Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
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Название: Gli ultimi flibustieri

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ si sa dunque nulla a Panama che il vecchio Cacico è morto quattro o cinque mesi fa e che ha lasciato erede delle sue favolose ricchezze la figlia del Corsaro Rosso?

      – Il Gran Cacico è morto!… – esclamò don Barrejo, picchiando un pugno sulla tavola. – Allora il marchese di Montelimar, che ha sempre aspirato d’impadronirsi di quei tesori deve essersi già messo in campagna.

      – Invece non pare, – rispose Mendoza. – Tre giorni fa era ancora qui.

      – Infatti quel Pfiffero l’ha detto. E come ha fatto a saperlo il conte di Ventimiglia?

      Abita sempre in Italia, mi pare.

      – Lo seppe da un vecchio bucaniere che aveva trovato asilo presso il Gran Cacico e che si recò appositamente al castello del conte per avvertire sua sorella che la tribú l’aspettava per proclamarla regina, non essendovi altri eredi.

      – Fu quel bucaniere che vi condusse la señorita?

      – Si, – rispose Mendoza.

      – E dov’è quell’uomo?

      – Veglia sulla señorita nella posada dell’amico del signor Buttafuoco.

      – E che cosa volete dunque da me? – chiese don Barrejo.

      – Sei sempre in relazione coi filibustieri del Pacifico?

      – Ne giungono spesso da me.

      – Si trovano sempre all’isola Taroga?

      – Sempre, malgrado i molti tentativi fatti dagli spagnuoli per sloggiarli.

      – Chi li comanda?

      – Sempre Raveneau de Lussan.

      – E David?

      – Si è diretto verso il capo Horn e non si è piú saputo nulla di lui.

      – Sono molti quei filibustieri?

      – Si dice che siano circa in trecento.

      – Allora, signor Buttafuoco, è necessario che noi andiamo a rivedere Raveneau de Lussan. Senza l’appoggio di quegli uomini sarebbe impossibile condurre in porto una cosí grossa impresa.

      “Se non sarà oggi, domani per lo meno gli spagnuoli sapranno che il Grande Cacico è morto e, sapendolo ricchissimo, si affretteranno ad impadronirsi del paese.”

      – Di questo puoi essere certo, – rispose Buttafuoco. – Il marchese di Montelimar da anni ed anni sospira il momento di mettere le mani su quei tesori, tanto piú che si dice che il re di Spagna abbia affidato a lui la conquista di quel paese.

      In quel momento, fra lo scrosciare della pioggia ed il rombare dei tuoni, udirono picchiare fortemente alla porta.

      Don Barrejo, il quale da qualche momento si era seduto, era subito balzato in piedi, dicendo a Panchita, la quale agucchiava dietro l’immenso banco:

      – Abbassa la lampada, amica.

      – Chi può essere? – chiese Buttafuoco. – Sono quasi le dieci e la notte è pessima.

      – Se fosse la ronda? – disse il guascone.

      – Viene qualche volta?

      – Si, signor Buttafuoco.

      – Eccoci in un bell’impiccio.

      – Niente affatto, – disse Mendoza, il quale da vero basco sapeva sempre trovare un pronto rimedio a tutto. – Prendiamo compare Arnoldo Pfiffer e portiamolo in cantina.

      – Ed in caso di pericolo annegatelo dentro la grossa botte di Xeres, – aggiunse il feroce guascone.

      Un secondo colpo, piú formidabile del primo, che per poco non mandò in frantumi i vetri della contro-porta, si fece udire.

      – Presto, andate e spengete il lume che illumina la cantina, – disse don Barrejo.

      Poi, voltandosi verso la moglie, aggiunse subito:

      – Porta sopra un paniere pieno di bottiglie, le piú vecchie che noi possediamo.

      Mendoza e Buttafuoco presero il fiammingo, lo avvolsero nel suo mantellone ancora bagnato e scesero a precipizio nella cantina, preceduti dalla bella castigliana, mentre don Barrejo si avvicinava alla porta, chiedendo con voce formidabile:

      – Chi vive? È tardi, corpo del diavolo, e la taverna d’El Moro non è un asilo notturno.

      – La ronda, – rispose una voce imperiosa.

      – Che cosa venite a fare qui, a quest’ora? Ho chiuso a tempo.

      – Aprite.

      – Aspettate che mi metta i calzoni e che mia moglie indossi la sottana. Che diavolo! Non si può dormire dunque a Panama?

      Panchita era ritornata, portando un’altra cesta piena di bottiglie coperte di venerande ragnatele e l’aveva deposta sul banco.

      Il guascone attese un momento ancora per prendersi il gusto di far ben bagnare la ronda, poi si decise finalmente ad aprire, non senza aver prima nascosta dietro il banco la sua formidabile draghinassa.

      Aperta la porta, tre uomini comparvero. Erano un ufficiale della polizia e due alabardieri delle guardie notturne.

      – Buena noche, caballeros, – disse il guascone, facendo buon viso a cattiva fortuna. – Stavo per andarmene a letto. La notte è pessima è vero?

      – Siete solo? – disse l’ufficiale, facendo un gesto di stupore.

      – No, signor ufficiale, stavo dicendo delle galanterie a mia moglie. È castigliana, sapete.

      – E voi? – chiese l’ufficiale.

      – Dei Pirenei.

      – Il paese dei contrabbandieri.

      – Signore, sono sempre stato un galantuomo e la mia rispettabile famiglia da trecent’anni vende vino in Spagna ed in America, – disse il guascone, fingendosi offeso.

      L’ufficiale gli volse le spalle e scambiò alcune parole a voce bassa con i suoi due alabardieri, poi, volgendosi verso don Barrejo, il quale cominciava a mostrarsi inquieto di quella visita inaspettata, gli chiese:

      – Oggi in questa taverna è entrato un signore, che poi non è piú uscito.

      – Dalla mia taverna!… – Esclamò il guascone, fingendo di cadere dalle nuvole. – Che sia rotolato sotto qualche tavolino e si sia addormentato?… Panchita, hai guardato bene se non vi sono ubbriachi accucciati in qualche angolo?

      – Io non ho veduto nessuno, – rispose la bella castigliana.

      – Eppure quel signore non è piú uscito di qui, – insistette l’ufficiale.

      – Misericordia!… – esclamò don Barrejo. – Che si sia ammazzato nelle СКАЧАТЬ