Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari страница 11

Название: Gli ultimi flibustieri

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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      – E perché?

      – Perché appena mi accorgo che si sveglia, invece di dargli un bicchiere d’acqua zuccherata gli vuoto in gola una bottiglia intera di aguardiente e torno ad ubbriacarlo.

      Tu sei diventato piú feroce d’un caimano, dopo il tuo matrimonio, – disse Mendoza.

      – Ma no, signor mio, – protestò la bella castigliana, – anzi è diventato piú mansueto d’un agnello, il mio Pepito, dopo che si è sposato.

      – Lasciamo stare Pepito, che qui non c’entra affatto, ed occupiamoci subito di quel Pfiffero.

      “Approvate la mia idea?”

      – Se non c’è di meglio, cacciamolo pur dentro la botte per ora, – disse Buttafuoco. – Ve lo faremo rimanere d’altronde il meno che sarà possibile, poiché avremo noleggiata una scialuppa e fileremo in cerca di Raveneau de Lussan.

      – Bada di non ubbriacarlo troppo, quel povero diavolo, desse Mendoza. – Non vogliamo che muoia.

      – Per chi mi prendi? – rispose il guascone, – per l’ultimo taverniere che esiste in tutte e due le Americhe? Gli darò da bere solamente dell’aguardiente finissimo, che costa a me non meno di quattro piastre la bottiglia.

      – Sbrighiamo allora questo affare e poi andiamocene, – disse Buttafuoco. – La señorita Ines di Ventimiglia sarà molto inquieta e non si sarà certamente ancora coricata.

      – Come!… Vi riceve di notte? – chiese don Barrejo.

      – Non osiamo farci vedere di giorno. Le precauzioni non sono mai troppe quando si è impegnata una partita con un Montelimar.

      Presero i lumi e scesero nella cantina, giungendo ben presto all’estremità delle due file di botti.

      Colà si trovava un enorme recipiente che pareva una piccola torre messa a guardia dei Xeres, degli Alicanti e dei Malaga, capace di contenere nel suo interno, e senza alcuna difficoltà, almeno quattro uomini.

      – Come vedete la botte è proprio nuova, – disse don Barrejo, – quindi il Pfiffero non correrà alcun pericolo di asfissiarsi.

      Prese un martello e assalí i cerchi superiori, per smuovere le doghe e levare il coperchio. Mendoza e Buttafuoco lo aiutavano alla meglio, non essendo pratici in quel mestiere che il guascone invece conosceva ormai a fondo, forse meglio d’un bottaio.

      – Il nido è pronto a ricevere il merlotto, – disse don Barrejo, dopo alcuni minuti. – Andatemi a cercare il Pfiffero mentre levo il coperchio.

      Il disgraziato fiammingo russava beatamente sotto le botti come se si trovasse nel suo letto.

      Buttafuoco e Mendoza presero quel corpo inerte e lo passarono al guascone, il quale lo lasciò cadere, senza troppi riguardi, in fondo al monumentale recipiente, mettendo poi subito a posto il coperchio in modo però che non combaciasse perfettamente, onde l’aria potesse liberamente circolare.

      – Sfido chiunque ad andarlo a scovare, – disse don Barrejo, quand’ebbe finito.

      – Si ode però che qualche cosa respira o russa li dentro, – disse Mendoza, il quale aveva appoggiato un orecchio alle doghe.

      – T’inganni, amico, – rispose il guascone. – È il vino buono che bolle. Forse che non borbotta quando comincia a fermentare?

      – Sei meraviglioso, don Barrejo, – disse Buttafuoco. – Io sono certo che con l’aiuto di voi due non sarà cosa difficile a me di condurre la señorita di Ventimiglia nel paese di sua madre a raccogliere l’eredità lasciatale dal Gran Cacico.

      – Volete dire, signor Buttafuoco, che voi contate fin d’ora sulla mia draghinassa, – disse don Barrejo.

      – Siamo venuti qui per portarvi via con noi. Non ne avete abbastanza di fare il taverniere, voi che siete un gentiluomo piú atto a maneggiare le armi che le bottiglie?

      – Cominciavo infatti ad annoiarmi mortalmente ed a rimpiangere i bei tempi passati, quando sotto il figlio del Corsaro Rosso si montava all’assalto di qualche nave o di qualche casa almeno una volta alla settimana.

      “E mia moglie?”

      – Lasciala qui a condurre la taverna, – disse Mendoza. – Quando noi torneremo non avrai piú bisogno di vendere vino e Panchita potrà sfoggiare gioielli e bei vestiti finché vorrà.

      “Signor Buttafuoco, andiamo.”

      Risalirono in fretta, si gettarono addosso i loro mantelloni, provarono a far scorrere le spade ed i pugnali, e dopo d’aver accarezzato il mento alla bella castigliana senza che don Barrejo trovasse di che dire, il filibustiere ed il bucaniere uscirono cautamente in istrada.

      Pioveva sempre a dirotto ed un ventaccio impetuoso e quasi freddo sbatacchiava le finestre delle case e le monumentali insegne dei negozi.

      In lontananza si udiva l’oceano Pacifico muggire sinistramente e rompersi contro le calate del porto.

      – Quando ci rivedremo? – chiese don Barrejo.

      – Se domani avremo bisogno di te, segui il ragazzetto indiano che ti ha portata la nostra lettera, – rispose Buttafuoco. – Intanto noi cercheremo il modo di sbarazzarti al piú presto del fiammingo per non comprometterti e…

      Il bucaniere si era bruscamente interrotto, mettendo mano alla spada.

      – Chi si avanza? – si chiese con inquietudine.

      Degli uomini, cinque o sei, tutti chiusi in cappe grigie e che tenevano in mano delle lanterne, s’avanzavano verso la taverna, borbottando delle preghiere.

      – Un funerale a quest’ora? – si domandò Mendoza.

      Subito però ruppe in uno scroscio di risa. Aveva capito di che cosa si trattava.

      – La polizia ha avvertito il Padre Superiore del vicino convento che la tua cantina è infestata dagli spiriti ed ecco i frati che giungono solleciti per benedire le tue botti d’acqua santa.

      “Fa’ loro buona accoglienza e cavatela come puoi. Signor Buttafuoco, filiamo!…”

      I due avventurieri si allontanarono velocemente, mentre i sei frati, preceduti da un sagrestano zoppo, che reggeva un grosso recipiente di acqua santa, si fermavano dinanzi alla taverna.

      Avevano appena svoltato l’angolo della via, quando un uomo, che fino allora era rimasto confuso colla fitta ombra proiettata da un vecchio porticato, si slanciò sulle loro tracce.

      Capitolo IV. LA SCOMPARSA DELLA CONTESSA DI VENTIMIGLIA

      Il bucaniere ed il filibustiere, messi in buono umore dai vini tracannati alla cantina d’El Moro, se ne andavano tranquillamente per la loro via, prendendosi filosoficamente la pioggia torrenziale, la quale si ostinava a non cessare.

      Né l’uno né l’altro si erano accorti dell’uomo che si era lanciato sulle loro tracce e che, passando attraverso a delle viuzze note a lui solo, cercava di sopravanzarli.

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