Название: Fiore di leggende
Автор: Anonymous
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066072971
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In quella notte fûr presi e legati, e fûr menati davanti al signore, e comandò che sieno imprigionati tutti i cristian per maggior disinore. Cosí ne fur nella prigion serrati tutti i cristian ciaschedun a furore. Gherardino dall'un canto si stava, e mai nel viso non si rallegrava.
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E quando venne terza, la mattina, una che dava mangiare a' prigioni, che per usanza mandava la Reina di quel che mangiava ella e i suoi baroni, e lo Bel Gherardin per cenno inchina: —Dimmi chi se', e vo' che mi perdoni.— Et e' rispuose molto volentieri: —Io sono un damicel che fu pres'ieri.—
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E la donzella a casa fu redita, e disse a la reina di costui: —Madonna mia, in tempo di mie vita non viddi un bel donzel come colui!— E come ella ebbe la parola udita, subitamente innamoròe di lui, e fecelo venire a sé davanti, ed e' s'inginocchiò con be' sembianti.
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Ed ella, raguardandol nel visaggio, sí 'l domandò:—Sapresti tu servire?— et e' rispuose:—Molto di vantaggio, di coppa e di coltel me' ch'altro sire.— Ed ella, lo veggendo tanto saggio, si 'l dimandòe, se vuole ubbidire. Ed e' rispuose:—Molto volontiere farò, madonna, ciò che v'è in piacere.—
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Cosí fu Gherardin suo servidore, che di tale arte era molto sottile: e quel signor gli puose molto amore, che quasi tutti gli altri tenne a vile. E la reina ne 'nfiammò nel core, perché ella il vedea tanto gentile. Ella li disse:—Il tuo amor mi bisogna!— Egli rispuose con molta vergogna:
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—Io v'addomando e cheggio perdonanza, ch'i' non farei tal fallo al signor mio.— Ed ella il prese con molta baldanza, dicendo:—Se non fai quel ch'io disio, io griderò, che non è mia usanza, e farotti morire, in fé di Dio.— E in quel punto gli gittò il braccio in collo; e cosí il prese per forza e baciollo.
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Ed e', veggendo che non può stornare che egli non faccia il suo comandamento, fra suo cuor disse:—E' mi convien pur fare, ed io ne vo' fornire il suo talento.— E sí la prese sanza piú indugiare; del gran disio, ch'è pieno d'alimento, al suo voler di quelle rose colse, e poscia per piú volte se ne tolse.
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Istando Gherardino in tale stato, la Fata bianca fa di lui cercare. Quando ella vede che non l'ha trovato, disse:—Al postutto io mi vo' maritare, perch'ella vede che l'anno è passato, che per sua donna la dovíe sposare. Allor per tutto il mondo il bando manda; gli amici priega ed i servi comanda,
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da parte de la Fata, che si mostra, ch'ogni prode uomo e di grande ardimento de l'arme s'apparecchie e facci giostra, e per combatter vada al torniamento. E chi avrae l'onor di quella giostra, la sposerae con grande adornamento; siccome "re signore" fia chiamato, a la donzella insieme incoronato.
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Quando il soldano udí quel bando andare per Alessandria, mosse con sua gente, e lo Bel Gherardin volle menare. E' non volea, per essere ubidente. Quando fu ito, incominciò a parlare a la reina molto umilemente: —Datemi la parola, alta reina, ch'io vada a quello stormo domattina.—
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Disse la dama:—Avresti tanto ardire che tu ti dipartissi e me lasciassi? Ma volentier vi ti lascerei ire, se io ne credessi che tu a me tornassi.— Ed e' rispuose:—Dama, a lo ver dire, non potrebbe stornar ch'io non v'andassi, che io credo sposar quella fanciulla: di ritornar non v'imprometto nulla.—
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Quando ella vide ch'elli n'era acconcio d'andare a quello stormo sanza fallo, sí gli rispuose, portandoli broncio: —Sanza te, mai non avrò buono stallo. Ma ben che la tua andata mi sia sconcio, io pur ti donerò arme e cavallo; ma tu mi giurerai, se Dio ti vaglia, d'uccidere il soldan nella battaglia.
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Però che mi pare tanto invecchiato, che non val nulla a la mia giovanezza; non posso sofferir di stargli a lato, pensando che ha a goder la mia bellezza! Prenditi cura a provveder mio stato: se ti vien fatto per me tal prodezza, a lo tuo senno mi mariterai; saroe contenta piú che fossi mai.—
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Poi gli donòe tre veste di zendado, una verde, una bianca, una vermiglia, e tre destrier, che si veggon di rado piú begli intorno a cinquecento miglia. De l'aver tolse quanto li fu a grado, donzelli e fanti con molta famiglia, trabacche e padiglion: poi si partío da la donzella e accomandossi a Dio.
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E tanto cavalcò per piú giornate, che giunse presso a lo stormo predetto, ed allungossi ben due balestrate per istar piú celato in un boschetto. E disse a la sua gente;—Or m'aspettate, ch'io vo' veder come il campo è corretto.— E vidde il soldano ch'era campione, e ritornòe inverso il padiglione.
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E la mattina, come apparve il giorno, la Fata bianca vae agli balconi con molte dame e damigelle intorno, per veder que' che votasse gli arcioni. Come la gente udí sonare il corno per la battaglia, parevan leoni. Quale era proe e quale era codardo; il soldan sopra tutti era gagliardo.
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E lo Bel Gherardin, veggendo questo, che quel soldan sí malamente lancia, in sul destriere cosí armato e destro, pigliò lo scudo ed imbracciò la lancia. Veggendo che 'l soldan fa tal molesto di questa gente, non gli paríe ciancia. Veggendo che ciascun contro a lui perde, andògli incontro colla vesta verde.
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E tal colpo gli diè sopra lo scudo, che 'l fece a terra del destrier cascare. Agli altri si volgea col brando ignudo; beato chi meglio lo può levare! Però ch'ogni suo colpo è tanto crudo, chi ne pruova uno, non ne può scampare; sicché il campo fu suo per questa volta, poi ritornava nella selva folta.
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Disse la dama, ch'è stata a vedere:
—Dove andò il cavalier di verde tinto?—
E da la gente nol poté sapere
chi fosse que' ch'avie lo stormo vinto.
Altri dicea:—Egli è uno cavaliere,
egli e il cavallo di verde dipinto!—
E di lui non è altri che risponda;
sicché vedremlo alla volta seconda.
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Al secondo sonar l'altro mattino, el soldan d'Alessandria die' per costa; e quale iscontra al dubbioso cammino, la suo venuta molto cara costa: e, combattendo come paladino, rimase il campo a lui in poca sosta, gli altri fuggendo, il soldan seguitando, mettendogli per terra, scavalcando.
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