Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari страница 12

Название: Gli ultimi flibustieri

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ style="font-size:15px;">      Avevano percorse già una decina di vie fangose e sfondate, poiché in quell’epoca gli spagnuoli non si curavano gran che della viabilità, occupati come erano a difendersi dai continui attacchi dei filibustieri, che interrompevano i loro fiorenti commerci, quando giunsero dinanzi ad una casetta a due piani, di bell’aspetto, sulla cui porta si leggeva, su una insegna monumentale, il seguente titolo:

      Posada del Rio Verde

      – Ci siamo, – disse Mendoza. – Che la señorita Ines di Ventimiglia ci aspetti ancora?

      – Ha nelle sue vene sangue indiano, – rispose Buttafuoco. – Abbiamo fatto però tardi.

      – Vedo brillare un lume attraverso le persiane d’una finestra. O la señorita o il mio fido bucaniere Wandoe, vegliano:

      Stavano per avvicinarsi alla porta dell’albergo, quando un uomo tutto avvolto in un ampio ferraiolo, sbucò da una via laterale e con tanta furia da urtare malamente Mendoza.

      – Ehi, amico, avete bevuto? – esclamò il basco. – Girate al largo perché io ho l’abitudine di non farmi urtare due volte dal primo mascalzone che incontro di notte.

      Lo sconosciuto aveva fatto tre o quattro passi indietro e si era aperto il mantellone, dicendo:

      – Mi pare, caballero, che mi abbiate chiamato mascalzone, se non sono diventato sordo.

      – Ciò che vi auguro, di tutto cuore, – rispose il basco, ironicamente.

      – Giacché dunque non sono sordo, – riprese lo sconosciuto, – ho potuto raccogliere benissimo la vostra offesa.

      – E cosí?

      – Vorrei sapere con chi potrei incrociare la mia spada per vedere se sarà degno di me.

      – Chi siete voi dunque?

      – Don Ramon de los Montes, figlio d’un grande di Spagna.

      – Ah!… Figlio di papà!…

      – Scherzate meno e ditemi chi siete.

      – Io non sarò indegno di voi, don Ramon de los Montes, poiché io sono il conte don Diego de Alcalà y Veragrua e duca di Sabalioz.

      – E… l’altro? – chiese il figlio del grande di Spagna, o almeno quello che si spacciava per tale.

      – Non avendovi dato del mascalzone, signor de los Montes, preferisco per ora serbare l’incognito. Vorrei invece pregarvi se non sarebbe meglio rimettere a domani questa questione, che mi pare molto sospetta, poiché io credo voi figlio d’un grande di Spagna, quanto io sono figlio di Montezuma, il disgraziato imperatore del Messico.

      – Come!… – gridò lo sconosciuto, gettando a terra il mantellone e snudando rapidamente la spada. – Mi si dà del mascalzone, e poi si pongono anche in dubbio i miei titoli? ah!… Caramba!… Questo è troppo!…

      – Si direbbe che voi andate in cerca di questioni, – disse Buttafuoco, a cui era sorto un sospetto.

      – Canarios!… io sono l’uomo piú tranquillo del mondo, ma quando mi s’importuna allora divento anche uno dei piú terribili.

      “Qui si è insultato il figlio d’un grande di Spagna e qui il sangue scorrerà, signori miei, perché io sono ben risoluto a non lasciarvi andare indisturbati.

      “Se non volete battervi, seguitemi al piú vicino posto di polizia.”

      – Tu non sei altro che un miserabile avventuriero in cerca di colpi di spada, pessima canaglia, – disse Mendoza, estraendo a sua volta la spada.

      – O meglio pagato da qualcuno per darci delle noie, – aggiunse Buttafuoco. – Quante piastre ti hanno fissato per ognuna delle nostre pelli?

      – Canarios!… Questo è troppo!… – gridò lo sconosciuto, facendo un salto contro il muro della posada per non farsi sorprendere alle spalle.

      – Allora finiamola alla lesta, – disse Mendoza. – Voi state a guardarmi, per ora; se cadrò mi vendicherete.

      – Lo inchioderò contro la parete come una lucertola, – rispose Buttafuoco, mettendo pur mano alla spada.

      Mendoza, come già sappiamo, era uno spadaccino di primo ordine, che valeva non meno del terribile guascone don Barrejo.

      Desideroso di sbrigare presto la faccenda, pel timore che sopraggiungesse qualche ronda, attaccò risolutamente l’avversario vibrandogli una dietro l’altra tre o quattro fulminee stoccate, parate appena in tempo.

      – Canarios!… – esclamò lo sconosciuto, un po’ sconcertato. – Chi è stato il vostro maestro?

      – È inutile che ve lo dica, – rispose Mendoza, il quale non gli lasciava quasi nemmeno il tempo di rimettersi in guardia. – Quando vi avrò vibrata la stoccata dei Tre Corsari, voi rimarrete inchiodato contro la parete, quindi non avrete piú il bisogno dell’indirizzo del mio maestro, bensí di un passaporto per l’altro mondo.

      – Ehi, correte troppo, mio signore.

      – Aspettate un po’ e vedrete un colpo meraviglioso, l’ultimo però per voi.

      I due spadaccini, non curanti della pioggia che non cessava di cadere, si scambiavano stoccate con grande accanimento. Il fragore delle spade non si udiva, poiché il tuono continuava a rumoreggiare ed il vento ad ululare fra i comignoli delle case.

      Lo sconosciuto, dopo qualche minuto, si trovò obbligato a rompere ed appoggiarsi quasi alla parete. Sembrava molto sorpreso di aver trovato un avversario cosí formidabile, mentre forse aveva sperato di sbarazzarsi di entrambi con pochi colpi di spada.

      – Signor figlio d’un grande di Spagna, – disse Mendoza, mentre una folgore attraversava la piazza, seguita da uno schianto terribile. – Preparatevi alla partenza che non ha ritorno.

      Stava per tornare all’attacco, quando una finestra della posada si aprí ed una voce d’un uomo chiese:

      – Chi si ammazza davanti al mio albergo?

      – È l’amico Mendoza che si diverte un po’, – disse Buttafuoco, alzando la testa. – Lascia fare, Wandoe, fra poco tutto sarà finito.

      “Porta invece una torcia ed un archibugio.”

      – Canaglie!… – gridò lo sconosciuto, facendo una rapida mossa di fianco per prendere piú campo. – Avete degli amici qui ed ora mi farete assassinare a colpi d’arma da fuoco.

      “Non è agire da gentiluomini questo.”

      – Basterà il colpo dei Tre Corsari, – rispose Mendoza, chiudendogli prontamente il passo e costringendolo ad appoggiarsi alla parete. – A te, bandito, prendi questo per ora!…

      – Ed anche tu questa – rispose lo sconosciuto, il quale si difendeva disperatamente, chiamando in suo soccorso tutte le risorse della terribile arte della scherma.

      Mendoza parò la botta, poi tutto d’un tratto si abbassò verso terra, appoggiandosi sulla mano sinistra e andò a fondo.

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