Название: Dialoghi Senza Fine / Бесконечные диалоги
Автор: Габриэле Ломбардо
Издательство: «Издательство «Перо»
isbn: 978-5-00244-918-7
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Percorre veloce, una ragazza, una via: i capelli sono chiari e luminosi, il suo viso delicato e levigato guarda avanti, evitando di incontrare gli sguardi che si rivolgono a lei, quasi ad indicare di non aver bisogno di alcuno, di bastare a se stessa. Ella trae forse la sua sicurezza dal sapere di avere spesso su di sé gli sguardi ammirati della gente che le è vicina e che il suo sguardo evitante non ricambia. Eppure, anche in questo corpo bello e giovane, elegantemente vestito, dallo sguardo altero e sfuggente, è presente tutta la fragilità della natura umana e della Creazione intera.
Ci sono, ad esempio, tutte le cure del corpo, il quale, quotidianamente, richiede pulizia, nutrimento, e che, sempre, possiede qualche vergognosa imperfezione, difficile da accettare per qualsivoglia persona: una statura inferiore alla media, un principio di calvizie, dei denti mal posti, un sorriso che ci pare sciocco, dei fianchi troppo ampi… E quanto più quella ragazza che cammina per strada è giovane e bella, tanto più ella sentirà vivamente il contrasto tra il suo corpo agile e forte, e quei suoi "difetti"; inoltre, in generale, è più difficile accettare, nella giovinezza, quelle imperfezioni che sono proprie di tutti i corpi e di tutti i temperamenti caratteriali, perchè la mancanza di esperienza nelle relazioni umane propria del giovane, ingenera insicurezza. Forse, pertanto, l'incedere sicuro della giovane che cammina lungo la via, sapendo di essere ammirata dai passanti, è apparente, solamente ostentato, ed ella in realtà rivela, non rivolgendosi ad alcuno con parole e nemmeno con sguardi, la paura del rifiuto degli altri о il timore del loro giudizio; rivela forse insicurezza in se stessa e nella vita.
Non siamo puri spiriti, abbiamo un corpo. E come possiamo, allora, amare senza la fragilità di questo corpo, sul quale noi possiamo posare uno sguardo, allo stesso tempo, ammirato e compassionevole: da un lato bramoso di possedere, о almeno di avere vicino a noi, quella bellezza agognata, che ci promette una così grande gioia, ma anche, dall'altro lato, teneramente dolce, come di madre, per la debolezza che, in quanto uomini, ci accomuna?
Questi nostri corpi, proprio perché così belli e, al tempo stesso, incatenati e fragili per i loro limiti, richiedono un'attenzione e una cura grandi, un amore compassionevole, soprattutto nell'infanzia e nella vecchiaia. Si dice che l'essere umano sia come un albero: le radici, che lo sostengono e lo nutrono, allo stesso tempo lo vincolano alla terra, mentre i suoi rami si protendono verso gli azzurri indefiniti spazi del cielo; così l'uomo è limitato dal tempo della sua esistenza e dallo spazio in cui si svolge la sua vita, ma ha in sé il desiderio, la percezione e, finanche, il concetto dell'infinito e dell'immortalità, ad esempio del viaggio nei territori misteriosi che si aprono oltre la morte fisica. Com'è noto, infatti, i popoli sin dall'antichità hanno eretto monumenti funebri, spesso contenenti cibo ed oggetti di uso personale, per accompagnare il defunto nel viaggio oltre la vita terrena.
Ci potremmo amare se fossimo immortali, perfetti nel corpo e nella nostra struttura psichica e morale? Ci potremmo gli uni gli altri amare se in noi non ci fosse un perenne bisogno di sostegno fisico, psicologico e morale, dato dalla nostra imperfezione e dalla mancanza di completezza in noi stessi?
Ecco come nasce, frutto dell'incontro tra la bellezza e la debolezza, l'amore, il quale ci appare, pertanto, sempre compassionevole. Infatti, nella dimensione terrena, segnata dalla fragilità, non si dà un'umanità perfettamente bella; essa, se per ipotesi esistesse in uno od in alcuni individui, non muoverebbe gli uomini a prendersi cura di essa, a prendersi cura, cioè, di qualcuno che già in sé è perfetto e compiuto, e che non necessita quindi di colui che lo protegga e lo custodisca. Allo stesso modo, la fragilità senza la bellezza, cioè la caducità mancante di ordine armonioso, non spingerebbe nessuno ad uscire da sé per cercare al di fuori un incontro con l'altro, con un altro a cui relazionarsi, né sarebbe ragionevole l'attrazione verso qualcosa che è privo di ordine ed armonia, cioè privo di bellezza. La bellezza certamente ci chiama ad uscire da noi stessi incontro all'altro, ma è anche la fragilità, la nostra incompiutezza, a far sì che non bastiamo a noi stessi e desideriamo questo incontro. Possiamo pensare, ad esempio, ad una madre un tempo attiva e volitiva ma oggi invecchiata e sonnecchiante sulla poltrona di una camera, seduta sola in penombra. Può un figlio non provare un amore compassionevole guardando quelle deboli braccia che un tempo, innumerevoli volte, lo hanno sollevato con gioia о rialzato da terra dopo una caduta? Ed ancora, si pensi alle cure compassionevoli di quelle donne russe che, al tempo della Seconda guerra mondiale, hanno guardato ai giovani soldati tedeschi di un battaglione disperso nella neve, non tanto come a degli invasori crudeli, ma soprattutto come a dei ragazzi in pericolo e li hanno accolti e nutriti, quasi fossero i loro figli, anch'essi condividenti una simile sorte. Si può anche pensare, semplicemente, alla compassione per una qualsiasi persona, о persino per un animale, che soffre vicino a noi per un motivo non grave e transitorio: un mal di denti, un po' di febbre…
A questo punto, ci si può porre questa domanda: è possibile che l'agire ritenuto moralmente turpe о iniquo di una persona, ci muova a compassione verso di lei, suscitando о accrescendo in noi l'amore? Può, cioè, la nostra fragilità morale, e non solamente quella corporea, suscitare il nostro amore compassionevole? L'esperienza umana e le scritture cristiane sembrano rispondere affermativamente ove, ad esempio, è detto: "dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia " (Rm. 5,20), come scrive San Paolo nella lettera ai Romani, aggiungendo che "Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti" (Rm. 11,32). Ovviamente, si può ritenere che anche il peccato, cioè la disobbedienza ad una legge morale che l'uomo sente presente in se stesso, ma a cui non adegua il suo agire, sia una fragilità: è il cosiddetto male morale.
Nel Vangelo secondo San Luca, in un dialogo tra Gesù e Simone il fariseo, il primo pone al secondo un quesito sull'amore. Gesù, ospite di Simone, gli dice che un creditore aveva due debitori, uno dei quali gli doveva restituire cinquecento denari, mentre l'altro solamente cinquanta denari, ma entrambi non erano in grado di restituire la somma avuta in prestito e, quindi, quel creditore condonò a tutti e due il loro debito. Gesù, allora, chiede a Simone il fariseo chi dei due debitori secondo lui amerà di più quel creditore generoso che aveva condonato quanto da loro dovuto e Simone gli risponde che è colui al quale è stato rimesso il debito più grande. Gesù gli conferma che questa risposta è corretta. C'è, infatti, nel Vangelo, una correlazione tra la fragilità morale dell'uomo, che cade nel peccato (situazione, nella parabola vista, resa con la metafora del contrarre debiti senza poi potervi far fronte) e l'amore, il quale non solo è maggiore rispetto al male commesso ma, come dice San Paolo, addirittura sovrabbonda ove abbonda il peccato, causato dalla fragilità morale umana. In altre parole, il testo sembra dire che sia più grande l'amore ove maggiore è il male morale commesso dall'uomo. In questo senso, si può dire che l'amore cristiano sia compassionevole, cioè che veda la bellezza sfigurata dal peccato e la voglia riportare al suo splendore originario o, addirittura, accrescerla.
Sant'Ignazio di Loyola, negli esercizi spirituali, in relazione alla contemplazione dell'Incarnazione della persona divina del Figlio, scrive che "le tre divine persone osservavano tutta la superficie о la rotondità di tutto il mondo piena di uomini; come vedendo che tutti scendevano nell'Inferno, decidono nella loro eternità che la seconda persona si faccia uomo, per salvare il genere umano" (Esercizi spirituali, 102). Il quadro che Sant'Ignazio rappresenta è quello di un essere umano che si perde a causa del male morale, che cioè scende all'Inferno, e la Trinità risponde al peccato dell'uomo, perchè lo ama e lo vuole salvare, con un amore così ardente da divenire uomo e subire, attraverso la sofferenza e la morte, le conseguenze dolorose del peccato e dei relativi crimini commessi dall'uomo. E l'Amore con la "a" maiuscola, ossia Dio, si fa fragile, si fa uomo, che può essere rifiutato dagli altri uomini perchè non si impone con la sua divina maestà ma, nella sua debolezza, ci lascia liberi di accoglierlo o di rifiutarlo. Se Dio si fosse manifestato nella sua assoluta potenza, l'uomo, segnato dal СКАЧАТЬ