Название: En torno a la economía mediterránea medieval
Автор: AAVV
Издательство: Bookwire
Жанр: Документальная литература
isbn: 9788491346647
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L’economia politica, considerata come ramo della scienza dello statista o del legislatore, si propone due fini distinti: primo, provvedere un abbondante reddito o sussistenza alla popolazione, o più esattamente metterla in grado di provvedere a se stessa tale reddito o sussistenza; e secondo, fornire allo stato o alla repubblica un reddito sufficiente per i pubblici servizi. Essa si propone di arricchire sia il popolo che il sovrano.
Nell’accezione di Smith oggetto dell’economia politica è la ricchezza, intesa quale insieme dei prodotti del lavoro capace di soddisfare i bisogni umani, e l’analisi economica consente di chiarire il grado di economicità o di valore economico presente in ogni determinata e concreta situazione storica. Proprio in quanto nella concezione di Smith la scienza economica non presenta connotazioni riconducibili a quelle della scienza della natura, risulta evidente l’impossibilità per lo scienziato di far ricorso all’esperimento e il suo bisogno di verificare le ipotesi in una sistematica analisi storica.
Indubbiamente il limite maggiore dell’analisi di Smith, come della maggior parte dei classici, fu quello di considerare il sistema economico a lui contemporaneo –quello del capitalismo– e quindi il sistema dei rapporti che determinano la vita economica in questo sistema, come formazioni eterne e immutabili.
La pretesa immutabilità e universalità del sistema capitalistico e il condizionamento da esso esercitato sull’economia politica sono i punti nodali da cui muove Karl Marx per criticare l’economia politica classica. In tal senso il Capitale si presenta come tentativo di mettere in evidenza la «legge del movimento» del sistema capitalistico sulla base della storicità e quindi della transitorietà, facendo essenzialmente ricorso all’analisi storica.
I rapidi cenni di cui sopra vogliono solo sottolineare l’esigenza che ogni analisi economica quando dallo short run passa al long run necessita di una puntuale e documentata analisi storica, sotto pena di cadere nell’astrattezza propria degli economisti teorici (oggi purtroppo spesso diffusa anche nella più recente storiografia di natura economica) di attribuire un supposto carattere di ripetibilità, di razionalità alle variabili prese in esame nel modello teorico.
I richiami effettuati vogliono anche porre in evidenza il fatto che le teorie economiche non possono essere considerate in astratto rispetto alle realtà oggetto di analisi, altrimenti si determinano delle forzature e non si riesce a comprendere con chiarezza la valenza che un dato sistema economico ebbe per un aggregato sociale, che quel sistema economico pose in atto, con maggiore o minore consapevolezza e teorizzazione, ma sempre per ottenere il massimo risultato in base ai mezzi, alle risorse e alle capacità disponibili. Massimizzazione che, a sua volta, andò a favore di cerchie ristrette o ampie di soggetti, a secondo dei rapporti di dipendenza e dei gradi di libertà, che un determinato sistema politico-istituzionale volle assicurare ai suoi componenti.
Va inoltre sottolineato con fermezza che, se per effettuare delle valide analisi storico-economiche in relazione all’età medievale è indispensabile che il ricercatore si doti di una salda preparazione economica, è però altrettanto necessario che lo stesso abbia una buona formazione culturale in campo politico-istituzionale, sappia correttamente analizzare fonti in latino o nei vari idiomi volgari che andarono gradatamente affermandosi, si doti di una buona conoscenza paleografica e diplomatica. Solo grazie a questa duplice formazione culturale (economica e umanistica) il ricercatore sarà in grado di dominare le fonti, di porre alle stesse le domande utili a poter soddisfare gli elementi di fondo del tema che vuole indagare.
L’importanza fondamentale dello studio sistematico delle fonti di archivio nell’analisi storica e particolarmente nella storia economica ha spinto schiere di studiosi fino a tutti gli anni ‘70 e agli inizi degli ‘80 del sec. XX, come si è detto, a effettuare lavori estremamente minuziosi, che spesso avevano però il difetto di concentrarsi solo su tempi brevi, spazi limitati e avvertivano poco l’esigenza dell’analisi comparativa spazio/temporale. Anche agli studenti che chiedevano una tesi di laurea in storia economica i docenti indicavano fonti di archivio ancora inesplorate sulle quali impegnarsi nello studio di un qualcosa che doveva avere il carattere di originalità, proprio in quanto non già analizzato da altri studiosi. Il che comportava necessariamente, che, malgrado il lungo lavoro sulle fonti archivistiche, gli studi si concentrassero su tempi e spazi di breve durata.
Ma, come notava già nel 1969 Fernand Braudel:14
La recente rottura con le forme tradizionali della storiografia del XIX secolo […] è andata a beneficio della storia economica e sociale, e a detrimento della storia politica. […] Ma soprattutto c’è stata un’alterazione del tempo storico tradizionale. Un giorno, un anno potevano sembrare ieri delle buone misure ad uno storico politico. Il tempo era come una somma di giornate. Ma una curva dei prezzi, una progressione demografica, il movimento dei salari, le variazioni del tasso di interesse, lo studio (più immaginato che attuato) della produzione, una serrata analisi della circolazione richiedono più ampie misure, un’altra scala.
Lavori pur di grande interesse come quelli di Sapori, di Luzzatto, di Melis e dei loro allievi, tanto per fare solo degli esempi di autori italiani noti a tutti (o almeno a quelli della mia generazione), si riempivano di trascrizioni di documenti d’archivio, di dati, di tabelle, a volte erano perfino quasi solo composti di tabelle –come alcuni volumi pubblicati da Giuffré sotto la direzione di Luigi Dal Pane–;15 gli stessi autori disquisivano spesso sull’esigenza di effettuare analisi per totalità dei dati disponibili o di far ricorso a campionature, più o meno matematicamente determinate.16 Gli storici economici, a differenza degli storici generali, posero in luce sempre più l’esigenza di disporre di serie quantitative utili a far luce su costi, ricavi, prezzi, salari, andamenti di produzioni e di cicli commerciali. Come sottolineava Witold Kula, ciò che distingueva il lavoro dello storico economico da quello dello storico generale era che per il primo «La rilevazione di un singolo prezzo di una data merce non solo non è interessante, ma è addirittura incomprensibile, se non può essere inserito in una serie di altri rilevamenti di prezzi, della stessa e di altre merci, aventi una certa continuità temporale». Questo, sempre secondo il grande storico polacco, «ha notevoli conseguenze per il lavoro dello storico economico, che si presenta assai più impegnativo e che consente minori possibilità in ordine alla pubblicazione di raccolte di fonti. Tanto più che queste raccolte non possono tendere all’esaurimento del materiale, ma solamente tentar di raggiungere un elevato grado di rappresentatività e tipizzazione. (Aggiungendo) Non si eliminerebbe, pertanto, la necessità, per il futuro ricercatore, di risalire di nuovo ai documenti originali».17
Ma il problema di fondo fino a tutti gli anni ‘80, come ebbe a sottolineare acutamente C.M. Cipolla,18 fu che
La scuola economico giuridica fu nel complesso molto storica, molto giuridica ed inadeguatamente economica nel senso che si distinse per lo studio preciso delle istituzioni giuridiche, ma mancò di esplicitare adeguatamente i paradigmi economici che poneva alla base della interpretazione dei fatti economici, i quali paradigmi quando il lettore si fa sforzo di enuclearli dal contesto della narrazione li trova il più sovente rozzi e spesso inconsistenti. Alphons Dopsch, Henry Pirenne, Gioacchino Volpe, Marc Bloch, Armando Sapori, per non citare che i nomi più famosi, appartennero tutti a questa corrente cui appartenne sostanzialmente anche Gino Luzzatto con una caratteristica però tutta sua: che lui si era interessato СКАЧАТЬ