Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 8. Edward Gibbon
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Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 8 - Edward Gibbon страница 5

СКАЧАТЬ Nel punto ch'egli richiede la mia amicizia con adulanti e fallaci parole, si è abbassato a far lega co' Varconiti che da me fuggono. Se io mi traggo a muovere contro que' dispregevoli schiavi, essi tremeranno al suono dei nostri flagelli; calpestati e' saranno, come un nido di formiche, sotto i piedi dell'innumerevole mia cavalleria. Non mi è ignota la strada che essi tennero per invadere il vostro Impero, nè posso essere ingannato dal vano pretesto, che il monte Caucaso è l'inespugnabile barriera de' Romani. Conosco il corso del Niester, del Danubio e dell'Ebro; le nazioni più bellicose hanno ceduto alle armi dei Turchi; e da dove nasce a dove muore il Sole, tutta è mio retaggio la Terra». Non ostante questa minaccia, un sentimento di scambievole utilità rinnovò ben presto la colleganza, de' Turchi e de' Romani; ma l'orgoglio del Gran Cane sopravvisse al suo sdegno, e nell'atto di annunziare un'importante conquista al suo amico l'Imperatore Maurizio, egli s'intitolò il Padrone delle sette razze, ed il Signore dei sette climi del mondo37.

      Tra i Sovrani dell'Asia nacquero spesso contese pel titolo di Re del mondo, e queste stesse disputazioni provarono ch'esso non può appartenere a veruno dei competitori. Il regno dei Turchi era limitato dall'Oxo o Gihon, e questo gran fiume separava il Turan dalla rivale monarchia d'Iran o della Persia, la quale, in più ristretto spazio, conteneva forse una più gran misura di popolazione e di potenza. I Persiani, che alternativamente assalirono e respinsero i Turchi ed i Romani, eran tuttavia governati dalla casa di Sassan, che salì al trono tre secoli prima dell'esaltamento di Giustiniano. Cabade o Kobad, contemporaneo di lui, era stato avventuroso in guerra contro l'Imperatore Anastasio: ma il Regno di quel Principe fu perturbato da civili e religiosi dissidj. Prigioniero in mano de' suoi sudditi, esule tra i nemici della Persia, egli ricovrò la sua libertà col prostituire l'onore della sua moglie, e riacquistò il suo regno, mediante la pericolosa e mercenaria assistenza dei Barbari, i quali trucidato gli aveano il padre. Sospettavano i nobili della Persia che Kobad non fosse mai per dimenticare gli autori della sua espulsione, o nemmeno quelli che l'avean riposto sul trono. Aggirato ed infiammato era il popolo dal fanatismo di Mazdak38, il quale predicava la comunanza delle donne39, e l'eguaglianza di tutti gli uomini, nel tempo ch'egli appropiava all'uso dei suoi settarj le più ricche possessioni e le donne più belle. La declinante età del Monarca persiano veniva amareggiata dall'aspetto di questi disordini, che le sue leggi ed il suo esempio40 avevano fomentati, e si accrescevano i suoi timori dal segreto sentimento del disegno che nutriva di sovvertire il naturale e consueto ordine di successione in favore del suo terzo e prediletto figliuolo, così famoso sotto i nomi di Cosroe e di Nushirvan. Collo scopo di rendere più illustre il giovane al cospetto delle nazioni, Kobad desiderò che venisse adottato dall'Imperatore Giustino: la speranza della pace indusse la Corte Bisantina ad accettare questa singolare proposta; e Cosroe avrebbe acquistato uno specioso diritto all'eredità del romano suo padre. Ma il male che n'era per avvenire fu allontanato dal consiglio del Questore Proclo: si mise in campo la difficoltà, se l'adozione dovesse farsi con un rito militare o civile41; disciolto fu all'improvviso il trattato, ed il sentimento di questa offesa si stampò profondamente nell'animo di Cosroe, il quale si era già avanzato fino al Tigri, alla volta di Costantinopoli. Non sopravvisse lungamente il padre di Cosroe all'avvenimento che avea sconcertato le sue mire. Si lesse il testamento del defunto sovrano nell'assemblea dei nobili, ed una potente fazione, preparata a sostenerlo, innalzò Cosroe al trono della Persia, senza por mente ai diritti della Primogenitura. Cosroe tenne quel trono pel lungo e prospero periodo di quarantott'anni42; e la giustizia di Nushirvan vien celebrata dalle nazioni dell'Oriente, quale argomento di lode immortale.

      Ma nell'opinione dei Re, ed anche dei loro sudditi, la giustizia di un sovrano non esclude un'ampia indulgenza pel soddisfacimento delle sue passioni e del suo interesse. La virtù di Cosroe era quella di un conquistatore, il quale nelle determinazioni della pace o della guerra, viene spinto dall'ambizione e rattenuto dalla prudenza, confonde la grandezza colla felicità di una nazione, e tranquillamente sacrifica le vite delle migliaja alla fama od anche al divertimento di un solo. Nella domestica sua amministrazione, il giusto Nushirvano meriterebbe, secondo il nostro sentire, d'esser chiamato un tiranno. I suoi due fratelli maggiori erano stati privati delle care lusinghe del Diadema: posti tra il grado supremo e la condizione di sudditi, piena di ansietà per essi diveniva la futura lor vita e formidabile al loro Signore. Il timore egualmente che la vendetta poteva muovergli a ribellarsi; la più tenue ombra di una cospirazione fu bastante all'autore dei loro mali, e si assicurò il riposo di Cosroe mediante la morte di que' Principi sventurati, delle famiglie e degli aderenti loro. La pietà di un Generale veterano, salvò un giovinetto innocente, e quest'atto di umanità, rivelato dallo stesso suo figlio, cancellò il merito di aver ridotto dodici nazioni all'obbedienza della Persia. Lo zelo e la prudenza di Mebode aveano assodato il diadema sulla fronte di Cosroe istesso; ma tardò egli un giorno ad obbedire ai cenni reali sinchè avesse adempito i doveri di una rassegna militare: subitamente gli fu intimato di ridursi al Tripode di ferro, che sorgeva innanzi alla porta della Reggia43, dove si puniva di morte chi desse soccorso o si accostasse alla vittima, e Mebode languì più giorni prima che si proferisse la sentenza dall'inflessibil orgoglio e dalla fredda ingratitudine del figlio di Kobad. Ma il popolo, e più che altrove nell'Oriente, è propenso a dimenticare ed anche ad applaudire la crudeltà che colpisce le teste più sublimi, quegli schiavi ambiziosi, la cui volontaria scelta gli ha esposti a vivere de' sorrisi od a morir pel cipiglio di un capriccioso monarca. Nell'eseguire le leggi che tentato egli non era ad infrangere, nel punire i delitti che offendevano la propria sua dignità ugualmente che la felicità degli individui, Nushirvano, o Cosroe meritò il soprannome di giusto. Fermo, rigoroso ed imparziale ne era il governo. Prima cura del suo regno fu di abolire la pericolosa teoria della comunanza od uguaglianza dei beni. Le terre e le donne che i settari di Magdak avevano usurpate, furono restituite ai legittimi lor proprietarj; e il moderato castigo inflitto ai fanatici ed agli impostori confermò i domestici diritti della vita sociale. In cambio di porger orecchio con cieca fiducia ad un ministro favorito, egli stabilì quattro Visiri sopra le quattro grandi province del suo impero l'Assiria, la Media, la Persia, e la Battriana. Nella scelta dei giudici, dei prefetti e dei consiglieri, egli cercava di tor via la maschera che si suole portare alla presenza dei Re. Era vago di sostituire il naturale ordine dei talenti alle accidentali distinzioni della nascita e della fortuna; speciosamente professava la sua intenzione di anteporre quegli uomini che portavano il povero nel loro seno, e di bandire la corruzione dalla sede della giustizia, come i cani sono esclusi dai templi dei Magi. Il codice delle leggi del primo Artaserse fu richiamato a vita e pubblicato come norma dei magistrati; ma la sicurezza di una pronta punizione porgeva la miglior garanzia della loro virtù. Migliaja d'occhi invigilavano sulla loro condotta, ed ascoltate n'erano le parole dalle migliaja di orecchie dei segreti o pubblici agenti del trono, e le province dai confini dell'Arabia a quelli dell'India, si rallegravano frequentemente per la presenza di un Sovrano che affettava di emulare il Sole, suo celeste fratello, nella sua rapida e salutare carriera. Egli considerava l'educazione e l'agricoltura come i due oggetti più meritevoli delle sue cure. In ogni città della Persia, gli orfani, ed i figli dei poveri erano mantenuti ed istruiti a spese pubbliche; si davano le zitelle in matrimonio ai più ricchi cittadini della classe loro, ed i garzoni, secondo la diversa loro abilità, s'impiegavano in arti meccaniche, ed erano promossi a più onorevole impiego. La bontà di Cosroe soccorse i villaggi abbandonati; distribuì bestiami, sementi e stromenti di agricoltura ai contadini ed ai fittajuoli che non erano in istato di coltivare i loro terreni, ed il raro ed inestimabile tesoro delle acque fu con economia maneggiato, e con abilità sparso sopra l'arido territorio della Persia44. La prosperità di quel regno fu la conseguenza e la prova delle virtù del Sovrano: i vizj di lui sono quelli del dispotismo orientale; ma nella lunga contesa tra Cosroe e Giustiniano, il vantaggio del merito e della fortuna si trova quasi sempre dal lato del Barbaro45.

      Alla lode di giusto, Nishirvan univa la fama di sapiente: i sette Filosofi greci che visitarono la sua Corte, furono attirati ed ingannati dalla strana СКАЧАТЬ



<p>37</p>

Tutte le particolarità delle ambascerie Turchesca e Romana, così curiose nell'istoria degli umani costumi, sono levate dagli estratti di Menandro (p. 106-110, 151-154, 161-164), in cui sovente è dispiacevole la mancanza di ordine e di connessione.

<p>38</p>

Vedi d'Herbelot (Biblioth. Orient. p. 568, 929). Hyde (de Relig. vet. Pers. c. 21 p. 290, 291); Pocock (specimen Hist. Arab. p. 70, 71); Eutichio (Annal. t. 2 p. 176); Texeira (in Stevens, Storia della Persia, l. 1 c. 34).

<p>39</p>

La fama della nuova legge per la comunanza delle donne si propagò in Siria ben presto (Asseman. Bibl. Orient. t. 3 p. 402) ed in Grecia (Procopio, Persic. l. 1 c. 5).

<p>40</p>

Egli offrì la propria moglie e la sorella al profeta; ma le preghiere di Nushirvan salvarono la madre; e lo sdegnato monarca mai non dimenticò l'umiliazione a cui avea dovuto discendere la sua filiale pietà: pedes tuos deosculatus (disse egli a Mazdak), cujus foetor adhuc nares occupat (Pocock, specimen Hist. Arab. p. 71).

<p>41</p>

Procopio, Persic. l. 1 c. 11. Non fu Proclo savio più del dovere? Non fu per avventura immaginario il pericolo? La scusa almeno era offensiva per una nazione che non ignorava le lettere: ου γραμμασι οι βαρβαροι τους παιδας ποιουνται αλλ’οπλων σκευη. Dubito che in Persia vi fossero forme di adozione in uso.

<p>42</p>

Appoggiandosi a Procopio ed Agatia, il Pagi (t. 2 p. 543, 626) ha provato che Cosroe Nushirvan salì al trono nel 5 anno di Giustiniano (A. D. 431 1. di aprile; A. D. 532, 1 di aprile). Ma la vera cronologia che consente coi Greci e cogli Orientali, è stabilita da Gio. Malala (t. II p. 211). Cabade, o Kobad, dopo un regno di 43 anni e due mesi, ammalò agli 8, e morì ai 13 di settembre, A. D. 531, in età di 82 anni. Secondo gli annali di Eutichio, Nushirvan regnò 47 anni e 6 mesi; onde si dee porre la sua morte nel marzo del 579.

<p>43</p>

Procopio, Persic. l. 1 c. 23. Brisson. de Regn. Pers. p. 494. La porta del palazzo d'Ispahan è, od era, la scena fatale del disfavore o della morte (Chardin, Viaggio in Persia, t. 4 p. 312, 313).

<p>44</p>

In Persia, il principe delle acque è un ufficiale di Stato. Il numero de' pozzi e de' canali sotterranei è molto diminuito ed insieme con essi è diminuita la fertilità del suolo: si sono perduti recentemente 400 pozzi vicino a Tauris, e se ne contavano altre volte 42,000 nella provincia di Korasan (Chardin, t. 3 p. 99, 100. Tavernier, t. 1 p. 416).

<p>45</p>

Il carattere ed il governo di Nushirvan vien qui rappresentato talvolta colle proprie parole di d'Herbelot (Bibl. Orient. p. 680 ecc. da Khondemir); ora con quelle di Eutichio (Annal. t. 3 p. 179, 180 ecc. che son molto ricchi), di Abulfaragio (Dynast. VII p. 94, 95 ch'è molto povero), di Tarikh Schikard (p. 144-150), di Texeira (in Stevens, l. 1 c. 35), di Assemanno (Bibl. Orient. t. 3 p. 404-410), e dell'Ab. Fourmont (Hist. de l'Acad. des inscript. t. 7 p. 325-334), il quale ha tradotto uno spurio o genuino testamento di Nushirvan.