Dialoghi Senza Fine / Бесконечные диалоги. Габриэле Ломбардо
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СКАЧАТЬ l'amore di Dio, che sempre colma quell'abisso di male con un'infinita compassione. Questo è un dinamismo travolgente.

      Procede lungo la via la ragazza ventenne. Sul suo cuore pesa un dolore: ella lo avverte ma non ne sa il motivo. La sua mente vaga, posandosi su alcuni dubbi: proseguire о cambiare la facoltà universitaria, uscire о no con quel ragazzo insistente che venerdì l'ha invitata al cinema, e ha altre domande, più profonde e vaghe, che le affollano la mente… In generale, si può dire che in lei ci sia una dolorosa attesa, una domanda di significato sulla sua vita, che non sa se troverà risposta. Il suo corpo è coperto con senso del pudore non comune: lei non ama ostentarlo benché abbia ormai compreso di essere attraente e provi piacere nell'essere ammirata. Come si può non amarla in questo suo incedere su una via di città e nella vita, apparentemente sicura di sé ma, allo stesso tempo, dubbiosa ed indecisa, splendente di giovinezza e bellezza, eppure allo stesso tempo sottoposta alla caducità e al dolore… Anzi, è proprio lo splendore della sua bellezza insieme all'altezza della sua ricerca di gioia e di significato nella vita che, come luce che risplende, fa stagliare più netta l'ombra nera delle sue giovanili paure e dei suoi dubbi, i quali, in generale, riflettono la comune percezione della caducità della vita e della fragilità umana. Sembra proprio che, se non ci fosse ordine, armonia e bellezza nelle sue forme e nelle tinte del suo corpo, se non ci fosse logica e consequenzialità nei suoi pensieri, così come se non ci fosse nobiltà nei valori morali che la guidano, allora la sua fragilità, ossia i suoi dubbi e le sue paure, il suo sentirsi limitata moralmente e fisicamente, non potrebbero incidere su nulla. Può, infatti, un confine essere tracciato senza ci sia un territorio? Può il disordine incidere sul disordine stesso? No. Può il male degradare ciò che è già completamente degradato? No. E può il Maligno tentare ciò che già gli appartiene, ciò che è già completamente corrotto ed in sua balìa? Certo che no. Il male può solo degradare la bellezza ordinata ed armonica di ciò che gli preesiste. Il male può sussistere di per sé? No. Ma il male sussiste perchè trova un ordine già dato, cerca di degradare una misteriosa bellezza preesistente, che si manifesta soprattutto nell'essere umano e nella sua attesa di pace, di felicità, di incontro tra persone, di ordine. In modo simile, se non ci fosse la malattia fisica e il male morale, se questo bel corpo di ragazza fosse immortale e la sua mente fosse costantemente rivolta al bene, non soggetta alla tentazione del voler essere ammirata, di voler prevalere sugli altri per la sua bellezza о per l'intelligenza, se ella non provasse invidia, odio о rancore per delle offese ricevute, potrebbe questa giovane donna essere oggetto del nostro amore? Nella dimensione terrena, l'amore è caratterizzato soprattutto dal desiderio di far rialzare colui che è caduto nella tentazione e di proteggere colui che è fragile dal male fisico e morale. Dostoevskij, nel suo celebre romanzo intitolato "L'Idiota", racconta come l'amore del principe Myshkin per Nastasia Filippovna sia essenzialmente alimentato dal desiderio di salvare dal male questa giovane donna, molto bella e triste, profondamente segnata dall'esperienza del dolore e del peccato nel corso della sua vita. La bellezza di Nastasia Filippovna si rivela agli occhi del principe Myshkin proprio quando egli, vedendo un suo ritratto, comprende che questa giovane donna ha sofferto molto e vuole dimostrarle, coi suoi sentimenti e con le sue cure, che ella è degna di ricevere un amore puro. Allo stesso modo, nel libro biblico del profeta Osea, attraverso la metafora dell'unione sponsale si esprime l'amore di Dio per la sua sposa, ossia il popolo di Israele, il quale, dopo l'esperienza del tradimento, viene ritenuto da Dio ancora puro e degno di una nuova storia d'amore, come nei giorni dei loro primi amorosi incontri nel deserto. Nella raccolta poetica "Il Canzoniere", composta da Umberto Saba, c'è una parte intitolata "Nuovi versi alla Lina", in cui il poeta descrive la sua grande sofferenza per il tradimento subito da parte della moglie e, allo stesso tempo, il doloroso e desiderato tentativo di ricostruire un legame d'amore con l'amatissima moglie "Lina dal rosso scialle", come egli amava definirla. Il Canzoniere è un'opera autentica, una dichiarazione d'amore per la città dell'autore, Trieste, e per sua moglie Lina. (Dico: «Son vile…»; e tu: «Se m'ami tanto / sia benedetta la nostra viltà» / «… ma di baciarti non mi sento stanco». «E chi si stanca di felicità?» / Ti dico: «Lina, col nostro passato, /amarci… adesso… quali oblìi domanda!» / Tu mi rispondi: «Al cuor non si comanda; / e quel eh 'è stato è stato». / Dico: «Chi sa se saprò perdonarmi; / se più mai ti vedrò quella di prima?» /Dici: «In alto mi vuoi nella tua stima? /Questo tu devi: amarmi»).

      In ambito cristiano, come detto, si può giungere a dire che è possibile l'amore per Dio da parte degli uomini in quanto Egli è anche "vero uomo". Il Dio cristiano sceglie di nascere nel fragile corpo di un bambino, poi subisce il rifiuto e la condanna da parte dei suoi connazionali, il quali ne chiedono la morte, eppure ha in sé tanta bellezza e dolcezza. Tanto abbonda questa Sua umana fragilità, sia fisica nella sofferenza della morte per crocifissione, sia morale in quanto egli subisce la condanna propria dei rei, identificandosi ad essi, sentendosi abbandonato dal Padre, quanto sovrabbonda in noi questo sentimento che abbiamo chiamato "compassione amorosa".

      Proseguendo lungo questa linea, è spontaneo domandarsi se nell'Eden, cioè nel giardino nel quale, secondo il libro della Genesi, viveva l'uomo prima del peccato, ove non c'era il dolore del parto né la vecchiaia e la morte, ci fosse l'amore. Era cioè possibile l'amore senza quella sensazione di nudità umana da coprire con pudore, senza la necessità quindi, come raccontato nella Bibbia, che un Dio facesse degli abiti di pelli perché gli uomini, accortisi che erano nudi e in una terra diventata fredda e ostile, si coprissero e si scaldassero?

      La ragazza che cammina lungo la via si chiama Alessia, e accende una sigaretta. Perché decide di fumare? Un passante vorrebbe fermarla e, con ardire, dirle: "signorina, abbiate cura di voi, fumare è dannoso ed è una dipendenza, meglio evitare…" Il passante sente empatia verso quella persona, sente compassione per quella ragazza e vorrebbe salvarla da quel, pur piccolo, male della dipendenza dal tabacco… "Ma è poi un male piccolo?", si chiede tra sé il passante. Spesso i passanti passano oltre e non oltrepassano, per timore di invadere lo spazio altrui, quel confine che, dopo la Caduta, ha diviso gli uomini. Gli uomini ora non sono più, come erano allora, nell'"Età dell'oro", fratelli, ma sono individui, che solamente sperano di poter vivere come fratelli, riuscendoci però molto raramente e, di solito, male…

      Ecco, nella bellezza di quella giovane donna, che incede altera e splendente come una regina, si insinua un piccolo male: i dubbi sul futuro, l'angoscia delle scelte, il senso di inadeguatezza, vengono affrontati con quella piccola droga. E fumare è male non tanto perché è dannoso per la salute, ma perché è un male scelto, originato da una qualche sfiducia nella bontà della vita, come accade in ogni dipendenza: in quell'abitudine lievemente autodistruttiva è in gioco la volontà umana. Gli esseri umani sanno, infatti, ciò che è bene e ciò che è male; ogni uomo lo sa dall'infanzia. E il male che subiamo è certamente molto diverso da quello che ci infliggiamo volontariamente da noi stessi. Quest'ultimo, tra l'altro, è sempre permesso dalle leggi della società contemporanea, cosiddetta Occidentale, che si autodefinisce laica. In questa società, sembra che i comportamenti autodistruttivi siano non solo leciti, ma spesso sollecitati dalla pubblicità. Non è forse proprio un piccolo male accendere una sigaretta: c'è in questione, infatti, la nostra volontà e il nostro profondo approccio alla vita…

      "Questa giovane mi ricorda una giovenca impaurita vista molti anni fa, la quale, sentendosi sperduta sugli ampi verdi prati profumati, cercava di entrare dapprima nel recinto e, poi, nella stalla, entrambi angusti e sudici. Tu forse, questa, la chiami trasgressione… E' un altro vecchio peso sul giogo, inchiodato sull'ampia tua schiena di femmina. Altre tu ne segui, lenta, sul cammino verso la stalla; tutte con le teste chine. Forse questa è per te una novità, la chiami libertà il seguirle, tutte in fila. Un guadagno è, in realtà, solo per chi ti odia e ti aiuta a non sentire più e a non vedere chi siamo. Presto si attenuerà la luce del giorno, e tu nel recinto girerai inquieta, senza gioia, sino a sera, poi giacerai. Non brucherai più l'erba sui prati; in un scatola ti porteranno il mangime. Solevi un tempo uscire nell'aperta campagna, di te dimentica, nobile e graziosa, buffamente pietosa, allegra, leggera, con la tenera carne rosa striata di fango secco. Ora degli ampi spazi tu hai timore e cerchi un pertugio per entrare nella stalla, passando lo steccato; nel farlo ti ferisci, furiosa gridi, poi, sanguinante, entri e ti quieti infine. Non serve che qualcuno più ti leghi о ti sorvegli, spontaneamente entri СКАЧАТЬ