Sì, signori, e con tutto il necessario. Come vedete è una cosa molto comoda che mi dispensa dall’avere una cuoca ed una cucina» rispose Holker.

      Aprì il primo vagoncino che aveva una circonferenza di quaranta centimetri e una lunghezza uguale e levò dei bicchieri, delle posate, delle salviette e quattro bottiglie che dovevano contenere del vino o della birra. Dagli altri quattro estrasse successivamente dei piccoli recipienti contenenti del brodo ancora caldissimo, poi dei piatti con pasticci e vivande svariate, delle uova, dei liquori e così via. Tutto il necessario insomma per un pranzo abbondante.

      Quand’ebbe terminato, premette un bottone, la porticina si aprì ed il minuscolo treno scomparve, retrocedendo colla velocità d’un lampo.

      «Che cosa ne dite, signor Brandok?» chiese Holker.

      «Che ai nostri tempi queste comodità mancavano assolutamente. E tornerà il treno?»

      «Certo, per riprendere le stoviglie.»

      «E come arriva qui?»

      «Per mezzo d’un tubo, e cammina mosso da una piccola pila elettrica, d’una potenza tale però che le imprime una velocità di quasi cento chilometri all’ora. Queste vivande non sono state rinchiuse nei loro recipienti СКАЧАТЬ